Mercato secondario del fotovoltaico italiano, un business da 25 miliardi

Il mercato dei nuovi impianti fotovoltaici ha frenato bruscamente con la fine del conto energia, ma aziende e investitori si stanno muovendo per sfruttare un'altra miniera, fatta da migliaia di impianti già esistenti da vendere, comprare e rendere più efficienti. Un giro d'affari da circa 25 miliardi di euro nei prossimi 3-5 anni.

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Al momento il fotovoltaico italiano, ad eccezione che per i piccoli impianti realizzati con le detrazioni e per qualche esperimento senza incentivi destinato all’autoconsumo, è praticamente fermo in quanto a nuove installazioni. Nel settore però ci si sta muovendo su un altro fronte: c’è infatti una miniera da sfruttare, fatta da migliaia di impianti già esistenti da vendere, comprare e rendere più efficienti. Si è parlato soprattutto di mercato secondario degli impianti a rinnovabili ieri al convegno “Rinnovabili oltre gli incentivi, nuovi scenari di investimento e mercati secondari”, tenutosi nella sede del GSE e organizzato da Solar Dealing, una nuova piattaforma online nata proprio per incrementare il trading sul mercato secondario delle rinnovabili.

Teoricamente, almeno nel residenziale e nel commerciale con autoconsumo – come ha mostrato Francesco De Mango, che per conto del GSE collabora al progetto europeo PV Parityla grid parity in Italia è già stata raggiunta. Ma il mercato del fotovoltaico senza incentivi stenta a ripartire. A frenarlo ha spiegato Alessandro Marangoni, CEO di Althesys, soprattutto i costi burocratici, l’incertezza normativa e il costo del capitale, che arriva a pesare fino al 38% del costo dell’elettricità prodotta (LCOE).

Circa la metà dei 50 miliardi investiti nel fotovoltaico italiano sono asset che saranno oggetto di transazioni nei prossimi 3-5 anni, è la stima di Giovanni Simoni, presidente di Kenergia e co-fondatore di Solar Dealing. Mentre per Fabrizio Barini di Intermonte nel 2013 il mercato secondario del FV italiano sorpasserà per volume quello primario.

Quanto sia vivace il mercato secondario d’altra parte lo mostrano bene i dati del rapporto Irex ricordati da Marangoni: nell’ultimo anno le operazioni di crescita esterna registrate sono aumentate di oltre il 21%, sfiorando i 2,5 miliardi di euro, 1.763 MW di impianti coinvolti. In queste operazioni le acquisizioni hanno pesato per ben 2,1 miliardi, crescendo del 33% anno su anno e si sono triplicate in un quinquennio, con il FV che fa la parte del leone contando per oltre due terzi delle acquisizioni del 2012.

“Dopo il boom siamo di fronte alla ristrutturazione, con un’abbondanza di distressed company e distressed plant, (cioè aziende e impianti in difficoltà economica, ndr)”, ha spiegato il CEO di Althesys.

“Uno dei driver principali per creare valore in questa fase – spiega Luca Zingale, direttore scientifico di Solarexpo-The Innovation Cloud – è il miglioramento dell’efficienza gestionale, con l’operation & maintenance che diviene attività sempre più centrale per molti operatori”. Di lavoro da fare d’altra parte da questo punto di vista ce n’è parecchio, dato che, ricorda Zingale, “nella corsa alle installazioni vissuta in certi periodi, come la finestra concessa con il decreto ‘Salva Alcoa’, si sono realizzati impianti non sempre a regola d’arte che ora mostrano prestazioni inferiori a quelle previste nei business plan”.

Il ruolo dei player finanziari, ha osservato Marangoni, sta evolvendo da investitori puri a ottimizzatori e razionalizzatori del settore. Dunque, anche sul mercato secondario si passa ad un’ottica più industriale e meno finanziaria. Ma chi sono gli investitori che si stanno buttando sul mercato degli impianti esistenti? “Negli ultimi anni è cresciuto molto il ruolo dei fondi pensione e dei fondi sovrani, che cercano investimenti a basso rischio; resta stabile la quota dei fondi specializzati in infrastrutture, mentre cala la quota delle utility”, riporta Alessandro Grandinetti di PricewaterhouseCoopers.

Gli investitori, spiega Grandinetti, mirano a portafogli dai 50 MW in su. In questo senso uno stimolo al mercato secondario italiano potrebbe venire da Solar Dealing, la piattaforma di trading presentata all’evento, nata dall’iniziativa di Kenergia e realizzata con la collaborazione di Althesys e Green Arrow Capital. Il portale si propone infatti di aggregare l’offerta per farla incontrare con la domanda. Diverse le tipologie di transazioni possibili: dall’acquisizione di impianti già in esercizio, all’opportunità di investire in impianti già autorizzati e iscritti nei registri del GSE per gli incentivi del quinto conto energia, fino al rifinanziamento del debito o della quota equity, passando per possibili operazioni di revamping degli impianti e magari al retrofitting con sistemi di accumulo.

L’Italia, ha mostrato Eugenio Tranchino di Watson di Farley & Williams, è il paese più redditizio in quanto mercato secondario degli impianti: un investimento sull’acquisizione di un impianto da noi rende dal 12 al 17% contro il 5-8% della Germania. Anche per il mercato secondario, però, un grosso freno resta l’incertezza normativa, denunciata in diversi interventi, tra cui quello di Umberto Tranchino del fondo di investimento specializzato Antin Solar Investmens, che ha illustrato come paradigma negativo quanto successo in Spagna negli ultimi anni col susseguirsi di provvedimenti penalizzanti e retroattivi.

Insomma, servono una strategia di lungo termine e regole certe anche per attrarre investimenti nel mercato secondario, oltre che, ovviamente, per far ripartire quello primario, che tutti concordano sarà incentrato su piccoli impianti in autoconsumo. A questo riguardo è significativa l’amara testimonianza di Luciano Brandoni, dell’omonima azienda produttrice di moduli: “Brandoni Solare sta lavorando alla produzione di sistemi di accumulo, ma vista la paralisi data dalla mancanza di regole che si sta vivendo in Italia, ci stiamo muovendo per operare su altri mercati, come quello tedesco”.

 

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