Appunti dalla COP 18 di Doha (3)

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Un piccolo spiraglio per due proposte convergenti che vengono dal Brasile e dalle piccole isole, le nazioni più a rischio per il riscaldamento globale: anticipare prima del 2015 gli strumenti in grado di colmare quel gap di 8-13 Gton di CO2 necessari per rendere la temperatura sostenibile. E poi l'approccio bipartisan dei tedeschi alla green economy. Il diario di Francesco Ferrante dalla COP 18.

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Eppur si muove. Sotto l’apparente superficie di una trattativa che sembra in stallo, forse si apre uno spiraglio per due proposte convergenti che vengono dal Brasile (quindi da uno dei leader degli emergenti) e da Aosis (il gruppo delle piccole isole, i più a rischio). Due, com’è noto, sono le trattative parallele ed entrambe a rischio. Una su Kyoto 2 che dovrebbe entrare in vigore tra meno di un mese e l’altra sull’accordo globale che entro il 2015 dovrebbe estendersi a tutto il mondo per entrare in vigore nel 2020.

Ma su tutto incombe il gap drammatico tra allarme degli scienziati e politiche concrete. I primi ci dicono che se vogliamo tenere l’aumento di temperatura entro limiti sostenibili non dobbiamo superate le 44 Gton (milioni di tonnellate) di emissioni di gas di serra nel 2020, ma gli impegni finora presi dai vari Paesi portano a una previsione di emissioni che si aggira tra  52 e 57 Gton: ecco il gap di 8-13 milioni di tonnellate che va assolutamente ridotto se vogliamo evitare la catastrofe, ci dice IPCC.

E qui arrivano le proposte di Brasile e Aosis: in due anni di tempo (cioè ancora prima del 2015) individuiamo gli strumenti per colmare quel gap. Ban Ki Moon sembra prenderli sul serio quando inizia a parlare di un grande vertice di Capi di Stato e di Governo da tenersi nel 2014. Come si vede nulla di rivoluzionario, ma qualcosa più della morta gora in cui sembrava arenato il negoziato. Vedremo nelle prossime ore come finirà.

E in questo quadro ci sono due buone notizie “italiane”. La prima è che il nostro Governo stavolta è dalla parte giusta, quell’Europa più avanzata che si sarebbe volentieri presentata qui con il 30% di riduzioni delle emissioni sul piatto della trattativa se solo la Polonia non avesse messo il veto, e che adesso spinge per una più rapida individuazione di strumenti globali per colmare il gap, oltre a essere impegnata per la firma del Kyoto 2. La seconda  – ma su questo i media italiani hanno ampi resoconti – ė che sull’adattamento si è passati finalmente dalla fase dei pur ottimi e interessanti convegni scientifici alla concretezza di una delibera CIPE sul dissesto idrogeologico.

P. S. Incontro con la delegazione parlamentare tedesca: una della sinistra del Link (presidente della commissione ambiente del Bundestag), un socialdemocratico, un liberale, un cristiano democratico. Che invidia! Nelle differenze politiche che non nascondevano, parlavano con una voce comune su rinnovabili, efficienza, no al nucleare definitivo, ruolo dell’Europa e lotta ai cambiamenti climatici. Si vedeva che rappresentavano un “sistema”. E il cristiano democratico ci ha tenuto a sottolineare che loro spendono 20 (miliardi) di euro in incentivi alle rinnovabili e non se ne lamentano. Venti è più del doppio di quanto spendiamo noi e, considerando che il mercato elettrico tedesco è due volte il nostro, gli impegni si possono considerare equivalenti. Quante sciocchezze sui nostri media! E quante scempiaggini dal ministro Passera sull’argomento! 

Le precedenti puntate del diario:

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