CER laiche o religiose? Comunque, ampie, trasversali e solidali!

Nei vademecum destinati ai rispettivi stakeholders, ANCI e CEI convergono sulla opportunità di puntare su competenze, autonomia, sostenibilità e solidarietà. Prerequisiti e obiettivi che devono convivere nella medesima Comunità Energetica Rinnovabile Solidale.

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Pur davanti alle difficoltà e nel mare della generale disillusione in cui navigano le Comunità energetiche, convegni, webinar e vademecum ci continuano a dire che l’interesse per questo (nuovo) segmento del mercato elettrico è ancora molto alto.

Questo perché finora si è investito tanto in comunicazione, piattaforme software ed elaborazione di nuovi modelli di business (il mercato) da una parte, e nella raccolta dati, studi di fattibilità e comunicazione (i promotori-beneficiari), dall’altra, con investimenti propri o altrui, pubblici e privati.

Ma anche perché c’è la forte aspettativa che con le CER si debba andare oltre l’incentivo, il PNRR e i Fondi regionali. Allora, si prova a resistere in vista di un obiettivo più alto, certamente economico ma soprattutto politico e sociale.

L’obiettivo economico si realizzerà solo se si saprà portare le comunità energetiche a dimensioni rilevanti, piuttosto che frammentare le iniziative. Solo in quella fase, quando avranno raggiunto una dimensione di rilievo, le CER potranno ripagare gli sforzi e la fiducia di chi ci ha creduto.

L’obiettivo politico-sociale, ma anche ambientale, si realizzerà laddove si sarà riusciti a costruire una CER efficiente, sostenibile energeticamente ed economicamente, ma anche equa; una CER che sappia redistribuire ai suoi membri e al territorio la ricchezza conseguita, piuttosto che ai suoi promotori.

CER, come attrezzarsi per resistere e ottenere un risultato pieno?

Il Vademecum di ANCI per i Comuni (Comunità energetiche. Quante difficoltà per farle nei piccoli Comuni!) insiste su due punti:

  • l’opportunità di dotarsi di partner “il più possibile neutrali rispetto agli operatori di mercato che, in fase successiva, potrebbero coadiuvare la realizzazione e gestione degli impianti e dei progetti dell’Ente

in aggiunta o in alternativa alla

  • necessaria “presenza nella propria struttura amministrativa di competenze verticali in materia energetica…”

I Comuni, inoltre, sono visti come aggregatori privilegiati nei rispettivi territori con l’obiettivo di ricercare l’adesione di altri utenti/membri della comunità, consumer, prosumer o produttori, anche per realizzare una progettazione sostenibile della CER.

Sebbene sia già stata annunciata l’iniziativa per la costituzione di una “CER cattolica” (Comunità energetiche: la Diocesi di Treviso apripista di un modello di “CER cattolica”?), e nonostante il Vademecum della CEI appena pubblicato (allegato in fondo all’articolo) preveda tra i modelli organizzativi anche quello ecclesiale, dove l’aggregatore è il soggetto religioso, è evidente che l’optimum è rappresentato dalla massima condivisione delle iniziative a livello locale.

Sono 4 i modelli organizzativi proposti dalla CEI (Conferenza Episcopale Italiana) in base ai soggetti proponenti:

  • modello ecclesiale: promotore è l’ente religioso; vede la partecipazione delle parrocchie ed eventualmente di altri soggetti e famiglie;
  • modello pluralistico: promotore è l’ente religioso; eventualmente con soggetti come ETS e RSA, prevede la partecipazione di una varietà di soggetti di diversa natura;
  • modello pubblicistico: promotore è il Comune; vede la partecipazione di soggetti di diversa natura, inclusi gli Enti religiosi;
  • modello guidato dal player energetico, che è quindi il promotore; a sua volta prevede la partecipazione di soggetti di natura differente.

Salta naturalmente all’occhio una piccola differenza di approccio: nel modello pluralistico, promosso dall’ente religioso, tra i soggetti partecipanti non è specificato il Comune, mentre in quell  o pubblicistico, promosso dal Comune, sono specificati gli Enti religiosi.

Dettagli. Anche perché, ve lo immaginate come potrebbe funzionare in una stessa area la promozione di due CER, una secondo il modello pubblicistico e una secondo quello pluralistico? Si farebbe a gara promuovendo la propria CER come la più solidale o la più conveniente, magari sminuendo l’altra?

Pare invece avere molto senso l’avvio di iniziative condivise posto che, come si evince proprio dallo schema proposto dal vademecum, i modelli 2 e 3 hanno le stesse implicazioni in termini sociali, “attraverso la costruzione di un processo ‘aperto’ in cui i promotori definiscono gli spazi di inclusione…” e analoga ripartizione dei benefici economicitra membri o per una parte a fini sociali. Specificato da Regolamento della CER”.

Infatti, secondo lo schema CEI, il vero concorrente da sfidare a livello locale è il modello guidato dal player energetico, che utilizzerebbe i benefici economici prioritariamente per rientrare dell’investimento, con implicazioni sociali secondarierispetto a considerazione di efficienza nel set-up e nella valutazione dei benefici economici”.

Pure la CEI consiglia agli enti religiosi di preferire che gli impianti per i quali si facciano investimenti siano di proprietà dell’ente stesso, per “poter godere dell’autoconsumo, dei ricavi da vendita sia qualora faccia parte della CER, sia qualora decida di recedere”.

È comunque auspicabile che nella pratica il modello pluralistico e quello pubblicistico convergano in un unico modello condiviso, promosso congiuntamente.

Peraltro, la presenza contestuale in uno stesso soggetto giuridico CER di Comuni, enti religiosi e ETS, dove il controllo sia equamente e democraticamente distribuito, consentirebbe anche la registrazione del soggetto giuridico al RUNTS (Registro Unico Nazionale del Terzo Settore) con i benefici conseguenti, oltre a conseguire evidenti economie di scala.

Inoltre, sia gli Enti locali che quelli religiosi beneficiano dell’esenzione dalla riduzione degli incentivi in caso di contestuale accesso ai fondi pubblici fino al 40%.

Infine, anche la CEI raccomanda di “avvalersi di professionisti o consulenti per lo studio di fattibilità e implementazione della CER, confrontando vari specialisti e verificandone la professionalità”.

Genesi e perimetro del Vademecum della CEI

Il Vademecum CEI è una ottima lettura e, come quello di Anci, rappresenta un utile compendio dell’evoluzione normativa e delle regole alla base del governo delle CER e con accenni alle varie forme giuridiche applicabili.

Inoltre, coordina con il Codice di diritto canonico eventuali interventi e investimenti da parte degli enti religiosi.

Promuove un approccio basato sull’ecologia integrale, che comprenda le dimensioni umane, ambientali e sociali e si ispira alla Laudato Sì che, già nel 2015, citava le esperienze di cooperative che nel mondo producono e condividono la propria energia invitando a lasciare i combustibili fossili sottoterra con il mai abbastanza citato passaggio:

In alcuni luoghi, si stanno sviluppando cooperative per lo sfruttamento delle energie rinnovabili che consentono l’autosufficienza locale e persino la vendita della produzione in eccesso. Questo semplice esempio indica che, mentre l’ordine mondiale esistente si mostra impotente ad assumere responsabilità, l’istanza locale può fare la differenza. È lì infatti che possono nascere una maggiore responsabilità, un forte senso comunitario, una speciale capacità di cura e una creatività più generosa, un profondo amore per la propria terra, come pure il pensare a quello che si lascia ai figli e ai nipoti (Laudato Sì, 179.)

La riflessione della Laudato Sì è stata aggiornata durante la Settimana Sociale dei Cattolici a Taranto, nel 2021 e, a partire dalla fine del 2022, ha dato il via alla costituzione di un Tavolo Tecnico a cura della Segreteria Generale della CEI.

Il Tavolo riunisce gli uffici che a vario titolo sono impegnati sul tema per coordinarne le attività anche attraverso un servizio di orientamento per parrocchie e diocesi nell’approccio al tema delle CER.

Analogamente a quanto sottolineato da ANCI, infine, anche per la CEI un ruolo di rilievo è rappresentato dal “coinvolgimento attivo dei cittadini, che hanno il potere di promuovere e incentivare l’innovazione sociale attraverso iniziative di azione collettiva”.

Innovazione sociale che ha come primo obiettivo la mitigazione della povertà energetica, da cui deriva l’attributo Solidale applicato alle CER. Secondo l’Osservatorio Italiano sulla Povertà Energetica (OIPE) citato, alla fine del 2022, erano circa 2 milioni le famiglie in povertà energetica, pari al 7,7% del totale.

Povertà energetica, cambiamento climatico, transizione energetica, ecologia integrale. Se, come scritto, “anche la Chiesa e i credenti possono contribuire a tale transizione, attivando un cambiamento culturale capace di generare progettualità e miglioramenti concreti” allora perché non farlo come cittadini, laici e cattolici, per il bene comune?

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