Passera in Cina e la guerra commerciale del fotovoltaico

A margine della visita del ministro dello Sviluppo economico Corrado Passera a Pechino, conclusasi ieri, si riaccende il dibattito sulla guerra commerciale del fotovoltaico con la Cina.

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Si riaccende il dibattito sulla guerra commerciale del fotovoltaico con la Cina a margine della visita del ministro dello Sviluppo economico Corrado Passera a Pechino, conclusasi ieri.

“Ho riscontrato uno spazio davvero enorme per la crescita degli scambi tra Cina e Italia, non solo nei campi tradizionali, ma anche in settori come energie e green economy”, ha dichiarato il ministro, precisando che “si registra un crescente interesse cinese verso i comparti a elevato valore aggiunto come la tecnologia ambientale e le energie rinnovabili” e ha annunciato che l’obiettivo del Governo è “rendere la Cina il primo partner commerciale italiano“, grazie a un interscambio che ha ormai raggiunto i 50 miliardi di dollari all’anno.

Parole che sono piaciute all’Alleanza per il solare accessibile (Afase), coalizione di industrie del fotovoltaico contrarie alle barriere doganali. “La visita si svolge in un momento caratterizzato da crescenti tensioni commerciali tra la Cina e l’Europa, con reciproche indagini su presunti regimi di dumping e sovvenzioni nel settore del solare” (Qualenergia.it, Anti-dumping sul fotovoltaico cinese, via ad altra indagine UE), ha ricordato il managing director di Yingli Green Energy Italia e portavoce di Afase, Fabio Patti, secondo il quale si deve trovare “una soluzione fondata sul dialogo, in linea con quanto il Governo tedesco ha già sollecitato”. Eventuali tariffe punitive imposte dalla UE sui prodotti solari cinesi, ha sottolineato Patti, avrebbero un impatto negativo sull’occupazione (in Italia lavorano nel settore 55.000 persone), “poiché la catena del valore dell’industria FV è globale”. Inoltre, “le tariffe farebbero salire i prezzi e perciò comprometterebbero il raggiungimento della grid parity in Italia”.

Puntuale la reazione del Comitato Ifi, che per bocca del presidente Alessandro Cremonesi si è appellato al ministro Passera per chiedere che “nel caso in cui siano confermate le pratiche scorrette del mercato, non ci sia nessuna mediazione per i responsabili di tali comportamenti illeciti”. Qualora la Commissione UE dovesse confermare l’esistenza di pratiche illegittime da parte dei produttori/importatori cinesi, rileva inoltre Cremonesi in una nota, “è falso e demagogico affermare che oggi siano a rischio oltre 30.000 posti di lavoro in Europa (si veda qui, ndr). Ed è altresì inaccettabile farsi scudo dei lavoratori per tutelare interessi di business personalistici”.

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