La direttiva Case green e il ruolo dello smart building

Secondo i tecnici Mase è una delle soluzioni più cost effective. Per The European House – Ambrosetti l'edilizia intelligente può portare un risparmio di 17-19 miliardi netti l’anno, muovendo investimenti per oltre 330 miliardi.

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Gli obiettivi che la nuova direttiva sulle prestazioni energetiche degli edifici pone all’Italia sono sfidanti, ma sono anche un’opportunità e lo smart building può dare un grande contributo.

Sia perché è una soluzione rapida e cost-effective per ridurre i consumi mantenendo o migliorando il comfort abitativo, sia per le ricadute economiche che può portare, alla luce di una filiera che in Italia muove già oggi 178 miliardi di fatturato e che potrebbe quasi raddoppiare.

Per promuovere domotica ed edilizia intelligente, però, bisogna lavorare sugli incentivi ed è una buona notizia che i tecnici del Mase considerino lo smart building una delle soluzioni per ridurre i consumi del parco edilizio con il miglior rapporto tra costi, benefici e tempi di implementazione.

E bisogna poi formare le professionalità dell’edilizia, che ha una forza lavoro relativamente anziana – circa il 97% over 35 con un 30% over 50, secondo Ance – e in questo si stanno attrezzando anche le aziende e le associazioni, ma c’è tanto da fare.

Questo, in sintesi, quanto emerso stamattina all’evento organizzato a Roma da The European House – Ambrosetti, per presentare le ricette per accelerare l’ammodernamento in chiave smart del patrimonio immobiliare italiano, elaborate insieme alla Community Smart Building 2024, che include realtà quali Abb, Ance Lombardia, BTicino, Celli Group, Comoli Ferrari, Kone, MCZ, Principe Ares, Progetto CMR, Tekser e Veos (slide e report in basso).

La sfida della direttiva Case green e la visione dei ministeri

Al convegno è intervenuto il relatore della direttiva Epbd (la cosiddetta Case Green) al Parlamento europeo, il verde irlandese Ciarán Cuffe, che ha ricordato i tratti fondamentali del provvedimento, approvato di recente dopo lunghi negoziati che l’hanno cambiato nettamente rispetto alla proposta della Commissione.

La direttiva, ricordiamo, prevede tra le varie cose che ogni Stato stili un piano per ridurre i consumi medi del parco immobiliare residenziale del 16% entro il 2030 e del 20-22% entro il 2035, con almeno il 55% del risparmio energetico che dovrà venire dalla ristrutturazione del 43% degli edifici con le peggiori prestazioni.

L’Italia ha davanti una sfida importante come mostrano i dati presentati da Ambrosetti (si vedano i due grafici qui sotto): è caratterizzata da un parco immobiliare obsoleto, che vede l’84,5% degli edifici italiani costruiti prima del 1990 (contro il 65,6% della Francia e il 75,3% della Germania), e da un basso tasso di rinnovamento edilizio, che in Italia è pari allo 0,85% all’anno contro l’1,7% di Francia e Germania.

Non c’è però da spaventarsi, stando ai tecnici del Mase. “Il testo della direttiva è ora più equilibrato anche se ancora estremamente sfidante, ma il Mase ha un forte commitment”, ha spiegato Enrico Bonacci, della segreteria tecnica del ministero, che ha denunciato come “si è cavalcata la disinformazione e si è marciato sulle paure, ma io da tecnico vedo molte opportunità: la difficoltà è renderle effettive”.

Gli incentivi, ha chiarito Bonacci, “devono diventare selettivi perché gli impegni sono talmente alti che è essenziale essere cost effective”; da questo punto di vista, ha detto, lo smart building è una delle soluzioni migliori tenendo conto dei tempi di rientro degli investimenti e della relativa semplicità degli interventi.

Anche il Mimit vede con interesse la filiera dell’edilizia intelligente. “Per conseguire gli obiettivi della direttiva, il ministero deve ascoltare le esigenze del mercato”, ha detto Antonella d’Alessandro della Divisione X-Sistema casa, industria delle costruzioni, filiera del bianco del ministero.

Il ministero del Made in Italy, ha informato, sta già raccogliendo input dalle aziende dei grandi elettrodomestici ed è pronto a replicare con quelle delle costruzioni.

Le indicazioni della Community Smart Building

Tornando al rapporto presentato, da un punto di vista ambientale, secondo le stime di The European House – Ambrosetti, nel Paese l’efficientamento degli edifici con lo smart building può portare ad una riduzione fino al 33% dei consumi energetici e fino al 5% di quelli idrici, abbattendo inoltre le emissioni di CO2 di circa il 20-24%.

Da un punto di vista economico, invece, se gli edifici più vetusti del parco immobiliare italiano fossero dotati di tecnologie smart, i cittadini risparmierebbero 17-19 miliardi di euro netti all’anno e verrebbero abilitati investimenti per oltre 330 miliardi di euro. Non per ultimo, in questo scenario potenziale, la filiera sarebbe in grado di abilitare la creazione di ulteriori 200 mila posti di lavoro qualificati e specializzati, si legge nel report.

Tre sono le direzioni chiave indicate dalla Community Smart Building. Secondo il rapporto, bisogna rivedere il sistema di incentivi per promuovere la messa a norma digitale delle abitazioni, sia per gli edifici in fase di nuova costruzione sia per gli edifici in ristrutturazione.

Come ricordato anche dalla responsabile Efficienza energetica di Enea, Ilaria Bertini, va implementato il nuovo indice SRI (Smart Readiness Indicator) introdotto dalla precedente versione della direttiva Edifici, la EU 2018/844.

Collegato a questo è il secondo suggerimento della Community Smart Building, di introdurre un “Libretto della casa” a valenza legale, per mappare in modo puntuale gli interventi e perché questi abbiano un riscontro dimostrabile per il proprietario, sia in termini di sicurezza che di valore dell’immobile.

Infine, per il rapporto è essenziale rafforzare e costruire le competenze necessarie con nuovi programmi di formazione in materia di Smart Building, creando un cluster nazionale sulle tecnologie degli edifici intelligenti e rendendo obbligatoria la formazione nei grandi appalti pubblici di riqualificazione edilizia.

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