Un’italiana alla guida dell’Action Group Agrivoltaico della Iea

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Intervista ad Alessandra Scognamiglio, coordinatrice della task force Enea Agrivoltaico Sostenibile, che descrive gli obiettivi del nuovo gruppo di lavoro, le prospettive per l'agrivoltaico in Italia e come conciliare al meglio le esigenze di agricoltori e società energetiche.

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Alessandra Scognamiglio di Enea e Jordan Macknick di Nrel (National Renewable Energy Laboratory), principale centro di ricerca statunitense sulle rinnovabili, guideranno l’Action Group Agrivoltaico promosso dall’Agenzia Internazionale dell’Energia (Iea).

L’obiettivo del gruppo di lavoro è coordinare la ricerca sull’agrivoltaico, sintetizzarne i risultati e sviluppare una migliore conoscenza delle attuali tendenze, favorendo anche il dialogo tra settore energetico e agricolo.

Per Scognamiglio l’approccio italiano al tema deve essere sartoriale, vista l’orografia e la varietà di colture del nostro Paese. “Non c’è una soluzione valida per tutti”, ribadisce, motivo per cui ogni progetto “deve adattarsi alle caratteristiche che non possono essere indipendenti dal sito”.

Da non sottovalutare poi i modelli di business che potrebbero sorgere da un approccio sinergico tra aziende agricole e società energetiche, fino alla creazione di una nuova figura ideale, quella del cosiddetto “agrivoltore”: “Dobbiamo immaginare che l’azienda agricola del futuro, probabilmente, non sarà più soltanto un’azienda agricola, ma sarà anche un’azienda energetica. E che l’azienda energetica del futuro potrà magari non essere più soltanto energetica, ma avere anche una parte agricola”.

Sugli elevati costi dell’agrivoltaico avanzato, Scognamiglio chiarisce: “Se il mio obiettivo è semplicemente la produzione di energia al più basso costo possibile, la soluzione è quella che mi consente di risparmiare quanto più posso su tutto quello che non è strettamente necessario alla finalità energetica. Ma se la mia finalità è unire energia agricoltura, dovrò trovare un compromesso”.

E proprio la voce degli agricoltori, soprattutto nel nostro Paese, resta troppo in secondo piano: la categoria non starebbe cogliendo appieno le potenzialità di aprirsi a un approccio integrato.

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