Nucleare: referendum o non referendum?

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La retromarcia del Governo comporterà la cancellazione dalle schede del referendum del quesito sul nucleare? La decisione spetterà alla Cassazione, ma stando alla giurisprudenza ci sarebbero le condizioni perché alla tornata referendaria si voti comunque anche sull'atomo, spiega il costituzionalista Gaetano Azzariti.

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La retromarcia governativa sull’atomo riuscirà nell’obiettivo, non dichiarato ma evidente, di far fallire i referendum del 12 e 13 giugno? Ossia: le modifiche al decreto legge omnibus votate il 19 aprile al Senato determineranno la cancellazione dalle schede del quesito sul nucleare, capace di portare molti cittadini alle urne? L’ultima parola, come sappiamo (Qualenergia.it, Romani: nucleare solo rinviato, battaglia in Senato), spetterà alla Cassazione. E la pronuncia si farà attendere: prima di arrivare alla Corte il testo (in allegato in basso) dovrà essere approvato da entrambe le Camere ed essere pubblicato in Gazzetta.

“Fino a quando non sarà certissimo che il referendum non ci sarà, la mobilitazione referendaria deve essere mantenuta in piedi perché di fronte a qualunque incidente di percorso non ci possiamo permettere di rischiare che si arrivi al referendum senza la nostra mobilitazione”, avverte  Alfiero Grandi, portavoce del ‘Comitato Vota Sì per fermare il nucleare’. Ma secondo qualcuno la possibilità che la Cassazione decida di mantenere nel referendum il quesito sul nucleare è tutt’altro che remota, anzi. Tra questi c’è il costituzionalista Gaetano Azzariti, del quale Il manifesto di giovedì pubblica un intervento di cui riportiamo alcuni stralci.

Per cancellare il quesito referendario, spiega il giurista,  “non è sufficiente l’abrogazione della normativa oggetto della richiesta di referendum. Sul punto la giurisprudenza della Corte costituzionale si è espressa in modo chiaro sin dal lontano 1978 (sent. n. 68 del 1978): la modifica legislativa intervenuta nel corso del procedimento referendario non è in grado di impedire lo svolgimento del referendum qualora l’abrogazione non colpisca «i principi ispiratori della complessiva disciplina preesistente» ovvero «i contenuti normativi essenziali dei singoli precetti». In tali casi il referendum si effettua egualmente, sebbene «sulle nuove disposizioni legislative». Il linguaggio della Corte sarà tecnico, ma il senso è del tutto evidente. Ciò che si vuole evitare è che la maggioranza parlamentare introduca modifiche marginali ovvero adotti un escamotage normativo – come ben evidenziava l’intervento del ministro per lo sviluppo economico Romani – al solo fine di impedire l’espressione della volontà popolare.“

Il punto più delicato che la Cassazione dovrà valutare, spiega Azzariti, sembra essere il carattere definitivo o meno della scelta sul nucleare. È questo infatti il «principio ispiratore» su cui si fonda l’iniziativa referendaria. “Può dirsi che la cancellazione delle specifiche norme oggetto del referendum comportino una rinuncia definitiva da parte del governo della scelta nucleare? Ovvero esse sono solo un modo per bloccare il pronunciamento popolare? Diversi indizi dovrebbero far ritenere che si tratta di uno stratagemma politico, dunque non in grado di impedire il referendum. Anzitutto sono le stesse dichiarazioni del govern,  nonché gli atti precedentemente posti in essere, che evidenziano la volontà di sospendere solo momentaneamente le decisioni in materia di produzione energetica. La moratoria precedentemente stabilita, ma soprattutto l’espressa motivazione che sostiene la proposta di abrogazione dell’attuale normativa, non sembrano lasciare adito a dubbi. Una pausa di riflessione resa necessaria – si esplicita – «al fine di acquisire ulteriori evidenze scientifiche mediante il supporto dell’Agenzia per la sicurezza nucleare, sui profili relativi alla sicurezza nucleare, tenendo conto dello sviluppo tecnologico in tale settore e delle decisioni che saranno assunte a livello di Unione Europea». Più chiaro di così.”

 

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