Competizione globale: Cina, Usa ed Europa nella transizione verso l’auto elettrica

Lo scontro industriale ed economico sui veicoli elettrici, tra le frenate della politica, i ritardi delle case automobilistiche europee, l’aggressivo export cinese e il protezionismo Usa.

ADV
image_pdfimage_print

Secondo Salvini e molti esponenti del centrodestra, gli obbiettivi europei sulla fine della vendita delle auto a combustione interna nel 2035 sarebbero una follia che rischia di mettere in ginocchio l’industria del Continente.

Una posizione che però è tutta ideologica e risulta pericolosa proprio per le nostre industrie. Come stanno realmente le cose?

L’Associazione europea dei costruttori di automobili (ACEA) ha presentato il suo manifesto intitolato “Un’industria automobilistica europea competitiva alla guida della rivoluzione della mobilità”.

Sentiamo Luca de Meo, presidente dell’Associazione: “Faremo tutto il possibile per garantire che le nostre aziende siano in grado di raggiungere gli obbiettivi. Siamo qui per rendere l’Europa innovativa e l’elettrificazione è uno dei campi di innovazione nei trasporti, non è possibile tornare al punto di partenza, perché non ha senso ed è dannoso per l’ambiente”.

Ma poi aggiunge anche una riflessione importante: “è un vantaggio per l’Europa imparare dai produttori cinesi, che sono una generazione avanti in termini di prestazioni e costi dei veicoli elettrici”.

Ecco, dunque. Il problema delle case automobilistiche europee, e anche di quelle statunitensi con la parziale eccezione di Tesla, è sembra essere esattamente l’opposto di una accelerazione verso l’elettrico.

La mobilità elettrica, come del resto anche il fotovoltaico e l’eolico, sono al centro di una rivoluzione destinata a cambiare profondamente i settori dei trasporti e della generazione elettrica.

E, in realtà, noi siamo partiti troppo tardi sia per la timidezza della politica che per l’inerzia dell’industria dell’auto.

Anche se, in qualche modo, lo scandalo del Dieselgate del 2015 aveva già dato uno scossone alla Volkswagen che aveva poi deciso di investire 131 miliardi $ nella transizione verso l’elettrico.

Lo stop alla vendita di auto a benzina e diesel nel 2035 è stato definitivamente approvato nella Ue solo lo scorso anno. Ma è significativo il fatto che questa scelta sia stata adottata anche da Grann Bretagna, Canada e altre importanti realtà, come undici Stati Usa, ad iniziare dalla California.

E veniamo alla Cina, partita effettivamente con largo anticipo sulla mobilità elettrica. Le ragioni sono diverse.

Da un lato il gravissimo inquinamento dell’aria nelle città ha spinto da tempo il governo in questa direzione. Si consideri che oggi sono in circolazione in Cina quasi mezzo milione di autobus elettrici.

Ma la seconda forte motivazione è politica. Con grande anticipo Pechino ha capito che a livello mondiale sarebbe stata vincente la transizione verso un’economia green e ha quindi incentivato le proprie industrie verso le rinnovabili, la mobilità elettrica, le batterie, la lavorazione dei materiali critici, diventando progressivamente industria leader in questi settori.

Prendiamo le auto elettriche.

Secondo la Iea, le vendite in Cina quest’anno dovrebbero raggiungere i 10 milioni, rappresentando circa il 45% del totale nel paese. E i primi dati sembrano confermare questa tendenza (vedi grafico).

Contemporaneamente, anche per una certa saturazione del mercato, cresce la spinta di Pechino ad aumentare le esportazioni. Così nel 2023, il valore totale delle vendite all’estero di veicoli elettrici cinesi è aumentato del 70%, raggiungendo i 34,1 miliardi $.

Quale atteggiamento dovremmo assumere rispetto a questo contesto?

Biden nei giorni scorsi ha proposto di introdurre una tassa del 100% alle importazioni di auto cinesi.

Una buona scelta? Sicuramente una decisione elettorale vista la concentrazione di fabbriche di automobili in alcuni stati decisivi per le elezioni di novembre.

Ma sono molte le perplessità rispetto ad una scelta così protezionista. A cominciare dal fatto che col tempo si rischierebbe di aumentare il gap delle aziende statunitensi con un’industria cinese estremamente avanzata.

L’Europa ha avviato lo scorso settembre un’azione investigativa prima di prendere delle decisioni. Una scelta non semplice: Volkswagen ad esempio si è detta contraria a tassare le importazioni cinesi visto il suo mercato, con 3,2 milioni di auto vendute nel 2023 in quel paese.

Perché non allearsi con una casa produttrice cinese? È la scelta che ha fatto Stellantis con Leapmotor. Ora bisognerà capire se e dove verranno costruite le auto elettriche, con i sindacati che ovviamente spingono per una localizzazione italiana.

Ma alla fine la battaglia si giocherà sul fronte economico. Le auto elettriche costeranno sempre di meno, anche grazie alla riduzione dei prezzi delle batterie, e nel giro di pochi anni risulteranno più economiche dei modelli convenzionali.

ADV
×
0
    0
    Carrello
    Il tuo carrello è vuotoRitorna agli abbonamenti