L’inghippo dei colossi petroliferi che dicono di voler ridurre la CO2

Una breve analisi critica dell'annuncio dato dai colossi Oil&Gas: "diminuiremo l'intensità di carbonio delle nostre attività". Ma la sostanza è altra.

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L’obiettivo annunciato di recente dall’Oil and Gas Climate Initiative (OGCI) per diminuire l’intensità di carbonio nel settore degli idrocarburi, è una pennellata di greenwashing su un’industria fossile che ancora stenta ad avviare un percorso di allontanamento da petrolio e gas.

Vediamo perché.

Le società dell’iniziativa climatica – colossi petroliferi come ExxonMobil, Saudi Aramco, Eni, Chevron, Shell, Bp, Total, che producono più del 30% dell’oil & gas nel mondo – puntano a ridurre la carbon intensity media delle loro attività upstream (estrazione/produzione di greggio e gas), portandola a 20-21 kg di CO2 equivalente (CO2e) per ogni barile di petrolio equivalente (boe: barrel of oil equivalent) entro il 2025, in confronto al valore collettivo di riferimento per il 2017, pari a 23 kg di CO2 equivalente/boe.

Secondo le compagnie fossili coinvolte, l’obiettivo consentirà di ridurre le emissioni annuali di CO2 equivalente – si parla non solo di anidride carbonica ma anche di emissioni di metano – nell’ordine di 36-52 milioni di tonnellate al 2025, assumendo livelli costanti per la produzione di petrolio e gas.

L’inghippo risiede principalmente nella natura stessa del traguardo, che si concentra sull’intensità di carbonio. Di conseguenza, sulla carta, è possibile che le emissioni complessive continueranno a salire, se le aziende fossili poi aumenteranno, anziché ridurre, l’estrazione e produzione cumulativa di oro nero e gas.

In altre parole: se una compagnia decide di estrarre gli idrocarburi in modo più “pulito”, ad esempio utilizzando tecnologie più efficienti e consumando solamente energia elettrica di origine rinnovabile, e/o riducendo le emissioni “fuggitive” di metano che fuoriesce dai pozzi, ma poi nel complesso va a produrre più petrolio e gas di quanto faceva prima, finirà per emettere una quantità globalmente superiore di CO2e.

Quindi: intensità di carbonio inferiore, ma con emissioni cumulative in crescita.

L’unico modo per evitare una deriva simile, è fissare obiettivi “assoluti”, cioè in termini di riduzione totale della CO2 per un determinato segmento di attività.

Difatti, osserva Andrew Grant, analista del think-tank indipendente Carbon Tracker, le industrie fossili “non possono ritenersi allineate con gli impegni stabiliti dall’accordo di Parigi, poiché i loro piani di sviluppo prevedono continui investimenti per la produzione di combustibili fossili” e il nuovo traguardo, essendo basato sull’intensità del carbonio, “permette alle emissioni totali di aumentare”.

Un altro stratagemma è che l’impegno annunciato dall’Oil and Gas Climate Initiative è circoscritto alle attività upstream, escludendo perciò tutte le altre, come il trasporto e l’utilizzo finale dei combustibili.

In sostanza, secondo Carbon Tracker, ridurre le emissioni del 13% nel solo settore upstream (ricordiamo: da 23 a 20-21 kg di CO2e/boe) equivale a ridurre le emissioni del 2% circa con riferimento all’intero ciclo di vita dei carburanti fossili.

Tra l’altro, alcune compagnie che aderiscono alla medesima iniziativa climatica hanno già annunciato di voler puntare a obiettivi più ambiziosi e che, in alcuni casi, comprendono tutte le emissioni associate alle loro attività lungo l’intera filiera.

Bp, ad esempio, che ostenta ancora il suo slogan “Beyond Petroleum“, ha detto di voler azzerare le emissioni nette di CO2 di tutte le sue operazioni industriali entro il 2050 e per settembre è atteso il piano strategico che dovrà spiegare agli investitori come, esattamente, il nuovo amministratore delegato Bernanrd Looney intende realizzare tale impegno.

In definitiva, fissare un obiettivo sull’intensità di carbonio, senza fissare al contempo un obiettivo per la riduzione assoluta delle emissioni inquinanti – quest’ultimo si può ottenere solamente se si estrae meno petrolio e meno gas e si investe molto di più in energie alternative – è una sorta di vicolo cieco ambientale.

Significa, quindi, far credere agli investitori che l’azienda scommette su un futuro più “verde”, anche se in realtà l’azienda prosegue sui soliti binari, investendo in risorse fossili.

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