I cambiamenti climatici e il vento

  • 21 Ottobre 2010

I cambiamenti climatici modificheranno il regime delle correnti aeree e la tipologia dei venti? Una nota di Vincenzo Ferrara, esperto climatologo dell'ENEA, sulla base della recente ricerca di Vautard pubblicata sulla rivista Nature.

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Facendo riferimento alla notizia Ansa (Più lenti i venti del mondo, -15% in 30 anni), ampiamente ripresa dai giornali, legata alla ricerca di Vautard e altri pubblicata sulla rivista Nature, è opportuno precisare che sebbene tale sia molto importante per i dati e le verifiche sperimentali effettuate (riguardanti, per la precisione, non il mondo, ma le aree continentali delle medie latitudini dell’emisfero nord e in parte per le alte latitudini dell’Europa), non dice nulla di nuovo rispetto a quanto si sapeva già in base alla elaborazione dagli scenari di cambiamento climatico al 2100 e delle conseguenti valutazioni sugli effetti di tali cambiamenti climatici relativi alla circolazione atmosferica (anche se tali valutazioni sono ancora affette da grosse incertezze).

Qui espongo una sintesi sulla questione cambiamenti climatici e circolazione delle correnti aeree atmosferiche: aspetti che già si conoscevano e di cui ora la pregevole ricerca di Vautard porta, con dati sperimentali, una conferma, soprattutto per quanto riguarda i venti in prossimità del suolo sulle aree continentali alle medie latitudini dell’emisfero nord.


Premessa

I movimenti delle masse d’aria in atmosfera sono basati su due tipi fondamentali di circolazione:

una grande circolazione dinamica, dovuta al diverso riscaldamento tra equatore e poli e all’effetto della rotazione terrestre (forza di Corilolis) che crea una fascia di alte pressioni “dinamiche” calde a circa 30° di latitudine, una fascia di basse pressioni “dinamiche” fredde a circa 60° di latitudine e tra queste due fasce si instaurano le cosiddette correnti occidentali ondulate alle nostre latitudini intermedie;

una serie di circolazioni termiche, formate da alte pressioni “termiche” fredde e basse pressioni “termiche” calde, generate dalla differenza capacità termica della superficie terrestre tra continenti ed oceani, tra mare e terra, tra bassa ed alta troposfera. Tipiche crcolazioni termiche sono quelle monsoniche e quelle di brezza. Tipiche della instabilità tra basse ed alta troposfera sono i cicloni tropicali ed i temporali.

Le correnti atmosferiche e il vento alle alte latitudini e sulle aree polari sono generati e regolati soprattutto dalla grande circolazione dinamica dell’atmosfera. Alle basse latitudini (subtropicali e intertropicali), invece, la circolazione delle correnti aeree è dominata soprattutto dalla circolazione termica. Alle medie latitudini, infine, domina prevalentemente la circolazione dinamica in inverno, e domina prevalentemente la circolazione termica in estate.

Come cambia il vento, con i cambiamenti del clima

Il riscaldamento del nostro pianeta, secondo gli scenari di cambiamento climatico elaborati per il 2100, non sarà uniforme. Il maggiore riscaldamento interesserà le aree polari e quelle delle alte latitudini. Un riscaldamento più modesto, invece, interesserà le aree equatoriali e subtropicali, che però tenderanno ad espandersi in senso meridiano, spostando di conseguenza a più alte latitudini, sia la catena degli anticicloni dinamici caldi subtropicali, sia la fascia delle correnti occidentali delle medie latitudini.

Il maggiore riscaldamento delle aree polari, rispetto alle aree intertropicali e subtropicali, e l’espansione della fascia intertropicale verso più alte latitudini, porterà a due conseguenze importanti per quanto riguarda l’energia cinetica e il vento:

– la differenza di temperatura tra zone polari e zone intertropicali tenderà a diminuire, dunque tenderanno a diminuire la necessità di trasferimento di flussi di calore tra equatore e poli. I flussi di energia cinetica, pertanto, potrebbero ridursi di circa 1,5%, riducendo, a livello globale, la ventilazione media e l’intensità media del vento;

– la distanza tra la fascia intertropicale e le zone polari, tenderà a diminuire. Dunque, il gradiente orizzontale di temperatura (che misura la differenza di temperatura rispetto alla distanza) tra aree polari e aree intertropicali tenderà a rimanere più o meno invariato. Questo significa che la diminuzione della energia cinetica e della ventosità non riguarderà le alte latitudini, ma interesserà soprattutto le aree subtropicali e le basse latitudini, cioè le aree soggette all’espansione meridiana della fascia intertropicale, in pratica le stesse aree soggette a maggior rischio di siccità e desertificazione.

Anche se la prospettiva di un mondo più caldo, e mediamente meno ventoso, appare più o meno evidente, nella realtà le modifiche più importanti delle correnti aeree riguarderanno uno spostamento dei flussi di energia cinetica dal piano orizzontale (cioè flussi derivanti da moti orizzontali) al piano verticale (cioè flussi derivanti da moti verticali e convettivi).

Va, infatti, osservato che, quando l’atmosfera globale diventa più calda, essa si dilata e, con la dilatazione termica aumenta la sua energia potenziale globale. Un aumento di temperatura di 3-4°C farà innalzare il centro di massa dell’atmosfera globale, attualmente posizionato attorno ai 5.700 metri di quota, di circa 70-80 metri, cioè una aumento di una quota compreso fra l’ 1,2% e l’1,5%, variandone le condizioni generali di equilibrio, ma aumentando nel contempo l’energia potenziale totale della stessa percentuale. Poiché l’energia potenziale è strettamente interconnessa con l’energia cinetica, soprattutto nelle trasformazioni energetiche legate ai moti convettivi verticali, è ragionevole ipotizzare che, se aumenta l’energia potenziale, anche i moti convettivi e la circolazione delle masse d’aria associata ai moti convettivi verticali, subirà un’intensificazione.

Questa ipotesi trova conferma anche da un’altra considerazione relativa alla stabilità verticale delle masse d’aria. Sulla verticale dell’atmosfera l’aumento della temperatura non sarà uniforme: crescerà di più negli strati più prossimi al suolo, ma diminuirà, invece, negli strati più alti, un comportamento questo già in atto come dimostrano le misure sperimentali al suolo ed in quota. Un aumento della differenza di temperatura tra suolo e quota è la causa primaria di aumento delle instabilità convettive e dei moti di rimescolamento verticale.

Dunque, la eventuale perdita di energia cinetica legata alla grande circolazione delle masse d’aria associata ai cicloni e anticicloni dinamici che presiedono gli scambi energetici tra le basse e le alte latitudini, verrebbe compensata dall’aumento dell’energia cinetica legata alla circolazione termica delle masse d’aria, circolazione associata agli scambi di energia tra mare e terra o tra continenti e oceani (per esempio monsoni e crezze) e alla formazione di fenomeni termoconvettivi delle basse latitudini (per esempio, cicloni tropicali, tornado e temporali).

Conclusioni


La maggior energia acquistata dall’atmosfera e lo spostamento più a nord della fascia degli anticicloni dinamici causerà probabilmente i seguenti effetti (qui un allegato che sintetizza gli effetti):

Diminuisce l’intensità dei venti “dinamici“, legati alla circolazione generale dell’atmosfera, soprattutto alle basse latitudini e, in parte, alle prospicienti medie latitudini: una diminuzione che interesserà di più i continenti che gli oceani, di più l’emisfero nord che l’emisfero sud. Aumentano nel contempo le irruzioni di masse d’aria di tipo meridiano (irruzioni di aria fredda da nord o di aria calda da sud) a causa del concomitante aumento di ampiezza delle oscillazioni meridiane delle correnti occidentali (causa primaria delle ondate di freddo e di caldo alle medie latitudini), ma soprattutto del concomitante aumento dell’influenza delle circolazioni termiche di tipo monsonico, a più basse latitudini;

Aumenta l’intensità dei venti “termodinamici”, legati alla circolazione termica dell’atmosfera, soprattutto alle basse latitudini e in parte alle medie latitudini prospicienti: un aumento che interesserà l’interfaccia tra continenti e oceani, e tra mare e terra. Aumenteranno anche i moti covettivi verticali di tipo estremo: un aumento che interesserà le grandi superfici intertropicali surriscaldate, sia oceaniche, che continentali.

Inoltre, la crescita dell’urbanizzazione e delle superfici antropizzate, l’uso del suolo e i cambiamenti di uso del suolo, aumenteranno la turbolenza (meccanica e termodinamica) e l’attrito delle masse d’aria che scorrono sulla superficie terrestre. Turbolenza e attrito sono le cause primarie della riduzione dell’intensità del vento nei più bassi strati dell’atmosfera, soprattutto nelle aree ad alta densità di attività umane e di antropizzazione.

Nota a cura di Vincenzo Ferrara

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