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Utility contro produzione decentralizzata: RWE si rassegna alla transizione energetica

La transizione energetica sta mettendo in crisi il modello basato sulla generazione centralizzata da fonti convenzionali, a favore di rinnovabili e generazione distribuita. Le utility devono adeguarsi. Il gigante tedesco dell'energia sembra averlo capito e in un documento riservato traccia una svolta strategica verso nuovi modelli di business.

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Su Qualenergia.it lo stiamo ripetendo da tempo e lo avevavmo scritto solo alcuni giorni fa, citando un nuovo report di Citigroup che riprende l’avvertimento: il futuro dell’energia è nelle rinnovabili e nella generazione distribuita, mentre il modello basato sulla produzione centralizzata e unidirezionale da fonti convenzionali è già entrato in crisi. Le utility tradizionali non potranno continuare a lungo con il loro approccio conservatore e ostruzionista: saranno costrette a cambiare i loro modelli di business adattandoli alla nuova realtà che si sta delineando.

Che le compagnie energetiche stiano recependo il messaggio lo mostra la svolta strategica che RWE si starebbe apprestando a compiere, delineata in documenti riservati rivelati da Energy Post. Il gigante tedesco, se da una parte si accoda agli altri grandi del gruppo Magritte per protestare contro lo sviluppo delle rinnovabili (vedi qui), dall’altra si sta preparando a rivedere la sua attività, ora essenzialmente basata sulla produzione centralizzata da fossili e nucleare.

“L’erosione massiccia dei prezzi (dell’elettricità, ndr) all’ingrosso dovuta alla crescita del fotovoltaico tedesco, costituisce un problema serio per RWE e minaccia la sopravvivenza dell’azienda”, si legge nella Strategic Roadmap stesa in un meeting a fine settembre. Ma la compagnia sembra essersi resa conto che il cambiamento (che peraltro con azioni di lobbying sta tuttora provando ad ostacolare), è ormai inesorabile: da qui la svolta che punta a “creare valore guidando la transizione verso il mondo dell’energia del futuro”.

Le chiavi della nuova strategia sembrano essere, oltre ad alleggerire e rendere più flessibili ed efficienti gli asset produttivi e puntare anche sulle rinnovabili, divenire sempre di più un fornitore di servizi e ‘buttarsi’ sul mercato dei prosumer, i consumatori che sono anche produttori di energia, ad esempio perché proprietari di un impianto FV sul proprio tetto.

“L’unico settore in crescita”, riconosce il management RWE, è quello della produzione decentralizzata e incentivata. Anche se l’azienda “non ha possibilità di avere un ruolo da leader in questo contesto, per via del costo del capitale, non competitivo con quello di altri attori” come i fondi di investimento – si legge –  la sfida da vincere “è anche quella di sviluppare un business model innovativo e profittevole rivolto ai prosumer, un mercato da un miliardo di euro che sta emergendo accanto alla value-chain tradizionale”. Come le utility stiano guardando con interesse in questa direzione lo avevamo notato anche in un’intervista di Qualenergia.it a Sauro Pasini, responsabile dell’Area tecnica Ricerca di Enel.

Nelle rinnovabili, poi, la strategia di RWE parla di un approccio “a basso peso di capitali”: “partendo da fondi provenienti in larga parte da soggetti terzi ci posizioneremo come project enabler, operatore e system integrator nelle rinnovabili.”

Altri pilastri delle attività dell’utility, si spiega, saranno il trading di energia e la gestione delle reti (nei mercati in cui non è stato imposto l’unbundling, cioè la separazione tra produttori e gestori di rete).

Quanto al parco di generazione esistente, la sua funzione sarà sempre più quella di fornire potenza di back up. “Anche se prevediamo un’enorme sviluppo della produzione da rinnovabili (…) la domanda di potenza affidabile non calerà. Nel sistema elettrico dell’Europa centro-occidentale servono circa 260 GW di potenza affidabile e non ne serviranno meno nel 2030”. Per questo RWE si propone di “ridimensionare e ristrutturare il portafoglio per massimizzare flessibilità ed efficienza”.

Da questo versante la sopravvivenza è però legata a una riforma di mercato per la quale RWE e gli altri del termoelettrico stanno spingendo con insistenza: l’introduzione di meccanismi di capacity payment o capacity market, che permettano agli impianti di essere remunerati per la potenza flessibile di back up messa a disposizione.

Staremo a vedere in cosa si tradurrà la svolta di RWE e se sarà sufficiente a traghettare sana e salva l’utility attraverso la transizione energetica in corso. Nonostante le intenzioni annunciate di differenziare e introdurre nuovi modelli di business, verosimilmente l’attività principale dell’azienda resterà legata alla generazione da fonti convenzionali, visto il volume di asset posseduti. Anche concentrarsi sugli impianti più flessibili ed efficienti poi potrebbe non bastare: come mostra il report Citigroup, con la futura diffusione dei sistemi di accumulo la concorrenza delle rinnovabili potrebbe andare ad intaccare anche quella fetta di mercato.

 

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