Le strade del fotovoltaico oltre il conto energia

La grid parity con autoconsumo in alcune situazioni c'è già, ma non è facile far incrociare domanda e offerta. Anche nella vendita diretta la competitività è a portata di mano, ma c'è l'incognita del confronto con le dinamiche del mercato elettrico. In entrambi i casi c'è poi il problema dell'accesso al credito. Come se la caverà il fotovoltaico italiano senza incentivi? Ne parliamo con Andrea Marchisio di eLeMeNS.

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Il quinto conto energia è ormai agli sgoccioli, mancano meno di 100 milioni di euro al raggiungimento della soglia dei 6,7 miliardi di spesa annua, che precederà di un mese la fine degli incentivi. Le detrazioni fiscali del 50%, utilizzabili unicamente per i piccoli impianti residenziali, sono confermate solo fino al 30 giugno, dopo di che torneranno al 36%. Insomma il fotovoltaico italiano sta per entrare a tutti gli effetti nell’era post-incentivi. E’ pronto per farlo? Cosa succederà? Lo abbiamo chiesto ad Andrea Marchisio, analista che si occupa di questo tema presso la società di consulenza eLeMeNs.

Dottor Marchisio, che prospettive ha il fotovoltaico italiano oltre il quinto conto energia? Il settore riuscirà a reggersi sulle proprie gambe o i tempi non sono ancora maturi?

Si apre un mondo nuovo. Difficile prevedere come sarà, perché diversi elementi sono ancora non definiti. Quanto al reggersi sulle proprie gambe, noi distinguiamo tra grid parity, raggiunta a monte della rete, quando installare un impianto conviene rispetto ad acquistare tutta l’energia dalla rete, e market parity, raggiunta quando il FV sarà competitivo sul mercato elettrico confrontandosi con le altre fonti. Siamo vicini alla grid parity, mentre la market parity è un po’ più lontana.

In quali contesti si raggiungerà prima la grid parity e, dunque, si potrà fare FV senza incentivi?

Ovviamente le zone dove si raggiungerà prima saranno quelle assolate, ma la chiave sarà individuare il consumatore che può trarre più vantaggio dal fotovoltaico, dunque coloro possano autoconsumare il più possibile. A questo punto bisognerebbe distinguere se parliamo di autoconsumo in loco, oppure di modelli che potrebbero allargare la platea, come i sistemi efficienti di utenza (SEU, ndr). Qui però incombe un rischio regolatorio. La risoluzione del nodo SEU e reti private è una determinante; occorrerà attendere sviluppi regolativi che però per ora non si vedono. Siamo ancora in un limbo. Oltre che essere un tema regolatorio questo è un tema di politica energetica: con queste norme si decide del tipo di sistema energetico che si vuole.

Certo. SEU a parte, come e in che casi si può fare fotovoltaico senza incentivi adesso?

Costo di generazione da fotovoltaico e sua differenza con l’energia acquistata, gravata da oneri di sistema, in teoria permetterebbero già di fare impianti in grid parity in alcune situazioni. Anche perché l’aspettativa è che gli oneri di sistema aumentino e dunque l’energia dalla rete costi sempre di più. Il problema è incrociare domanda e offerta: trovare i consumatori giusti. Bisogna far conoscere i vantaggi potenziali e creare piattaforme che mettano in contatto i potenziali clienti tra loro e con gli operatori. Ad esempio, già adesso esistono consorzi che acquisterebbero energia verde, ma sono ostacolati dalla lontananza dagli impianti. In linea generale il consumatore ideale deve essere disponibile a ragionare su quella che è una sorta di assicurazione sul costo dell’energia e deve avere in programma di consumare una quota rilevante dell’energia prodotta per un periodo ragionevolmente lungo, sui 10 anni. Almeno in questa fase, in cui il mercato degli accumuli non è ancora maturo, occorre cercare attività, commerciali o industriali, con profili di consumo il più aderenti possibile alla produzione del FV. Alla difficoltà nel trovare i consumatori ideali poi si deve aggiungere quella nell’accesso al credito, viste le circostanze economiche attuali cui si somma il fatto che le banche ancora non hanno familiarità con questi nuovi modelli di investimento.

Ha accennato agli accumuli. Manca ancora molto tempo prima che il loro impiego diventi economicamente vantaggioso abbinato al fotovoltaico?

Il mondo degli accumuli è ancora in fase di sviluppo. Non la vedo come un’opzione concretizzabile nel brevissimo periodo, anche se l’evoluzione di queste tecnologie in altri settori ha mostrato curve d’apprendimento molto ripide. Nel sistema elettrico il ruolo di frontrunner lo svolgeranno i gestori di rete e i loro progetti saranno una cartina di tornasole anche per i produttori. Sicuramente la penetrazione delle rinnovabili, spingendo il prezzo in basso in certe fasce orarie, crea sempre di più uno stimolo ad effettuare time-shifting, per immettere l’energia in rete nei momenti in cui rende di più. Come pure una spinta a dotarsi di sistemi di accumulo è la necessità di inseguire profili di consumo che temporalmente non coincidono con la campana della produzione fotovoltaica. Altro incentivo implicito all’adozione degli accumuli potrebbe essere uno sviluppo regolatorio che permetta agli impianti a rinnovabili di offrire servizi di rete. Gli incentivi impliciti dunque ci sono, tutto dipenderà dall’andamento della curva di prezzo di questa tecnologia, ma non si parla di breve periodo. Per quel che riguarda eventuali incentivi espliciti, che accelerebbero il tutto, ovviamente dipende dalla volontà politica. La Germania lo sta facendo, ma la situazione da noi è diversa.

Abbiamo parlato di grid parity, scoprendo che il problema più grosso è trovare il cliente giusto. Come è invece la situazione nell’ambito della market parity, ossia per operatori che vogliano realizzare grandi parchi per vendere tutta l’energia sul mercato?

Si stanno già affacciando sul mercato italiano operatori interessati a realizzare impianti in market parity. Alcuni soggetti probabilmente sono già in grado di ottenere efficienze, in quanto a costi, tali da permettere di pensarci. In questo caso però bisogna confrontarsi non solo con il costo di generazione ma anche con le dinamiche del mercato elettrico: la convenienza dipende dalle aspettative sui prezzi di mercato dell’elettricità. E il fotovoltaico non può confrontarsi con i prezzi medi: si deve invece ragionare in termini di ricavi medi, ossia sulla parte di domanda che il FV riesce ad intercettare con la sua curva di produzione. Anche in market parity è dunque cruciale individuare una controparte, ossia: il mercato deve avere certe caratteristiche in termini di domanda. E’ un modello ancora da esplorare. Gli istituti di credito non sanno ancora quantificare bene il rischio di un investimento del genere: da un rischio normativo che si aveva con il FV incentivato si passa ad un rischio di mercato, per gestire il quale bisogna essere bravi a leggere i segnali di domanda e offerta. Detto questo, sappiamo che c’è chi sta già pensando concretamente a fare impianti in market parity: appena i primi partiranno, indicando la strada, assisteremo ad uno sviluppo crescente di questo tipo di installazioni.

Non abbiamo parlato del mercato del residenziale. Finito il conto energia ed esaurita anche la spinta delle detrazioni fiscali del 50%, confermate solo fino a giugno, assisteremo a un crollo in questo segmento?

No, dobbiamo comunque considerare che il mercato residenziale è guidato anche da driver diversi, ad esempio la percezione della qualità ambientale dell’energia. Soprattutto dopo questi anni che hanno visto il FV diventare un elemento comune, tra i consumatori si è diffusa una certa sensibilità: questo secondo me permetterà al mercato del residenziale di vivere anche senza incentivi e con minore convenienza economica. Ovviamente, anche vista la fase economica recessiva che impatta sui bilanci delle famiglie, bisognerà verificare se ci saranno le opportunità economiche per garantire uno sviluppo senza investimenti eccessivamente elevati.

Alla luce di quanto detto, possiamo azzardare una stima sul volume del mercato italiano del FV nell’era post incentivi?

La previsione è difficile, dato che, come abbiamo visto ci sono ancora molti elementi non definiti. Oltre all’incertezza normativa, che impedisce lo sviluppo di modelli di business come i SEU, molto dipenderà dalla domanda: ad esempio va detto che le regioni meridionali, dove la grid parity è più a portata di mano, sono anche quelle che stanno soffrendo di più economicamente. Centrale per lo sviluppo del settore è poi un cambio di mentalità degli operatori, al fine di adattarsi alla nuova realtà. Infine c’è il tema delle difficoltà di finanziamento e bancabilità delle iniziative in market o grid parity: ritengo sia un punto critico da risolvere, altrimenti l’intero sviluppo della grid parity rischia di essere compromesso. Detto questo, se in linea di massima considero verosimile quanto indicato nella Strategia Energetica Nazionale, ossia che avremo un mercato da circa 1 GW l’anno, credo che almeno per il primo anno rimarremo sotto a questo valore, per poi tornare a crescere negli anni successivi.

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