Rinnovabili, la corsa a ostacoli delle utility verso il net zero

Inflazione, costi più elevati, rischi nelle catene di approvvigionamento: le strategie di investimento nelle fonti energetiche rinnovabili diventano più caute, con il rischio di ritardare la decarbonizzazione.

ADV
image_pdfimage_print

Inflazione, alti costi di finanziamento, rincari dei materiali, prezzi bassi dell’energia: sono tante le ragioni che stanno spingendo le utility europee a rallentare i piani di espansione delle energie rinnovabili, segnando una fase particolarmente difficile della transizione dai combustibili fossili.

Questo il succo di un articolo pubblicato il 19 maggio dal Financial Times, a firma di Rachel Millard e Mari Novik, in cui si citano diverse compagnie energetiche del nostro continente – dalla norvegese Statkraft alla portoghese EDP, passando per la danese Ørsted, la spagnola Iberdrola e la nostra Enel – impegnate a rivedere gli obiettivi per installare nuova capacità rinnovabile.

Le rinnovabili continueranno a crescere, ma a un ritmo più lento rispetto al passato e con un approccio più selettivo agli investimenti, in sostanza.

Ricordiamo, ad esempio, che Ørsted a febbraio aveva tagliato di una decina di GW il suo target 2030 di potenza rinnovabile complessiva, annunciando anche licenziamenti e vendita di asset nell’ambito di una strategia più prudente. Ciò si deve in massima parte all’abbandono di alcuni progetti eolici offshore negli Usa e alla conseguente maxi svalutazione da 3,8 miliardi di euro.

Il Financial Times cita anche Enel, ricordando il suo annuncio di novembre 2023 di voler ridurre gli investimenti in rinnovabili, dai 17 miliardi del 2023-2025 a 12,1 miliardi tra 2024-2026.

Di Enel abbiamo parlato in tema di obbligazioni legate alla sostenibilità ambientale, riportando alcune osservazioni critiche dell’Institute for Energy Economics and Financial Analysis (Ieefa, think tank globale basato negli Stati Uniti), che segnalava la possibilità che Enel non riuscisse a raggiungere i suoi obiettivi green per la riduzione delle emissioni.

Enel, da parte sua, aveva ribadito a QualEnergia.it il suo impegno a raggiungere una crescita di 13,4 GW di nuova capacità rinnovabile nei prossimi tre anni soprattutto nell’eolico, nel solare e nei sistemi di storage, in modo da arrivare a circa 73 GW di capacità Fer gestita a fine 2026.

“C’è una crescente attenzione politica sulla necessità di sviluppare le energie rinnovabili, con i Paesi che hanno concordato al vertice sul clima COP28 di dicembre di lavorare per triplicare la capacità fino a 11.000 GW entro il 2030”, scrive il Financial Times.

“Tuttavia, l’aumento dei tassi di interesse negli ultimi anni ha fatto lievitare i costi di finanziamento di nuovi progetti, creando difficoltà ad alcuni sviluppatori. Anche i costi delle materie prime sono aumentati, mentre in alcuni mercati i prezzi dell’elettricità sono diminuiti” e anche la lentezza delle autorizzazioni ai progetti spesso crea difficoltà.

Queste considerazioni sono in linea con le recenti analisi di S&P Global, in un documento pubblicato il 2 maggio con il titolo “European Utilities’ Net-Zero Ambitions Face Myriad Hurdles” dove appunto si parla degli ostacoli alle ambizioni net-zero delle società energetiche europee (accesso alle analisi complete S&P con registrazione gratuita).

Mentre la domanda di energia continua a crescere, si osserva, “il ritmo della costruzione di nuova generazione sta rallentando a causa dell’inflazione e delle battute d’arresto operative”, mentre “la resilienza della rete rimane fondamentale”.

Tanto che diverse utility puntano a focalizzare più investimenti proprio sulle reti elettriche, consapevoli della loro crescente importanza in un mix energetico decarbonizzato, che richiede nuove interconnessioni, più flessibilità operativa e sistemi di accumulo.

Inoltre, spiegano gli analisti di S&P, “capex più lenti e meno redditizi potrebbero far sì che alcune utility non raggiungano i loro obiettivi sulle emissioni, erodendo la qualità del credito”.

È probabile che la pressione politica verso gli obiettivi net zero, la formazione di stranded asset (infrastrutture obsolete non più recuperabili, legate alle fonti fossili) e l’aumento dei costi della CO2, ad esempio sul mercato europeo ETS, incidano anche loro sulla qualità del credito.

C’è quindi una certa cautela, si spiega, “riguardo alla capacità dell’Europa di raggiungere pienamente e in modo tempestivo gli obiettivi 2030 sulla generazione rinnovabile, in particolare per l’eolico”.

“A nostro avviso – evidenzia S&P – potrebbero volerci ancora diversi anni prima che la regione raggiunga pienamente il suo obiettivo del 42,5% [di rinnovabili ai sensi della direttiva Red 3]”, poiché “i costi di investimento e di rifinanziamento sono aumentati notevolmente”, senza dimenticare i colli di bottiglia nella catena di approvvigionamento e le difficoltà a trovare manodopera qualificata.

ADV
×
0
    0
    Carrello
    Il tuo carrello è vuotoRitorna agli abbonamenti