Appunti dalla COP 18 di Doha (2)

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Combattere il global warming vuol dire liberarsi dalla dipendenza dal petrolio: un'opportunità per noi, un problema per il mondo arabo. Ecco perché una conferenza sui cambiamenti climatici organizzata a Doha presieduta dall'Emiro del Quatar ha possibilità ancora più ridotte di riuscita. Un commento di Francesco Ferrante dalla COP 18.

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In una giornata in cui poco di concreto succede al Centro Congressi e sono pochi o nulli i passi avanti nella trattativa,  mentre la deadline di venerdì si avvicina pericolosamente, forse è più utile per i lettori di questi miei ‘appunti quatarini’ che io racconti l’incontro avuto con i ricercatori del Centro Studi di Al Jazeera, probabilmente il più autorevole think tank del mondo arabo, e con il loro Direttore, Sahel Eddin Elzein.

Nella discussione che inevitabilmente verteva su “primavera araba”, Siria, Israele e Palestina, il futuro dell’Iran, abbiamo affrontato il tema del nesso fra cambiamento climatico e assetto politico. Ho trovato interlocutori assai attenti alla questione per cui le trattative internazionali sul climate change si trascinano inevitabilmente anche quella di riduzione della richiesta delle fonti fossili. Fossili che sono quelli su cui si basa la ricchezza dei Paesi di questa regione. E in particolare del Qatar che diventa sempre più pivot dell’intera area e che anzi sempre di più viene a prendersi gioielli – dal calcio, alla moda, alla finanza – europei.

I ricercatori di Al Jazeera sono assai consapevoli del problema (per loro, e opportunità da perseguire per noi) e della vera e propria rivoluzione che sta consentendo l’innovazione tecnologica che si sta dimostrando in maniera eclatante dalla ormai quasi raggiunta indipendenza energetica degli Stati Uniti. Pensano anche, da queste parti, che grazie ai Paesi emergenti, e in particolare alla Cina e all’India, i Paesi produttori di petrolio abbiano ancora parecchio tempo davanti a loro. E vogliono sfruttarlo per diversificare.

Sembra allora evidente, per converso, che a noi – fino adesso importatori – conviene invece accelerare, sostenerla quella innovazione e fare di tutto per marciare verso una società fossil free. È questa la competizione virtuosa che ci aspetta e forse questo aiuta a spiegare perché una conferenza sui cambiamenti climatici organizzata a Doha presieduta dall’Emiro del Quatar ha possibilità ancora più ridotte di riuscita. Oggi d’altronde era davvero irritante misurare la distanza fra il video mostrato alla cerimonia di apertura, che sarebbe stato ottimo se prodotto da Wwf a fini educativi, e la distanza da risultati concreti sul piano della trattativa. 

(Qui la prima puntata del diario da Doha di Francesco Ferrante)

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