Le aste a prezzi negativi pesano sullo sviluppo dell’eolico offshore

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Germania e Olanda hanno assegnato 6,5 GW di capacità, ma gli operatori dovranno pagare per il diritto di costruire gli impianti. Questo potrebbe nuocere alla filiera e anche ai consumatori, secondo WindEurope.

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Germania e Olanda hanno recentemente assegnato all’asta 6,5 GW di nuova capacità eolica offshore. Per aggiudicarsela, però, gli operatori hanno dovuto proporre prezzi negativi, si sono cioè offerti di pagare per avere il diritto di sviluppare un impianto eolico marino.

Si tratta di una tendenza in crescita, che secondo WindEurope, maggiore associazione europea del settore eolico, pone problemi potenzialmente gravi (In Germania maxi asta dell’eolico offshore: 7 GW assegnati a prezzi negativi).

Fino a non molto tempo fa, tutte le aste nel settore delle rinnovabili prevedevano l’assegnazione di contingenti di potenza a chi avesse proposto il ribasso di prezzo maggiore, rispetto a una tariffa incentivante base predeterminata.

Ora, però, dopo che alcuni operatori hanno cominciato a presentare offerte di ribasso fino a 0,00 €/kWh, Paesi come Germania e Olanda hanno adottato “aste negative” per poter assegnare la capacità messa all’incanto. In un’asta negativa, gli sviluppatori di parchi eolici non solo rinunciano ai sussidi, ma si offrono di pagare lo Stato per il diritto di costruire un parco eolico. Più alto è il prezzo offerto, più è probabile che vincano.

Se si vince un’asta con offerta negativa, il ricavo futuro sarà pari al prezzo di mercato all’ingrosso dell’elettricità prodotta, meno il denaro offerto per aggiudicarsi la gara.

La maggior parte degli altri Paesi europei utilizza invece aste al ribasso basate sui contratti per differenza (CfD, Contract for Difference), in cui gli sviluppatori propongono la quantità di ricavi di cui pensano di aver bisogno e l’offerta più bassa vince.

Se si vince un’asta CfD, il ricavo sarà quello prefigurato nell’asta, basato comunque sempre sui prezzi all’ingrosso. Se i valori di mercato dovessero rivelarsi superiori al prezzo di esercizio concordato, l’operatore “restituirà” il surplus alle autorità di settore. Se, invece, i prezzi di mercato fossero inferiori al prezzo concordato, saranno le istituzioni a pagare la differenza all’operatore, fino a raggiungere il livello di ricavi prestabilito.

Il “problema” delle aste negative

Il problema delle aste negative, secondo WindEurope, è che gli importi pagati per aggiudicarsi l’asta vanno a pesare sui costi per realizzare i parchi eolici offshore.

“Si tratta di denaro extra che lo sviluppatore deve pagare e che non deve invece affrontare in un’asta CfD. Gli sviluppatori dei progetti devono trasferire questi costi: o alla filiera dell’energia eolica, che si sta ancora riprendendo dalle interruzioni della fornitura e dai rincari, e/o ai consumatori di elettricità sotto forma di prezzi più alti”, ha indicato l’organizzazione.

Le offerte negative comportano anche costi di finanziamento più elevati, rispetto ai parchi eolici assegnati con contratti CfD. Questi ultimi possono infatti contare su entrate fisse, che fanno sentire più a loro agio le banche nell’erogare prestiti.

I progetti aggiudicati in un’asta negativa hanno invece entrate variabili, determinate dal solo prezzo all’ingrosso dell’elettricità, a cui va tolto il costo sicuro dell’offerta d’asta. Per questo motivo devono fare maggiore affidamento sui finanziamenti azionari, cioè di investitori disposti a versare del capitale (equity), che è più costoso per l’operatore.

Gli operatori possono cercare di mitigare questo rischio sottoscrivendo accordi di compravendita di lungo termine (Power Purchase Agreement o PPA) con degli acquirenti industriali o commerciali, invece che vendere la loro energia all’ingrosso.

A prescindere da ciò, “le aste negative aumentano i costi dell’eolico offshore. Può essere un vantaggio a breve termine per i ministeri delle finanze. Ma è un costo a lungo termine per la società”, ha detto Giles Dickson, amministratore delegato di WindEurope, in una nota.

I risultati delle aste

La Germania ha assegnato 2,5 GW e l’Olanda 4 GW. Si tratta di due grossi lotti, considerando che, attualmente, nell’Ue ci sono complessivamente 19 GW di eolico offshore in funzione.

I risultati dell’ultima asta tedesca sono stati i seguenti, secondo l’Agenzia federale per le reti (Bundesnetzagentur):

  • TotalEnergies pagherà 1,9 miliardi di euro per sviluppare un sito di circa 1,5 GW, sborsando quindi 1,3 milioni di €/MW;
  • EnBW pagherà 1,065 miliardi di euro per sviluppare un sito da circa 1 GW, pagando quindi 1,1 milioni di €/MW.

In Olanda, invece:

  • SSE Renewables e i fondi pensione statali olandesi APG e ABP pagheranno 40 milioni di euro per sviluppare un sito da 2 GW. Si tratta di 20mila €/MW.
  • Vattenfall e Copenhagen Infrastructure Partners pagheranno 800 milioni di euro per sviluppare un sito da 2GW, versando 400mila €/MW.

Sia la Germania che l’Olanda hanno già utilizzato le offerte negative nelle loro precedenti aste eoliche offshore; BP e Total Energies, ad esempio, devono pagare 12,6 miliardi di euro per il diritto di sviluppare 7 GW complessivi, pari a 1,8 milioni di €/MW.

Criteri anche non di prezzo

L’asta olandese ha fatto ampio uso anche di criteri non legati al prezzo, come la protezione della biodiversità e l’integrazione dei sistemi.

Vattenfall e CIP si sono impegnati, tra l’altro, a costruire un impianto di elettrolizzazione da 1 GW a Rotterdam, che funzionerà con l’elettricità rinnovabile prodotta da uno dei siti. Inoltre, uno dei parchi eolici è stato progettato come un “laboratorio vivente”, nel senso che oltre il 75% delle fondazioni per le turbine eoliche sarà dotato di scogliere artificiali per i molluschi e altri animali marini.

L’asta tedesca ha invece utilizzato esclusivamente criteri di prezzo.

In Germania il 90% dei fondi raccolti con l’asta negativa sarà utilizzato per ridurre gli oneri di rete in bolletta. Il restante 10% verrà utilizzato per sostenere la biodiversità marittima e le pratiche di pesca sostenibile.

In attesa del decreto Fer 2 in Italia

L’eolico offshore è destinato a fare la parte del leone in Italia, nell’ambito delle prossime aste previste dal decreto Fer 2, che incentiva le rinnovabili più innovative e costose per il periodo 2024-2028. L’offshore avrà infatti un contingente di potenza pari a 3,8 GW (su 4,6 GW totali), di gran lunga superiore a quelli destinati alle altre tecnologie.

Nel caso italiano, ricordiamo, le aste Fer 2 per l’eolico in mare assegneranno un incentivo di 185 €/MWh per la versione con fondazioni e 105 €/MWh per la versione galleggiante (Costi, incentivi, volumi: il Fer 2 spiegato da Bruxelles). Si attende ora solo la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale per completare l’iter del decreto, approvato dall’Ue e firmato dal ministro dell’Ambiente e della sicurezza energetica, Gilberto Pichetto Fratin.

Per il mantenimento nella sua interezza della tariffa, gli impianti eolici marini dovranno entrare in esercizio entro 50 mesi dall’aggiudicazione.

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