Sistemi di accumulo, prove di “finanza accessibile”

L'energy storage sta attraversando una fase molto simile a quella vissuta dall’industria fotovoltaica nei primi anni del suo sviluppo commerciale: con prezzi d’acquisto elevati, scarsa bancabilità dei progetti, incertezza sui tempi di ritorno dell’investimento. Ma ovunque stanno nascendo alcuni programmi di finanziamento ad hoc.

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Il mercato dei sistemi di accumulo elettrochimico si trova in una situazione molto simile a quella sperimentata negli anni passati dal fotovoltaico: prezzi elevati e pochi finanziamenti accessibili al grande pubblico per l’acquisto.

L’energy storage ha potenzialità enormi, perché permette agli utenti di incrementare l’autoconsumo di elettricità e, di conseguenza, tagliare i costi delle bollette.

Alcuni operatori di rete, inoltre, stanno già pensando di sfruttare le batterie domestiche per garantire nuovi servizi di regolazione e bilanciamento domanda/offerta (Storage distribuito: in Olanda si mettono in rete le batterie domestiche).

Lo scoglio da superare, in moltissimi casi, è l’investimento iniziale. Per acquistare una casa, un’automobile o un impianto fotovoltaico, esiste una pluralità di metodi di finanziamento con tassi, garanzie e durate variabili. Nel campo dello storage non è ancora così.

Il problema, osservano gli analisti di GTM Research, è fare dell’accumulo elettrochimico una tecnologia “mainstream”, cioè diffonderla in un numero crescente di abitazioni e piccole attività commerciali, un po’ come avvenuto per il solare.

Qualcosa sta cominciando a muoversi in questa direzione negli Stati Uniti. Diverse aziende, tra cui Advanced Microgrid Solutions, Tabuchi Electric, Stem e Sharp, stanno raccogliendo capitali – oltre 700 milioni di dollari finora nel 2016 – con cui finanziare programmi di acquisto/noleggio di sistemi integrati fotovoltaico più storage, con la formula zero-money-down, senza anticipo di denaro da parte dell’acquirente.

Gli investitori nelle fonti rinnovabili – che siano banche, assicurazioni o fondi di vario tipo – guardano per prima cosa il tempo di ritorno del loro investimento. Fino a qualche anno fa erano diffidenti sul solare quanto lo sono adesso per lo storage, perché l’industria fotovoltaica era giovane e poteva vantare pochi dati affidabili con cui rassicurare gli istituti di credito.

Qual era l’irraggiamento medio del luogo scelto per la nuova installazione? Quanta energia avrebbe prodotto l’impianto? Quanti anni avrebbero funzionato i pannelli fotovoltaici prima di guastarsi?

Queste e altre domande circolavano con insistenza, tra chi doveva decidere se indirizzare i capitali verso la tecnologia pulita emergente. Poi il fotovoltaico è maturato, ma quelle domande si sono ripresentate quando è arrivato il momento di valutare gli investimenti nei sistemi di accumulo.

L’industria dello storage, chiarisce GTM Research, è relativamente giovane; le informazioni disponibili su prestazioni e rendimenti delle batterie, inoltre, raramente superano i cinque anni di vita. È molto difficile, quindi, attirare nuovi fondi per sostenere lo sviluppo dello storage distribuito.

Per superare le barriere all’acquisto, aggiungono gli analisti, probabilmente la strada migliore è confezionare programmi di finanziamento per impianti fotovoltaici con batterie integrate, offrendo tassi d’interesse moderati e contratti almeno decennali di gestione e manutenzione programmata.

La sfida, in sintesi, è dimostrare che questi impianti apportano vari benefici agli utenti – riduzione della domanda energetica e risparmi sulle bollette – e che di conseguenza gli utenti sono in grado di restituire i prestiti.

Un esempio citato da GTM Research riguarda la filiale americana di Tabuchi, storico produttore giapponese di inverter, che di recente ha lanciato il programma GeoSmart SolPower da 300 milioni di dollari per favorire l’installazione di sistemi completi di pannelli fotovoltaici, inverter e batterie. I clienti possono scegliere tra varie formule di noleggio o finanziamento per l’acquisto.

Riassumendo: le batterie di accumulo costano ancora molto, perciò il mercato residenziale è circoscritto ai cosiddetti early adopters, cioè gli utenti che vogliono testare le novità tecnologiche appena queste ultime entrano in commercio.

Il potenziale dello storage è amplissimo, l’interesse sta crescendo, ma il ritorno economico dei progetti va specificato con maggiore chiarezza attraverso nuove proposte di finanziamento.

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