Pniec: nel 2030 il 39,4% dei consumi lordi di energia con rinnovabili

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I contenuti del Piano inviato a Bruxelles: target Fer nel solo fabbisogno elettrico del 64%. Consumi di energia finali a 102 Mtep.

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Nel 2030 l’Italia vuole raggiungere una quota di energia da fonti rinnovabili nei consumi finali lordi di energia del 39,4%.

È ciò che si legge nella versione finale del Pniec inviata dal Mase alla Commissione Ue.

La stima è fatta in base ai criteri di calcolo della direttiva Red III e tiene in considerazione gli effetti sia delle misure ad oggi programmate sia di quelle ancora in via di definizione.

Più nel dettaglio, tale quota di copertura dei fabbisogni da Fer è del 34% in ambito trasporti, del 36% su riscaldamento/raffreddamento, del 63% sul totale previsto di consumi finali del settore elettrico, del 54% rispetto al totale dell’idrogeno usato nell’industria.

Sempre al 2030 e nello stesso scenario, i consumi di energia primaria sono complessivamente attesi a 123 Mtep (nel 2023 sono stati di 157 Mtep), mentre quelli di energia finale a 102 Mtep. I “risparmi annui cumulati nei consumi finali tramite regimi obbligatori di efficienza energetica” si attesteranno a 73,4 Mtep. Infine, la riduzione attesa di Ghg nel 2030 rispetto al 2005 per tutti gli impianti vincolati dalla normativa Ets è del 66%.

L’aggiornamento 2019 – 2024

La stesura del nuovo piano, si legge, prende atto innanzitutto di quel che è successo dal 2019, anno cui risale l’ultimo Pniec: la pandemia, la guerra della Russia all’Ucraina, l’aumento vertiginoso dei prezzi dell’energia.

Esaminando gli scenari e i target del Pniec 2019, si legge nel nuovo documento, “si nota una distanza nel loro raggiungimento, dovuta sia al fatto che fossero notevolmente sfidanti in relazione alle effettive possibilità di conseguirli” sia agli ostacoli “legati alle difficoltà autorizzative per i nuovi impianti a fonti rinnovabili e, infine, per il rallentamento delle attività nei recenti periodi di crisi”.

Da qui la revisione degli scenari nella nuova edizione: ad esempio, nel documento al 2030 la penetrazione delle Fer a politiche vigenti è al 26% (mentre il target è come detto al 39,4%), contro una previsione (sempre come Business as usual) nel Pniec 2019 per fine decennio al 30%; il consumo finale a politiche vigenti è a 111 Mtep, contro 104 Mtep del Pniec 2019; la riduzione delle emissioni nei settori ESR a politiche vigenti è al 29,3%, contro un obiettivo del Pniec 2019 del 33%.

Questi gap possono essere imputati “all’eccessivo ottimismo del Piano 2019 circa la possibilità di raggiungere gli obiettivi, all’incompleta attuazione delle misure previste e al mutato contesto”, si spiega.

Approccio “realistico”… comprensivo di nucleare

Nell’aggiornamento del Piano “è stato seguito un approccio realistico e tecnologicamente neutro”, si spiega, che prevede una forte accelerazione su: rinnovabili elettriche; gas rinnovabili (biometano e idrogeno) e altri biocarburanti compreso l’HVO (olio vegetale idrotrattato); ristrutturazioni edilizie ed elettrificazione dei consumi finali (pompe di calore); auto elettriche e politiche per la riduzione della mobilità privata; CCS (cattura, trasporto e stoccaggio della CO2).

Ciò prevedendo politiche già esistenti (regolazione, semplificazioni, incentivi), la piena attuazione del Pnrr e di REPowerEU e “ulteriori politiche identificate con i ministeri competenti”.

Partendo dai dati ricavati dalla Piattaforma nazionale per un nucleare sostenibile, istituita dal Mase a novembre 2023, sono state effettuate anche delle ipotesi di scenario a lungo termine, dal 2035 al 2050, contenenti una quota di generazione da nucleare, “quale possibile ulteriore contributo alla decarbonizzazione”.

Tali analisi, si precisa, “mirano a valutare l’eventuale utilità/convenienza” di una produzione di energia tramite le nuove tecnologie nucleari in corso di sviluppo” (nel capitolo 2.1.1 si parla addirittura di un possibile ruolo della cogenerazione da nucleare per i consumi termici del residenziale).

Permitting e paesaggio

Nel piano si cita la compatibilità tra gli obiettivi energetici e climatici e la tutela del paesaggio. Alcuni impatti, si spiega, “possono essere attenuati – ad esempio promuovendo la diffusione del fotovoltaico su superfici già costruite o comunque non idonee ad altri usi – ma per garantire la stabilità del sistema energetico occorrerà costruire nel medio termine una serie di infrastrutture fisiche (potenziamento delle interconnessioni, resilienza delle reti, stoccaggi di energia su vasta scala, sistemi di cattura e stoccaggio dell’anidride carbonica) la cui realizzazione dovrà necessariamente avere tempi autorizzativi ridotti, pur nel rispetto del dialogo e della condivisione con i territori”.

Il modello che si propone è l’autorizzazione con procedura d’emergenza, arrivata in 6 mesi, dei due nuovi rigassificatori.

Emissioni: sforzo su residenziale e mobilità

Il Regolamento Effort Sharing prevede che in Italia le emissioni ricadenti nel suo ambito di applicazione (trasporti, residenziale, terziario, attività industriali non rientranti nell’Allegato I della direttiva 2003/87/CE, rifiuti, agricoltura) si riducano entro il 2030 del 43,7% rispetto ai livelli del 2005, ricorda il Piano.

Per arrivarci sarà necessario “avviare da subito una significativa riduzione delle emissioni pari a oltre il 30% rispetto ai livelli del 2021, da conseguirsi prevalentemente nei settori trasporti, civile e agricoltura”.

Per i settori EU ETS – innanzitutto il termoelettrico e le industrie a forte consumo di energia – il contributo principale deriverà invece dall’incremento di rinnovabili, dal phase-out dal carbone, dall’incremento dell’efficienza energetica nei processi di lavorazione, dall’utilizzo di gas rinnovabili alternativi, quali il biometano e l’idrogeno, negli usi finali ed energetici, inclusi i settori industriali hard-to-abate.

Le rinnovabili

Come detto nell’introduzione, il target per le rinnovabili nel nuovo Piano è di quasi il 40% dei consumi finali lordi di energia al 2030, “in linea con il contributo atteso per il raggiungimento dell’obiettivo comunitario”.  L’Italia dovrà raggiungere al 2030 una potenza complessiva di 131 GW. Si prevede che 79 di questi GW deriveranno dal fotovoltaico, 28 dall’eolico, 19 dall’idrico, 3 dalle bioenergie e circa 1 GW da fonte geotermica.

I piccoli impianti saranno promossi attraverso comunità energetiche, autoconsumo singolo o collettivo, ma anche “misure di natura fiscale correlate alle installazioni di piccoli impianti, o a misure specifiche per contesti che meritano attenzioni particolari, come, ad esempio, le piccole isole non interconnesse”.

Per i grandi impianti si citano invece i contratti per differenza, un quadro favorevole per i PPA, il potenziamento dello strumento delle garanzie di origine, mentre sono altresì previste “misure per sostenere impianti basati su tecnologie innovative, così come per la salvaguardia e il potenziamento delle produzioni di impianti esistenti ancora competitivi”.

“Grande attenzione” inoltre “sulla prosecuzione del percorso di semplificazione e accelerazione delle procedure autorizzative a tutti i livelli, sul processo di individuazione delle aree idonee, e nei prossimi due anni, delle aree di accelerazione, di concerto con le Regioni, attraverso un percorso di condivisione e ripartizione degli obiettivi su scala regionale”.

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