Obama vs Romney, le posizioni sull’energia

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Nell'ultimo dibattito nessun riferimento da parte dei due contendenti al problema dei cambiamenti climatici. Se Obama, al contrario di Romney, è un grande sostenitore delle rinnovabili, il secondo è decisamente più amico dei petrolieri, ma su molti argomenti come nucleare e carbone le posizioni dei due sono simili.

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“Not true, Governor Romney, it’s just not true”. Così Obama a un’affermazione del suo avversario politico che lo accusava di aver ridotto la produzione di carbone e le licenze per la produzione di petrolio in territorio americano nel corso del secondo dibattito pubblico per la corsa alla Casa Bianca. Salgono quindi i toni dello scontro quando si parla di energia. Vediamo allora di capire se ci sono e quali sono le differenze nelle politiche energetiche dei due candidati (vedi anche Qualenergia.it, Presidenziali USA: la politica energetica dei due candidati).

Prima di entrare nello specifico si deve però, e purtroppo, notare come nell’arco dei circa 10 minuti dell’ultimo dibattito (svoltosi il 16 Ottobre scorso, NdR) in cui si è parlato di energia non vi sia stato alcun riferimento da parte dei due contendenti al problema dei cambiamenti climatici. Non resta che attendere e sperare che dell’argomento si parli nel corso del terzo ed ultimo dibattito.

Obama in questa sua campagna elettorale propone una politica energetica definita “All of the above policy”, ovvero una strategia energetica che tenga insieme lo sviluppo di tutte le fonti di energia, ognuna per le proprie possibilità e potenzialità, dal nucleare al carbone, passando per biocarburanti e le fonti rinnovabili, fino al gas naturale. Questa diversificazione delle fonti nasce dall’impegno da parte di Obama di arrivare al 2020 con una riduzione del 50% delle importazioni di petrolio, sostituite quindi da un incremento della produzione interna di tutte le fonti. Al riguardo Obama intende inoltre puntare sull’efficienza energetica con l’obbiettivo di riduzione al 2025 di 2 milioni di barili di petrolio al giorno.

Obama inoltre ha ritardato il progetto dell’oleodotto Keystone XL in considerazione dei suoi possibili effetti ambientali in Nebraska, mentre ha indicato come prioritario il suo sviluppo nella parte meridionale fra l’Oklahoma e il Golfo del Messico.

Romney intende ridurre la dipendenza energetica degli USA attraverso un strategia “allargata” in base alla quale propone di rendere indipendente tutta l’America del Nord al 2020 incrementando le perforazioni di gas e petrolio, aumentando la collaborazione con Canada e Messico con i quali promuovere progetti congiunti e accordi specifici. Inoltre Romney ha dichiarato che una delle prime cose che farà da presidente è approvare la realizzazione dell’oleodotto Keystone XL che dal Canada, per precisione dall’Alberta, dovrà portare il petrolio fino alle raffinerie texane.

Obama ritiene che le clean energies hanno e dovranno avere un ruolo centrale sia in termini di riduzione della dipendenza dall’estero sia in relazione alla sviluppo di politiche salva clima. Già nel 2009 stanziò 90 miliardi di dollari per lo sviluppo di progetti di energia solare ed eolica, di efficienza energetica, di alta velocità ferroviaria e di miglioramento della rete elettrica. Inoltre Obama ricorda che ha già stanziato 16 miliardi a garanzia di prestiti per progetti di sviluppo delle energie rinnovabili nonché conferma il sistema di credito d’imposta per gli impianti di energia eolica.

Romney è invece contrario a contributi per le fonti rinnovabili se non per le attività di ricerca e sviluppo e, forte del fallimento della società Solyndra LLC sostenuta e “sponsorizzata” dai finanziamenti della presidenza Obama, ritiene che il fondo di 90 miliardi sia stato un vero flop e che oltre il 50% delle aziende che hanno ricevuto questo finanziamento siano fallite. È anche contrario al rinnovo del credito di imposta per i produttori di energia eolica.

I due sfidanti sono entrambi favorevoli all’incremento delle trivellazioni petrolifere, anche all’interno delle aree protette e delle “Public Land”. L’unica cosa che li differenzia al riguardo è una maggior attenzione di Obama alle istanze ambientali sollevate caso per caso. Obama ritiene che la produzione di petrolio è cresciuta ogni anno nel corso del suo mandato ma che la maggior parte dei guadagni siano andati a chi faceva estrazione su terreni privati. Inoltre che le licenze di estrazione ritirate riguardavano soggetti che non avevano alcuna intenzione di estrarre ma che le conservavano e usavano esclusivamente come strumento per speculare sui prezzi del petrolio.

Per quanto riguarda il gas, Obama si dichiara favorevole al fracking, la tecnologia oggetto di grandi discussioni che, tramite il processo di fratturazione idraulica, permette di aumentare il tasso di recupero del gas nei giacimenti, ricordando che l’EPA, l’agenzia per la protezione dell’ambiente americana, ha fornito nel periodo della sua presidenza i primi regolamenti per il settore e che dovrà continuare a disciplinare e controllare questa pratica per eliminare qualsiasi rischio ambientale.

Romney rilancia il ruolo strategico delle trivellazioni, soprattutto quelle off-shore per lo sfruttamento di nuovi giacimenti, concentrando la propria attenzione soprattutto sulle coste della Virginia e della Carolina. In più propone per le estrazioni sul terreno una sorta di federalismo energetico per cui saranno i singoli Stati i veri controllori. Romney è anche lui a favore del fracking e al riguardo ritiene che debbano essere i singoli Stati, e non l’EPA, a disciplinarne le procedure.

Su carbone e nucleare Obama e Romney sono sostanzialmente d’accordo, infatti sostengono entrambi lo sviluppo dell’energia nucleare, riguardo alla quale Obama nel corso di questi anni ha rivisto in modo considerevole la propria posizione inizialmente contraria. E anche per il carbone sono entrambi favorevoli al cosiddetto “carbone pulito” e alla sperimentazione del Carbon capture storage, ovvero il confinamento geologico dell’anidride carbonica (CO2) prodotta da grandi impianti di combustione

Obama ha sin dall’inizio del suo mandato riabilitato l’Agenzia per l’ambiente (l’EPA) che nel corso della precedente amministrazione Bush era in buona parte stata limitata nella propria attività se non addirittura bloccata. Dopo il fallimento della legge sul clima nel 2010, l’agenzia ha comunque proposte regole per limitare le emissioni delle centrali elettriche costringendo alcune centrali a carbone alla chiusura perché troppo inquinanti.

Romney ha imputato all’Agenzia , sulla scia di quanto già indicato da George Bush, un ruolo troppo invasivo indicandola come un ostacolo allo sviluppo economico degli Stati Uniti e si propone di rimuovere i “regolamenti anticarbone”.

(Articolo originariamente pubblicato sull’Huffington Post Italia del 20 ottobre e riprodotto con il permesso dell’Autore e della testata)

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