Soluzione italiana per la produzione di energia dalle onde

CATEGORIE:

Michele Grassi, pisano di 43 anni, ha realizzato nel 2005 un generatore in grado di trasformare in elettricità il moto delle onde marine, restando completamente immerso, quindi invisibile e al riparo dalle tempeste. Dopo otto anni l’idea è ora un prodotto. Il protipo verrà installato in Toscana ed è pronto per entrare in produzione. In Italia?

ADV
image_pdfimage_print

Come si sa l’eolico in Italia spesso non è molto ben accetto, soprattutto per motivi paesaggistici. Ma c’è un’altra forma di energia rinnovabile derivata indirettamente dal vento, ampiamente sfruttabile e con un impatto ambientale e paesaggistico praticamente nullo, che potrebbe aprire la strada ad un’industria nazionale veramente pionieristica, unica al mondo. E’ la strada percorsa da Michele Grassi, pisano di 43 anni, laureatosi in matematica alla Normale, che nel 2005 ebbe un’idea: un generatore in grado di trasformare in elettricità il moto delle onde marine, restando completamente immerso, quindi invisibile e al riparo dalle tempeste. In otto anni Grassi è riuscito a trasformare l’idea in un prodotto e adesso il primo esemplare commerciale del dispositivo, acquistato da Enel Green Power, verrà installato in Toscana.

Dottor Grassi ci racconta il suo percorso di inventore?

Dopo aver rimuginato sull’idea per due anni, l’ho brevettata e nel 2007 ho fondato la società 40South Energy a Pisa, creando nel 2008 anche la società principale del gruppo in Gran Bretagna perché quello è il paese dove il potenziale di mercato e le politiche di incentivo al settore sono più significativi. Attualmente l’attività è suddivisa fra la controllante inglese e la controllata italiana. Nel 2010 abbiamo varato a punta Righini, vicino a Castiglioncello, presso Livorno, un primo prototipo del nostro dispositivo, il D100, da 100 kW, una macchina non connessa alla rete, che ci ha consentito di compiere tutti i test sui vari componenti. Nel 2011 abbiamo realizzato un secondo prototipo, la Y25T, un modello perfezionato, più facile da installare e dopo questo, visti gli ottimi risultati, l’attuale R115, il nostro primo modello commerciale, da 150 kW di potenza.

Voi non siete i primi ad aver tentato di sfruttare le onde marine, ma finora i tentativi sono falliti, per problemi finanziari, ma anche tecnici, in particolare la difficoltà di far resistere i dispositivi alla violenza del mare in tempesta. Perché il vostro tentativo dovrebbe avere più successo?

Beh, la grossa differenza è che noi non usiamo la forza motrice dell’onda sulla superficie del mare, ma la sua propagazione lungo la colonna d’acqua. In altre parole il nostro dispositivo è completamente immerso e riesce a sopravvivere in qualunque condizione di mare, anche durante le tempeste più violente. Ne abbiamo affrontate diverse, durante il periodo dei test, e non abbiamo subito alcun danno.

Ma come si fa a sfruttare le onde ‘da sotto’?

Il nostro dispositivo è costituito di due parti, una posta poco sotto il pelo dell’acqua, connessa con lunghe braccia telescopiche mobili alla seconda, che è sistemata molto più in basso ed è ancorata al fondo. La parte superiore subisce l’influenza del moto delle onde e si sposta avanti e indietro, su e giù, per seguirle, un po’ come fanno le alghe sotto il pelo dell’acqua. Questo movimento viene trasmesso ai pistoni nelle braccia che, a loro volta, con un sistema di cui non posso dare molti dettagli per ragioni di riservatezza, mettono in azione il generatore elettrico, contenuto nella parte superiore. Un video illustra bene il suo funzionamento

Ma se il mare si ingrossa, raggiunge la parte superiore e può danneggiarla …

È qui la grande idea: come dicevo prima, il nostro dispositivo sale o scende nella colonna d’acqua automaticamente con il variare dell’altezza delle onde, restando sempre alla stessa distanza sotto al ventre delle onde. Così non solo resta al sicuro e produce con tutte le condizioni di mare, ma riceve sempre la stessa spinta dalle onde, per quanto alte esse siano. Ciò conferisce un grande vantaggio: il nostro dispositivo è stato progettato per carichi costanti, non per il carico massimo immaginabile, come una turbina eolica che è costruita per resistere a venti fortissimi, che magari si verificano solo una volta l’anno. Questo lo rende particolarmente economico.

E a che profondità può essere messo?

La minima è 50 metri, con la parte ancorata posta a circa 25 metri di profondità. La massima non ha limiti, anche se, ovviamente, più si va giù e più l’ancoraggio è costoso. Questo vuol dire che nei mari italiani, che quasi sempre vanno giù velocemente, spesso il nostro dispositivo può essere installato a poche centinaia di metri dalla costa riducendo drasticamente il costo del cavo di connessione alla rete.

Ma non avete problemi di corrosione e fouling, cioè infestazione da parte di alghe e animali marini?

No, non oltre quanto già previsto e che può essere contrastato con una manutenzione ogni 5 anni, sui 20 di vita previsti. Tenete conto che la corrosione è più grave quando il dispositivo entra ed esce dall’acqua, molto meno se è sempre immerso. Inoltre gli animali infestanti non possono attaccarsi alla parte profonda del dispositivo, che sta troppo in basso per molti di loro. Infine la manutenzione è molto semplice, si tratta di rimuovere e sostituire sul sito solamente quei componenti, che chiamiamo TEP, che contengono le parti elettroniche.

Però è un po’ strana la scelta di impiantare una macchina a onde nel Mediterraneo, un mare notoriamente molto poco “ondoso” . Non era meglio testarla nel Mare del Nord o sull’Atlantico?

Beh, prima di tutto la nostra società italiana è basata a Pisa e questo è il mare più a portata di mano … Secondariamente, essendo il dispositivo sempre al riparo sotto le onde, la loro frequenza e violenza è ininfluente sui test: potevano essere fatti ovunque. Certo, la produzione nei nostri mari è inferiore a quella possibile a nord, tuttavia i test mostrano nel Mediterraneo un capacity factor del 20%, quindi simile a quello medio del vento in Italia e molto superiore a quello del fotovoltaico, che nel nostro paese è il nostro vero concorrente. I test fatti alle Isole Scilly, davanti alla Cornovaglia, hanno già mostrato capacity factor molto, molto superiori, vicini al doppio, il che rende questo dispositivo estremamente concorrenziale con l’eolico, oltre che con la maggior parte delle altre fonti elettriche, in quelle zone.

Contate quindi di venderli ovunque …

Esatto. Il primo R115, che stiamo ora mettendo a punto a Castiglioncello, è stato acquistato da Enel Green Power e a metà giugno lo installeremo per loro conto 600 metri al largo di Marciana, all’isola d’Elba. L’Elba è collegata alla rete nazionale, e quindi questo non cambierà molto la situazione energetica dell’isola. La vera rivoluzione la faremo partire se, come speriamo, metteremo altri R115 vicino a Capraia e Gorgona, isole non connesse alla rete, che si alimentano con costosissimi generatori diesel: per loro il nostro dispositivo costituirà un risparmio e una riduzione dell’inquinamento. Dimostrato con loro la convenienza della nostra soluzione, in seguito ogni altra piccola isola italiana sarà nostro possibile cliente. Intanto, però ci diamo da fare anche fuori d’Italia: a Scilly installeremo tre R115, acquistate da gruppi di investitori locali. Sono convinto che la Gran Bretagna che fra le energie rinnovabili è ricca solo di vento e onde, diventerà il nostro più importante cliente. Ma abbiamo contatti anche con le Maldive, con il Giappone e con altri luoghi adatti alla produzione da onde, che vogliono convertire alle rinnovabili il loro sistema energetico.

L’energia da onde è incentivata in Italia?

Sì, e anche bene, con 30 eurocent al kWh, anche se non credo che qualcuno ne abbia mai approfittato, finora… Nel caso di Gorgona, che è un’isola-carcere, dove la tariffa di 30 centesimi non è disponibile, ci siamo comunque offerti di costruire l’impianto a spese nostre, oltre a riparare il locale impianto fotovoltaico inattivo da anni, e riprendere l’investimento fatto, semplicemente fornendo elettricità a prezzi molto più bassi dei 400 euro/MWh che pagano oggi con la generazione a gasolio. Aspettiamo ancora una risposta dall’amministrazione del carcere.

Ma pensate di restare solo nelle potenze medio-piccole?

Assolutamente no! Stiamo progettando un modello da 2 MW, che andrà ad “aggredire” il mercato dei grandi impianti, quello che interessa le utilities.

Il modello da 150 kW è già bello grande, con la parte inferiore lunga una trentina di metri. Quello da 2 MW sarà immenso, e costerà un occhio.

No, qui si lavora con un mezzo liquido in movimento, non con il vento: basta aumentare di poco le dimensioni nel sistema di raccolta dell’energia per avere grandi salti in avanti della potenza. La macchina di 2 MW avrà la parte immersa non più lunga di 50 metri, meno della metà dell’altezza di una grande turbina eolica. E anche il costo sarà concorrenziale. Mentre la R115 da 150 kW costa 375.000 euro + Iva, contiamo di mantenere il prezzo della macchina da 2 MW intorno ai 4 milioni di euro, cioè metà del range medio dell’eolico offshore, e con il vantaggio di creare impianti invisibili, vicini alle coste, che richiedono meno manutenzione e sono molto più produttivi.

Una delle cose che più mi ha sorpreso della vostra storia, è che siete riusciti a fare tutto in Italia, proprio nel periodo in cui si alzano grandi lamenti per la crisi economica, l’ottusità della burocrazia, le restrizioni al credito e incapacità del nostro sistema economico di promuovere l’innovazione …

In realtà il progetto è stato sviluppato in parallelo in Inghilterra e in Italia. Anche in Italia noi non abbiamo incontrato difficoltà insormontabili, sebbene il generale scarso interesse dei soggetti pubblici e l’inerzia della burocrazia, assenti in Inghilterra, siano spesso fonte di frustrazione. Non abbiamo incontrato particolari difficoltà da parte degli organi preposti alle autorizzazioni, anche se sono un po’ troppi, soprattutto l’Ente Parco dell’Arcipelago toscano si è rivelato molto interessato all’idea di un sistema di produzione elettrica pulito e senza impatto visivo. Abbiamo ottenuto finanziamenti sia da privati italiani e stranieri, fondi di investimento, una banca italiana, il Monte dei Paschi, e anche qualche soldo dalla Regione Toscana. Quindi, per quanto riguarda questi aspetti possiamo dire che presentando le idee giuste, in modo convincente e con entusiasmo, anche in Italia un progetto come il nostro può andare avanti. I veri problemi, piuttosto sembrano cominciare adesso. Sebbene la nostra rosa di fornitori spazi dalla Finlandia alla Cina, per la parte di meccanica di precisione produciamo prevalentemente in Italia. Ma fare manifattura in questo paese, fra tasse e contributi pesantissimi e autorizzazioni di ogni tipo per poter lavorare, è diventato veramente difficile.

Volete dire che ora che state arrivando al momento della produzione e che quindi state per creare un’industria innovativa e di enormi prospettive nel nostro paese, il sistema vi spinge fuori?

Noi vorremmo assolutamente restare in Italia per la parte meccanica delle nostre macchine, portando lavoro e reddito, oltre al prestigio che conferisce un’idea così rivoluzionaria, al nostro paese. Ma la nostra impresa dovrà competere in un difficilissimo settore del mercato globale, dove, sicuramente, appena la notizia delle nostre prime vendite si diffonderà, cominceranno ad apparire imitatori basati in nazioni dove lavorare è molto più semplice, assistito dallo Stato ed economico. Se continua così, purtroppo, a produrre in Italia con questi costi e difficoltà, non ce la facciamo e ci toccherà  de localizzare, e sarebbe un vero peccato.

ADV
×