L’effetto boomerang dell’obiettivo biocarburanti

In Italia il 37% del biodiesel miscelato ai carburanti viene dall'olio di palma: i biocarburanti peggiori per l'ambiente sono anche i più usati. Cambierà qualcosa con il sistema di certificazione di sostenibilità che l'UE sta approntando? No, se non si terrà conto anche del cambio d'uso indiretto del suolo, che rende molti biofuel peggiori di benzina e gasolio.

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Le controindicazioni dei biofuels ormai sono chiare: oltre all’impatto che hanno su prezzo dei generi alimentari, agricoltura e biodiversità spesso sono controproducenti anche in quanto a bilancio in termini di emissioni. Non tutte le colture energetiche però hanno lo stesso impatto sul clima ed è questo il motivo per cui la Commissione europea ha stabilito che solo biofuel certificati secondo le linee guida emanate l’anno scorso potranno essere conteggiati ai fini dell’obiettivo 2020, cioè il 10% di rinnovabili nei trasporti, che si tradurrà, stando ai vari piani nazionali, quasi integralmente in un 10% di biocarburanti.


Un passo avanti in questo senso è stato fatto in questi giorni: dall’UE è arrivato il riconoscimento dei primi 7 sistemi di certificazione volontaria della sostenibilità dei biocarburanti. I produttori potranno scegliere se ottenere l’indispensabile etichetta avvalendosi di sistemi nazionali o aderendo a uno dei sistemi di certificazione riconosciuti. Diversi i requisiti che i biocarburanti dovranno soddisfare: ad esempio non dovranno provenire da terreni sottratti ad aree ad alta biodiversità o foreste e dovranno produrre nell’intero ciclo di vita, a parità di energia prodotta, almeno il 35% in meno di emissioni rispetto ai combustibili tradizionali.


Nemmeno la certificazione dei biocarburanti prevista dalla Commissione, però, secondo Greenpeace (vedi report in allegato), riuscirà a rendere positivo l’impatto ambientale dell’obiettivo sui biocarburanti. I criteri usati infatti non conteggiano né prevengono il cambio d’uso indiretto del suolo (ILUC): se non sarà possibile usare biofuel coltivati in zone deforestate, questi, a causa dell’aumento della domanda, sottrarranno spazio alle colture alimentari, che a loro volta si allargheranno a scapito di foreste e zone ad alta biodiversità.


Un problema non secondario, dato che con l’obiettivo 2020 in Europa la domanda – stando ai piani nazionali – crescerà del 170% e che, come ha riconosciuto lo stesso Joint Research Centre della Commissione, il cambio d’uso indiretto del suolo può causare un aumento delle emissioni tale da annullare la riduzione ottenuta sostituendo quel 10% di carburati tradizionali con i biofuels. Infatti, come si vede dalla tabella qui sotto (presa da dati della Commissione non pubblicati ma diffusi da European Voice), una volta tenuto conto dell’ILUC, il bilancio in termini di CO2 di diverse colture energetiche è nettamente peggiore rispetto a quello dei carburanti derivati dal petrolio.



E i biocarburanti peggiori sono anche i più usati, come si vede dall’indagine che l’associazione ha condotto in 9 paesi europei analizzando 92 campioni presi alla pompa di benzina (vedi grafico sotto). In Italia ad esempio il 37% della quota di biodiesel miscelata (il 5,8%) viene da olio di palma, tra le colture con il peggior impatto ambientale.



Le critiche all’obiettivo europeo sui biocarburanti, d’altra parte non sono nuove e non vengono solo dalle associazioni ambientaliste. Forti obiezioni sono sollevate da istituzioni come l’Agenzia europea per l’ambiente (Qualenergia. it, Biocarburanti: obiettivo da rivedere), l’IPCC e la Fao (Qualenergia.it, Biocarburanti tra fame e ambiente). E gli impatti negativi non riguardano certo solo le emissioni: come denuncia un report dell’Ong Actionaid l’aumentato fabbisogno di biofuel, dovuto all’obiettivo europeo, potrebbe portare alla fame 600 milioni di persone (Qualenergia.it, L’Europa dei biofuel e la fame dei paesi poveri).


Anche i dati più ottimistici, come quelli della Commissione (Qualenergia.it, Biocarburanti obiettivo controverso), chiariscono che affinché l’obiettivo del 10% di energie rinnovabili nei trasporti porti a riduzioni significative di emissioni di gas serra, i biocarburanti scelti devono essere tra i più sostenibili e, comunque, il loro contributo non dovrebbe superare il 5,6%, mentre come sappiamo dai piani nazionali la quota si avvicinerà al 10%. Insomma, anche con le certificazioni di sostenibilità previste l’obiettivo europeo biocarburanti rischia di essere un boomerang per il riscaldamento globale.


Il report Greenpeace “Metti (l’estinzione di un) tigre nel motore”, pdf

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