Emissioni CO2, 12 Paesi Ue rischiano di non centrare gli obiettivi 2030

Germania e Italia sono particolarmente a rischio, secondo uno studio focalizzato sui settori coperti dal regolamento europeo ESR. Così alcuni Stati membri dovranno fare scorta di crediti sul mercato ETS, spendendo miliardi di euro.

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La Germania e l’Italia sono molto indietro nel raggiungimento dei propri obiettivi climatici nazionali, ai sensi del regolamento europeo sulla condivisione degli sforzi (Effort Sharing Regulation, abbreviato ESR). Questo regolamento, ricordiamo, prevede un taglio complessivo delle emissioni del 40% entro fine decennio a livello Ue, rispetto ai livelli del 2005, in cinque settori che non rientrano nel mercato europeo delle emissioni di CO2 (l’Emissions Trading System, ETS): trasporti stradali, edilizia, industria minore, rifiuti e agricoltura.

I singoli target sono stati definiti in base al Pil di ogni Stato, con i Paesi più ricchi che devono ottenere riduzioni più elevate.

In totale, dodici Paesi rischiano di non rispettare la normativa ESR senza “un’azione immediata”, secondo un report pubblicato ieri, 20 giugno, dalla organizzazione no-profit ambientalista Transport&Environment (T&E, link in basso).

Entro il 30 giugno, ricordiamo, gli Stati membri devono presentare alla Commissione europea i loro Piani nazionali per l’energia e il clima (Pniec), che stabiliscono anche le misure da intraprendere per raggiungere i target fissati dall’ESR.

Dopo aver analizzato tutti i piani, TE ha concluso che l’Ue, nel suo complesso, è lontana 4,5 punti percentuali dall’obiettivo del 40%.

Secondo lo studio, Germania e Italia hanno un divario rispettivamente di 10 e 7,7 punti percentuali. Di conseguenza, per chiudere il gap, potrebbero ricorrere ai crediti di CO2 ancora disponibili all’interno del mercato ETS.

Le ultime proiezioni sulle emissioni rilasciate dall’Agenzia tedesca per l’ambiente mostrano, ad esempio, che la Germania dovrà acquistare 126 milioni di titoli dagli altri Stati membri per colmare il deficit (ricordiamo che secondo le regole ETS, i Paesi che non consumano tutti i propri crediti annuali possono cederli agli altri Stati a un prezzo variabile).

Se questi titoli dovessero essere scambiati a 129 euro, cioè il prezzo per tonnellata di CO2 previsto da Bloomberg nei settori ETS nel 2030, la Germania dovrebbe pagare ai Paesi che ottengono risultati migliori dei suoi fino a 16,2 miliardi di euro.

L’Italia andrebbe invece incontro a un “buco” da colmare con 15,5 miliardi di euro. “Ma i due Paesi possono ancora raggiungere i loro obiettivi – si legge nell’analisi – implementando nuove misure”.

Il Pniec italiano, infatti, potrebbe essere migliorato attraverso politiche stabili per accelerare l’elettrificazione dei trasporti su strada, a partire dalle auto aziendali, oppure tagliando radicalmente i 22,5 miliardi di euro di sussidi ambientalmente dannosi che il nostro Paese ancora elargisce, alterando i prezzi di mercato a favore delle tecnologie fossili.

La Francia raggiungerà  invece il suo obiettivo solo con un margine molto stretto, “ma qualsiasi marcia indietro nelle politiche”, o anche semplicemente “un inverno molto freddo che spingerà a un aumento del consumo di energia”, potrebbe far saltare il banco, denuncia il report.

Altri Paesi in fondo alla classifica, e con maggior esigenza di compensare tramite crediti ETS, sono Romania, Irlanda, Svezia, Austria e Danimarca, come riassume il grafico sotto.

Al contrario, i Paesi più virtuosi secondo T&E saranno Spagna, Grecia e Polonia. La Spagna, in particolare, potrebbe superare l’obiettivo ESR del 2030 di 7 punti percentuali e contestualmente ricevere 10 miliardi da Paesi inadempienti tramite le compensazioni.

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Per far rientrare in traiettoria i Paesi più inadempienti, T&E prevede che si verificherà una vera e propria corsa ai crediti di CO2, che potrebbe far salire vertiginosamente i prezzi e tagliare fuori alcuni Stati membri, che a loro volta rischierebbero di dover affrontare procedure di infrazione per mancata conformità.

Le prime verifiche sono previste nel 2027 per gli anni 2021-2025, poi nel 2032 per il periodo 2026-2030.

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