La guerra a rinnovabili e autoconsumo spiegata con la bici

  • 7 Giugno 2013

La proposta dell'Autorità per l'energia di far pagare gli oneri di sistema anche sull'energia autoconsumata è una grave minaccia per la generazione distribuita da rinnovabili. Con un esempio molto semplice e un position paper più tecnico Ater spiega perché sarebbe ingiusto e dannoso per il Paese e il sistema energetico.

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La proposta dell’Autorità per l’energia di far pagare gli oneri di sistema anche sull’energia autoconsumata è una minaccia pesante per la generazione distribuita da rinnovabili. Mette a rischio il modo efficiente e sensato di produrre energia da rinnovabili senza bisogno di incentivi: produrla laddove serve, senza passare per la rete. Su queste pagine ne abbiamo parlato ampiamente (vedi qui). Ater, l’associazione dei tecnici delle energie rinnovabili, contribuisce al dibattito con un esempio molto semplice e un position paper più tecnico (allegato in basso), spiegando perchè far pagare gli oneri sull’autoconsumo sarebbe ingiusto e dannoso per il Paese e per il sistema energetico.

È meglio continuare a bruciare gas e carbone di pochi o utilizzare risorse rinnovabili per tutti? Oggi alcuni impianti ad energia rinnovabili non hanno più necessità di incentivi rispetto all’acquisto di energia dalla rete, per la maggior parte proveniente da fonti inquinanti. Tutti felici quindi, perché globalmente si inquina meno e si spende meno. Tutti eccetto quei pochi che hanno investito in grandi centrali inquinanti e che vedono erosa la loro aspettativa di vendita sul mercato del’energia elettrica. Vogliamo raccontarvi i fatti partendo da un esempio, forse un po’ fantasioso, forse provocatorio, ma forse no. Lo deciderete alla fine del ragionamento.

Supponiamo che domattina decidessimo, per risparmiare benzina e per non inquinare, di andare in bicicletta al lavoro perlomeno quando possibile. Supponiamo che questo comportamento virtuoso venisse, nel giro di qualche tempo, adottato da una parte sempre più grande di cittadini che lasciando parcheggiata la propria auto, o anche riducendo la richiesta di mezzi pubblici, eviteranno globalmente di consumare carburante e soprattutto di inquinare in atmosfera.

Sarebbe molto bello. E’ il Protocollo di Kyoto che chiede dal 1997, a noi paesi industrializzati, di ridurre le emissioni climalteranti responsabili dei cambiamenti climatici. E’ la stessa Europa d’altronde che ce lo impone con le Direttive e le relative sanzioni in caso di non raggiungimento delle quote di emissione massime prefissate. Siamo, del resto, noi cittadini che abbiamo fatto una scelta chiara e decisa verso le fonti rinnovabili con un NO secco al nucleare in favore di una generazione sempre più verde, libera, distribuita sul territorio a misura di utenza.

Tutti contenti quindi, o meglio quasi tutti. Ovviamente quei pochi che traevano legittimamente profitto dalla vendita del carburante vedono erosa una parte di entrate, e probabilmente dovranno scontare un allungamento nei tempi di ritorno sull’investimento fatto. Ma fin qua nulla di strano, capita e deve succedere sul libero mercato. Supponiamo quindi che a questo punto, per compensare questi mancati guadagni causati dai ciclisti ecologici venga alzato il prezzo di vendita del carburante a scapito degli utilizzatori tradizionali. E anche questo ci sta, è regola di buon senso oltre che applicazione del principio comunitario secondo chi più inquina più deve pagare.

Cosa succederebbe se, invece, queste mancate vendite di carburante venissero risarcite dai veri diretti responsabili, ovvero i virtuosi ambientalisti su due ruote? E paradossalmente con una tassa proporzionale ai chilometri verdi percorsi, ovvero ai consumi evitati? E questo solo per l’incapacità di un sistema diventato obsoleto e troppo lento per rispondere alle nuove impellenti dinamiche ambientali ed economiche.

E’ una storia surreale? Un’iperbole di fantasia? Bene. Vediamo cosa sta accadendo oggi nella realtà. L’AEEG, l’Autorità di garanzia del mercato dell’energia italiano, sta affermando da qualche mese in maniera sempre meno vaga, che il dispositivo di gestione del sistema elettrico nazionale è oggi troppo a favore delle rinnovabili. Una legittima valutazione. Ma va curiosamente oltre il suo ruolo nel momento in cui fornisce al legislatore suggerimenti non richiesti per modificare le regole, affinché i costi di mantenimento e sviluppo della rete e del sistema elettrico globale (in massima parte costituito da centrali alimentati da fonte fossile) non siano più ripartiti in base ai prelievi di elettricità dalla rete, ma anche sui consumi di tutti coloro che si autoproducono l’energia di cui hanno bisogno con un proprio impianto ad energia rinnovabile.

Un’idea singolare, ma le cui implicazioni sarebbero spaventose. Si tratterebbe di una tassa mascherata e retroattiva per tutti coloro che virtuosamente hanno investito i propri soldi in impianti a fonti rinnovabili per i propri autoconsumi (dal piccolo impianto familiare al grande impianto industriale) e che vedono cancellato con un colpo di spugna l’atteso e sacrosanto ritorno economico. Un atto che avrebbe la facoltà di minare l’essenza stessa della tanto auspicata, generazione distribuita, sostenibile e democratica, libera e alla portata di tutti.

ATER, Associazione Tecnici Energie Rinnovabili

Il position paper di Ater in cui si spiega la questione nel dettaglio (pdf)

 

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credit photo: Don Grimberg via flickr

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