Romania, paese di Bengodi delle rinnovabili che stenta a decollare

Il sistema incentivante per le rinnovabili elettriche in Romania permetterebbe oggi di avere tassi di rendimento come nessun altro investimento in Europa, soprattutto nel settore del fotovoltaico. Ma a fronte di molti impianti autorizzati quelli connessi sono pochi. Quali le cause? Un inizio che ricorda quello dei primi conti energia in Italia.

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Il tema Romania è diventato ormai il tormentone dell’anno, come se fossimo ritornati agli anni del secondo conto energia in Italia. In effetti il sistema incentivante romeno permette di avere tassi di rendimento che nessun altro investimento in Europa ha in questo momento. Tuttavia, come dichiarato dal ministro dell’energia romeno già alla fine del 2012, “non pensate che la Romania sia la terra dell’oro.” Ed invero, sebbene il paese sia ricco di materie prime, l’oro da molti operanti nel settore delle rinnovabili non è stato trovato.

Per comprendere le cause che sono alla base di questo fenomeno è necessario analizzare nel dettaglio il paese. La legge 220/2008 definisce il sistema incentivante della Romania attribuendo un numero di certificati verdi variabili a seconda della tecnologia (ad esempio 2 CV per l’eolico e ben 6 CV per il fotovoltaico).

L’energia solare è stata quindi molto incentivata con tale schema che permette di avere per ogni MWh 6 certificati verdi, ognuno di un valore variabile tra 27 e 55 euro, oltre alla vendita dell’energia elettrica, riconosciuto per 15 anni.
Il prezzo del certificato lo determina direttamente il mercato attraverso l’incrocio tra domanda e offerta, come se si trattasse di vere e proprie azioni, sebbene siano fissati un prezzo massimo e un prezzo minimo oltre i quali il certificato non può essere venduto.

Considerando un irraggiamento medio di 1.200 kWh/kWp/anno, la redditività dell’impianto può dunque variare, solo per la vendita dei certificati verdi, da 396.000 €/MWp/anno a 195.000 €/MWp/anno per 15 anni.
Con queste cifre e considerando che il prezzo del certificato verde è tuttora al massimo, ci si potrebbe aspettare uno sviluppo senza pari. Tuttavia sino ad oggi, a fronte di oltre 2,5 GW di autorizzazioni nel fotovoltaico, si sono connessi solo 100 MWp.

Le cause di questa brusca frenata sono molteplici: sicuramente le varie conferenze stampa, nelle quali il ministro dell’energia e dell’economia, nonchè l’ANRE (l’Autorità per l’Energia romena), annunciavano una drastica riduzione dei certificati verdi, non hanno creato un clima di sicurezza e stabilità per gli investitori esteri.

Inoltre, a causa della crisi economica e della poca conoscenza della tecnologia, le banche locali si sono dimostrate restie nel concedere prestiti, tanto da costringere molti investitori/EPC a costruire interamente con capitali propri nella speranza di un un rifinanziamento al momento dell’allaccio.

Per di più, sebbene il numero di autorizzazioni risulti elevato, quelle realmente cantierabili e prive di problematiche sono di fatto poche. Per coloro che riescono a superare gli ostacoli dell’autorizzazione e del finanziamento, si presentano poi ulteriori problematiche in fase di costruzione dell’impianto. In primo luogo occorre considerare il problema dei furti, che in alcune zone della Romania si presenta particolarmente critico. Inoltre, è da sottolineare come in questo paese non esistano degli studi accurati per problemi idrogeologici e sismici che in alcune zone hanno causato enormi disastri e spesso le relazioni geotecniche, allegate al progetto, non sono loro stesse in grado di rilevare tale problema.

Infine rimane il problema della connessione alla rete: l’autorizzazione è slegata rispetto a quella per la costruzione dell’impianto e viene fatta successivamente ad essa, con tempistiche che possono essere variabili e con difficoltà a volte notevoli. Senza considerare inoltre che per legge la società di distribuzione ha la possibilità di bloccare l’accesso alla rete per un periodo non determinato senza riconoscere alcun indennizzo.

Costruire impianti a fonti rinnovabili in Romania non è impossibile ma per farlo bisogna essere molto preparati e coscienti di ogni problema locale. Non dimentichiamoci che anche in Italia con il primo conto energia si sono installati solo 163 MWp e che il vero sviluppo anche all’interno del nostro paese è avvenuto successivamente.

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