Il solare termico italiano tra crisi e conto energia

Alle spalle un anno terribile, causa crisi ma anche un incentivo, la detrazione del 55%, reso poco attraente. Di fronte la nuova sfida degli obblighi sugli edifici e un conto energia per le rinnovabili termiche che, per come sta prendendo forma, non piace. Dove sta andando il solare termico italiano? Intervista a Valeria Verga di Assolterm.

ADV
image_pdfimage_print

Alle spalle un anno terribile, con una contrazione del 15-20% causata dalla crisi ma anche da un incentivo, le detrazioni fiscali del 55%, reso poco attraente. Di fronte la nuova sfida degli obblighi sugli edifici e un conto energia per le rinnovabili termiche che, per come sta prendendo forma  (vedi ultima bozza su Qualenergia.it), non sembra in grado di sostenere adeguatamente la domanda. Dove sta andando il solare termico italiano? Ne parliamo con Valeria Verga, segretario generale di Assolterm

Dottoressa Verga, il mercato italiano del solare termico nel 2011 ha avuto una significativa contrazione, quali le cause?

Nel 2011 sono stati installati poco meno di 400mila metri quadrati, con una contrazione del mercato rispetto al 2010 del 15-20%, per un fatturato complessivo di circa 400 milioni di euro. Ricordiamo che tra il 2006 e il 2008 il mercato del solare termico nel nostro Paese aveva  avuto una crescita del 120%: non era ancora iniziata la crisi economica e le detrazioni fiscali erano ancora un incentivo sufficientemente efficace. Dopo il primo anno pilota, le detrazioni erano state confermate per tre anni e permettevano all’utente finale un rientro in tempi brevi, inizialmente da 3 a 10 anni e poi in 5. Il 2009 e il 2010, quando la crisi economica ha incominciato a farsi sentire più pesantemente e le detrazioni fiscali sono state depotenziate imponendo un rientro in 10 anni, il mercato è stato caratterizzato, pur rimanendo su livelli abbastanza alti (intorno ai 500.000 mq), da stagnazione. Al momento manca un incentivo efficace e un quadro normativo chiaro e di lungo periodo. Doveva essere definito con il decreto legislativo 28 del 2011, ma mancano ancora alcuni importanti decreti attuativi.

Dal 31 maggio è però entrato in vigore l’obbligo di rinnovabili negli edifici, come lo giudicate?

Con la pubblicazione del Dlgs 28, l’obbligo è diventato molto più ambizioso come obiettivi, ma ne è stato fortemente ridotto il campo di applicazione. Da una parte quindi si è aggiunto all’obbligo di copertura del 50% dei fabbisogni di acqua calda sanitaria anche l’obbligo di coprire una percentuale della somma dei fabbisogni termici (ACS, riscaldamento e raffrescamento); dall’altra però l’obbligo adesso si applica sostanzialmente solo al nuovo, proprio in un momento di forte crisi dell’edilizia in cui si costruisce pochissimo. Dunque, obiettivi molto ambiziosi (dal 31 maggio di quest’anno è in vigore l’obbligo di coprire il 20% dei fabbisogni termici nei nuovi edifici e in quelli sottoposti a ristrutturazioni rilevanti), ancora nessuna regola chiara per calcolare tale percentuale e il tutto applicabile a un campo molto ristretto, quello delle nuove costruzioni. Si è fatto quindi un passo indietro rispetto alla legislazione previgente, il D. Lgs. 311/2006, nell’ambito del quale Regioni come Lombardia e Piemonte, per fare due esempi importanti, avevano imposto l’obbligo di soddisfare con fonti rinnovabili il 50% del fabbisogno di acqua calda sanitaria anche nel caso di  ristrutturazione dell’impianto termico esistente. A tal proposito, i rappresentanti di entrambe le Regioni hanno già dichiarato che si adegueranno al dettato del Decreto 28.

Nell’assolvere gli obblighi il solare termico subirà la concorrenza di altre rinnovabili termiche?

Il solare termico resta una tecnologia molto idonea per coprire il fabbisogno di acqua calda sanitaria e può soddisfare, a costi contenuti e con l’impiego di superfici non eccessive,  anche l’obbligo di coprire il 20% dei fabbisogni termici di un’abitazione (vedi documento in pdf, ndr). Con il crescere della percentuale di copertura obbligatoria (ricordiamo che dal 2014 la percentuale sale al 35% e dal 2017 al 50%) sarà fondamentale l’integrazione con altre tecnologie. Riteniamo in ogni caso che tali percentuali siano troppo alte e stiamo lavorando perché l’allegato 3 del Decreto 28 venga modificato.

Veniamo al decreto che definisce il nuovo conto energia termico, per come sta prendendo forma. Che ne pensate?

Partiamo dagli elementi positivi: in questa nuova bozza per tutte le rinnovabili termiche, compreso il solare termico, l’incentivo, diversamente dalla precedente, è rivolto sia al pubblico che al privato. Oltre a ciò, è interessante che i tempi di ritorno dell’incentivo siano abbastanza contenuti: 2 anni per gli impianti più piccoli (sotto i 50 mq) e 5 anni per i più grandi (dai 50 ai 700 mq). Se però andiamo a vedere l’entità delle tariffe proposte, cominciano le note dolenti: sono molto basse e consentono di rientrare solo del 25-35% dell’investimento. Un altro elemento preoccupante è la modalità di erogazione dell’incentivo: viene dato uno stesso incentivo annuo per classi di dimensioni degli impianti. Per fare un esempio, un impianto da 1 mq e un impianto da 5 mq, che presentano costi nettamente diversi, riceverebbero la stessa entità di incentivo. Questa modalità potrebbe portare e significative distorsioni del mercato col rischio che chi dovrà dimensionare gli impianti si preoccuperà meno dei reali fabbisogni energetici e più della taglia dell’impianto che riceverebbe un maggior incentivo. Tutto questo a detrimento dell’efficacia e dell’efficienza dell’incentivo stesso. La proposta di Assolterm è invece quella di conferire l’incentivo a metro quadrato con una copertura del 50-55% dell’investimento iniziale.

Rispetto al tetto di spesa, e dunque ai volumi incentivabili, qual è la posizione Assolterm?

Altro aspetto negativo è il tetto di spesa di 700 milioni di euro all’anno per tutte le rinnovabili termiche che non dà la certezza di poter accedere all’incentivo. Nel caso del solare termico ci è stato detto informalmente che l’incentivo è stato dimensionato su circa  400mila mq all’anno: insomma lo stesso volume che si ha adesso, in tempi di crisi e con un incentivo inefficace. In pratica significa che questo nuovo incentivo, nella sua attuale versione, non servirà a stimolare la diffusione della tecnologia: quindi a cosa servirà? In ogni caso siamo convinti che i ministeri recepiranno le nostre indicazioni e correggeranno il tiro prima della pubblicazione del decreto.

Si può prevedere un calo dei costi di questa tecnologia?

La questione è molto importante. Purtroppo nel solare termico i costi delle materie prime non si sono abbassati come è avvenuto per esempio nel fotovoltaico. I costi di produzione si potranno ridurre con la creazione di economie di scala e questo dipende da come gli incentivi sapranno spingere la diffusione della tecnologia. Oltre a questo va curata la filiera, per far sì che non ci siano indebiti ricarichi dei costi. Va detto comunque che nel nostro Paese un altro problema, che non possiamo certo risolvere noi, è il costo della burocrazia.

Oltre alle applicazioni residenziali per riscaldamento di ambienti e acqua sanitaria, il solare termico può fare anche raffrescamento o essere usato per fornire calore nei processi industriali. A che punto siamo su questi due versanti?

Il solar cooling ha grandi potenzialità, ma costi ancora troppo alti per le applicazioni nel residenziale. Interessante che il nuovo conto energia termico preveda un bonus ad hoc, ma i costi vanno ridotti molto con ricerca e sviluppo. Diverso il discorso per il calore di processo in cui la tecnologia è già matura essendo la stessa già consolidata nel residenziale. Qui ci sono grossi margini, ma manca un vero e proprio incentivo per questo tipo di applicazione: sia le detrazioni fiscali che il conto energia termico sono incentivi rivolti a impianti medio-piccoli che di fatto escludono gli impianti per il calore di processo nell’industria. Una possibilità potrebbe essere quella di alzare la soglia degli impianti incentivabili con il conto energia da 700 mq a 2.000 mq.

ADV
×