Messa al bando Ue dei motori termici. L’Italia si prepara a frenare al Consiglio europeo?

Il ministro Cingolani al Senato ribadisce che il nostro Paese sui veicoli punta alla neutralità tecnologica.

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Ci sarà battaglia al Consiglio europeo sul futuro delle automobili, dopo il voto del Parlamento Ue che ha approvato la proposta di vietare la vendita di nuovi modelli benzina e diesel dal 2035.

I negoziati devono ancora partire tra gli Stati membri ma si sono già tracciate con chiarezza le due correnti di pensiero: da una parte chi, come il governo italiano, punta a rallentare la transizione verso il 100% elettrico e dare più spazio alle tecnologie alternative (biocarburanti, e-fuel) e ai motori endotermici.

Dalla parte opposta ci sono i governi che vogliono accelerare la mobilità alla spina.

Dieci ministri europei, tra cui quelli di Germania, Spagna e Olanda, hanno siglato una lettera congiunta dove si dicono preoccupati dei vari tentativi (al Parlamento e al Consiglio) di annacquare i contenuti del pacchetto Fit for 55 e chiedono di “combattere la tentazione di lasciare che le motivazioni di breve termine ostacolino il nostro modo di prendere le giuste decisioni sul lungo termine”.

Evidente il riferimento a uno dei dossier più discussi in queste settimane, quello delle auto.

In due recenti interrogazioni al Senato (Gallone di Forza Italia e Pazzaglini della Lega) molto critiche sul bando ai motori termici e nelle relative risposte del ministro della Transizione ecologica, Roberto Cingolani, si legge tutto il disappunto di chi vede nella mobilità elettrica non una opportunità, ma un possibile danno per le industrie italiane e i loro posti di lavoro (si veda anche QualEnergia.it, Stop alle auto a motore termico entro il 2035, le reazioni al voto Ue tra polemiche e fake news e Perché rallentare la transizione all’auto elettrica è una scelta perdente per l’Italia )

Nelle sue risposte, Cingolani ha sottolineato che “la posizione italiana si è focalizzata sul mantenimento della deroga per i produttori di piccoli volumi” e sulla richiesta “per obiettivi di riduzione differenziati per automobili e furgoni, nonché sul riconoscimento del contributo dei carburanti rinnovabili nel periodo di transizione, per accedere a una decarbonizzazione del settore automotive un pochino più lenta e flessibile”.

Ha poi ricordato che “abbiamo 12 milioni di veicoli non euro 6, da euro 0 a euro 4, su un parco di circa 40 milioni e questo solo in Italia. È evidente che incentivare il passaggio di questi autoveicoli a euro 6 o a ibrido in questo momento ha un effetto ottimo dal punto di vista della decarbonizzazione, ancora di più che cambiare casomai l’euro 6 con l’elettrico per chi può permetterselo, tenuto conto anche dei costi”.

Cingolani ha anche evidenziato “che c’è un passaggio intermedio, ibride e ibride plug-in, che rappresenta un pò nell’automobilismo l’anello di congiunzione darwiniano fra l’uomo e la scimmia, che invece dovrebbe essere valorizzato in questo momento per abbassare la CO2 prodotta per chilometro”.

Infine, ha aggiunto, “vorrei far notare che il principio di neutralità tecnologica – e noi su questo stiamo spingendo moltissimo – ci suggerisce due cose: in primo luogo, attenzione a non cadere in mano a un mercato che non è nostro, quindi attenzione a che il parco non sia tutto quanto basato su di esso, in modo da non essere schiavi di altri mercati“.

Nello stesso tempo, “abbiamo spinto con una norma che, come sapete, è stata approvata, in base alla quale dall’anno prossimo saranno immesse 500.000 tonnellate di synthetic fuel pronte alla pompa e per il motore, addizionabili di 100.000 tonnellate ogni anno, negli anni successivi. Stiamo combattendo per questo, perché è anche un modo di ricondizionare un comparto del petrolchimico che deve trovare strade verdi”.

Al contrario, nel nostro approfondimento Stop alle auto a motore termico entro il 2035, le reazioni al voto Ue tra polemiche e fake news in sintesi abbiamo spiegato che:

  • le emissioni totali di CO2 sul ciclo di vita delle auto elettriche (batterie comprese) sono inferiori a quelle delle auto endotermiche, anche nei mix energetici che usano quote di carbone;
  • puntare sulla mobilità alla spina non significa necessariamente consegnare il settore automotive alla Cina: in Europa si sta investendo molto in nuove fabbriche per produrre vetture elettriche e batterie e per sperimentare soluzioni di riciclo degli accumulatori;
  • i carburanti sintetici sono una falsa soluzione perché sono costosi e poco efficienti.

Insomma, la ricetta italiana rimane agganciata in modo anacronistico alla volontà di prolungare il più possibile la vita dei motori endotermici, frenando la corsa elettrica.

Vedremo quale posizione uscirà vincente dai prossimi negoziati istituzionali a livello Ue.

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