Comunità energetiche. Quante difficoltà per farle nei piccoli Comuni!

Un approfondimento sul vademecum delle Cacer di Anci-Gse, rivolto agli Enti locali. Tante raccomandazioni preziose che rischiano però di scontrarsi con la realtà e con una tempistica molto stretta.

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La meritoria e necessaria pubblicazione del Vademecum ANCI per i Comuni – Autoconsumo individuale a distanza e Comunità di Energia Rinnovabile, realizzato in collaborazione con il Gse, è sicuramente una lettura urgente e obbligatoria per gli Enti locali affinché possano prendere parte attiva e consapevole al processo di promozione, realizzazione e sviluppo delle configurazioni di Cacer.

In ragione dell’approccio interdisciplinare e dello stile divulgativo con cui è stato redatto, il vademecum si sarebbe potuto, e forse dovuto, pubblicare almeno un paio d’anni fa, pur in assenza delle novità degli ultimi sei mesi introdotte con la pubblicazione del decreto del Mase.

Anci avrebbe così contribuito per tempo a una migliore e necessaria formazione e informazione degli Enti locali di cui già allora si sentiva la necessità (si veda il nostro Mini Report sulle Cer destinato alle PA).

Il vademecum, infatti, è un utilissimo compendio che può accompagnare tecnici e politici nel conoscere l’evoluzione normativa, per valutare la migliore configurazione da promuovere o a cui partecipare.

In base a considerazioni tecnico-economiche e politiche, il Comune può anche scegliere di aderire a più configurazioni, anche diverse tra loro: Cer, autoconsumo individuale a distanza, autoconsumo collettivo.

È disponibile un elenco puntuale delle informazioni che una PA deve raccogliere per inserire l’autoconsumo diffuso nella sua programmazione e per la redazione di un masterplan. A tal proposito, Anci metterà a disposizione un kit utile per un primo percorso di diagnostica energetica.

Naturalmente non mancano cenni alle forme giuridiche possibili, privilegiando associazioni, cooperative e Fondazioni di Partecipazione, con o senza controllo pubblico, eventualmente iscritte al Registro Unico del Terzo Settore, oltre a un capitolo dedicato alla attività di pianificazione e programmazione della Cer che l’Ente locale dovesse avere intenzione di avviare.

Tuttavia, l’Ente può considerare la possibilità di partecipare a Cer già costituite, limitando il suo ruolo alla sensibilizzazione del territorio.

In particolare, gli Enti locali con popolazione inferiore ai 5.000 abitanti sono considerati aggregatori privilegiati nei rispettivi territori, dove possono svolgere una azione proattiva e “con un’allocazione iniziale di risorse pubbliche relativamente ridotta, possono fare da leva per investimenti privati”.

Qualora l’amministrazione non disponesse delle necessarie competenze interne, Anci suggerisce di ricorrere a un partner qualificatoe il più possibile neutrale rispetto agli operatori di mercato che, in fase successiva, potrebbero coadiuvare la realizzazione e gestione degli impianti e dei progetti dell’Ente”. Tra i soggetti privilegiati, organizzazioni del mondo accademico, soggetti istituzionali come le agenzie locali per l’energia o società in-house che gestiscono già servizi pubblici locali.

Naturalmente Anci privilegia l’esistenza di competenze interne, che indica come prerequisito. Infatti si legge:

Per scegliere e pianificare le configurazioni più in linea con le esigenze dell’Amministrazione è comunque importante avviare una ricognizione degli asset e degli spazi pubblici e privati vocati alla realizzazione di impianti a fonti energetiche rinnovabili. Inoltre, è importante sviluppare una solida conoscenza delle opportunità offerte dalla normativa di riferimento, inclusi i contributi pubblici per interventi complementari allo sviluppo dell’autoconsumo […].

Il prerequisito, dunque, secondo Anci, è “la presenza nella propria struttura amministrativa di competenze verticali in materia energetica” che si traduce in:

  • nomina di un energy manager, anche in forma associata tra più comuni;
  • predisposizione di una unità, ufficio o settore dedicato, al quale affidare il coordinamento delle operazioni relative all’energy management;
  • dotarsi di una o più figure interne con competenze tecniche in posizione dirigenziale, che possano affiancare gli organi politici nella programmazione e supportarne le decisioni per rendere la sostenibilità una dimensione trasversale a tutti i procedimenti amministrativi dell’ente.

Una vera e propria utopia, per la gran parte gli oltre 5.500 comuni con popolazione inferiore ai 5.000 abitanti.

La raccomandazione ad operare un potenziamento delle competenze amministrative stimola alcune riflessioni rispetto all’estrema difficoltà sin qui registrata dalle Pubbliche Amministrazioni locali nell’assumere decisioni e avviare progetti, di cui non hanno e non avranno il controllo a causa dei gravi problemi strutturali che affliggono in particolare i Comuni piccoli e medi: carenza di risorse economiche e di competenze interne.

Il punto è, come abbiamo detto, che il prerequisito non è quasi mai soddisfatto proprio nei piccoli Comuni delle aree interne, a cui sarebbero destinati i 2,2 miliardi di euro del Pnrr, che stentano persino, quando si affidano a consulenti esterni, a censire gli edifici comunali e i propri consumi elettrici.

Con la prevedibile conseguenza di non traguardare neppure l’obiettivo auspicato da Anci, “di ridurre l’asimmetria informativa, individuare opportunità e risorse, gestire il sistema di conoscenza e utilizzare i dati energetici, nonché valutare consapevolmente dal punto di vista tecnico e finanziario le proposte che il mercato e gli operatori avanzano”, in buona sostanza, quindi, rinunciando alla possibilità di governare i processi.

La guida, paradossalmente, rischia di essere letta e applicata solo dove sia presente una struttura comunale adeguata che a questo punto, forse, dispone già di tutte le informazioni necessarie.

Certo è che in ogni caso, l’accesso ai contributi pubblici per le Cer lascia prefigurare una vera e propria corsa a ostacoli, per tutti i potenziali beneficiari e per i Comuni in particolare.

Infatti, i Comuni che dovessero partire oggi nella redazione di un progetto di Cacer rischierebbero di essere drammaticamente in ritardo posto che:

  • per accedere al contributo Pnrr, i Comuni con popolazione inferiore ai 5.000 abitanti devono già aver costituito una Cer o deciso di aderire ad una esistente (ma i dati essenziali per lo Statuto sono stati resi pubblici solo lo scorso 24 febbraio con le Regole Operative del Gse);
  • che la scadenza per le istanze al Gse è fissata al 31 marzo 2025;
  • che gli impianti dovranno essere connessi e tutto dovrà essere rendicontato entro il 30 giugno 2026.

Forse va ancora peggio per i Comuni con popolazione superiore ai 5.000 abitanti che intenderanno beneficiare dei contributi regionali, posto che i bandi in uscita hanno durata molto limitata e spesso con caratteristiche variegate, imprevedibili e diverse da quelle del Pnrr.

Prendiamo ad esempio il bando Emilia Romagna appena pubblicato:

  • si potrà presentare domanda dal 12 giugno al 31 ottobre 2024;
  • coprirà il 25% dell’investimento;
  • contrariamente al Pnrr, che finanzia chi ha effettivamente sostenuto l’investimento, beneficiaria del contributo sarà la Cer, che quindi deve essere già costituita e con tantissimi Comuni che andranno a elezioni sarà piuttosto difficile che questo possa accadere con le Amministrazioni attualmente in carica.

La Regione Toscana, per parte sua, ha deliberato il finanziamento degli impianti rinnovabili realizzati dai Comuni con un primo bando che sarà pubblicato entro il mese di maggio e chiuderà entro settembre 2024; inoltre, ha annunciato un secondo bando, che, secondo indiscrezioni, sarà pubblicato a giugno. ⁠

Il Comune che volesse presentare istanza di accesso ai contributi si troverebbe a dover scegliere tra:

  • un primo bando, quello di maggio destinato ai Comuni, che finanzia l’80% delle spese ammissibili per impianti la cui produzione deve essere finalizzata solo all’autoconsumo, e che comunque non accederebbe agli incentivi Cer;
  • un secondo bando, quello destinato alle Cer che, sempre secondo indiscrezioni, sarebbe rivolto a chi (pubblico o privato) realizzi impianti in comuni con popolazione superiore ai 5.000 abilitanti inseriti in una Cer che deve già essere costituita nel momento della domanda; la quota di finanziamento coprirà fino al 40% del valore dell’investimento oltre alle spese notarili e di progettazione.

Come può un comune operare una scelta consapevole rispetto ai due bandi? E i comuni ubicati nelle Regioni che non hanno ancora pubblicato i bandi? E ancora, via via che escono bandi o indiscrezioni, occorre rifare i PEF più e più volte riconsiderati nel corso degli ultimi sei mesi.

Bene, quindi, il vademecum Anci-Gse, ma la strada per l’abilitazione degli Enti locali, in particolare quelli piccoli e medi, è tutta in salita. Ancora una volta, la gran parte dei piccoli comuni rischierà di perdere anche il treno delle Cer o comunque di non sedersi in prima classe insieme alla comunità locale, con buona pace dei benefici socio-economici e ambientali.

Infatti, anche l’azione di coinvolgimento della popolazione passa attraverso la dotazione di risorse e competenze, come suggerisce Anci, necessarie affinché il Comune possa ricercare l’adesione di altri utenti/membri della comunità, consumer, prosumer o produttori, anche al fine di conseguire una progettazione sostenibile della Cer.

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