Enel e Greenpeace in tribunale per parlare di carbone

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Oggi la prima udienza del processo che vede Greenpeace querelata per diffamazione da Enel per la campagna sui danni del carbone. L'azienda chiede l'oscuramento del sito e un risarcimento che si preannuncia ingente. Ma le affermazioni su danni del carbone sono vere e dimostrabili e dunque non c'è diffamazione, ribatte Greenpeace.

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La controversa politica di Enel sul carbone verrà finalmente discussa pubblicamente…anche se il dibattito avverrà in un’aula di tribunale. L’ex monopolista infatti ha querelato Greenpeace per la recente campagna sui danni del carbone Enel in Italia e oggi sì è tenuta la prima udienza del processo. L’azienda ritiene di essere stata diffamata dalla campagna “Enel killer del clima – Bollette sporche” e, oltre a un risarcimento da definire, chiede che venga oscurato il sito della campagna e ritirato il materiale informativo diffuso. Una prima decisione del tribunale competente, quello di Roma, dovrebbe arrivare tra alcuni giorni, una settimana.

Enel chiede il ritiro dei video che spiegano i motivi della campagna, delle t-shirt, dei volantini, dei  fac-simile di bolletta spediti a 100mila cittadini nonchè l’oscuramento del sito www.facciamolucesuenel.org.  Da censurare sarebbe anche il videoclip della canzone “È nell’aria” di Adriano Bono & Torpedo Sound Macine e Meganoidi, colonna sonora della campagna. Poi c’è il risarcimento, non ancora specificato: Enel chiede al giudice di condannare Greenpeace al pagamento di 10mila euro per ogni giorno di inesecuzione delle eventuali disposizioni inibitorie e mille euro per ciascun militante che dovesse proseguire sulla via della contestazione. L’importo della causa – scrivono gli stessi legali di Enel – resta indeterminato, ma già nel 2009 era arrivata a Greenpeace Italia una lettera con richiesta di risarcimento da 1,6 milioni per le azioni contro le centrali a carbone del gruppo dal 2006 al 2009.

Una richiesta censoria contro cui  si sono levate voci di protesta anche dalla politica: “La richiesta è letteralmente incredibile,  Enel deve rassegnarsi: l’Italia è un paese libero dove nessuno può mettersi al di sopra delle regole democratiche con censure fuori dal tempo” hanno dichiarato i senatori “ecodem” del Pd Roberto Della Seta e Francesco Ferrante.

«’L’energia che ti ascolta’ vuole oscurare un sito che critica la sua politica industriale – commenta Andrea Boraschi, responsabile della campagna Energia e Clima di Greenpeace. – Solleviamo questioni della massima importanza, che riguardano la salute delle persone e il futuro dell’ambiente, del clima, del lavoro. Enel risponde che i danni da noi denunciati non hanno base scientifica, eppure sono calcolati con i metodi già impiegati dall’Agenzia Europea per l’Ambiente. Persino Christine Lagarde, capo del FMI, ha recentemente denunciato i 70mila morti causati in India dall’uso del carbone per produrre elettricità».

Come riportato su queste pagine, infatti, Greenpeace, oltre ad aver accumulato nuovi dati sul primato assoluto di Enel come emettitore di anidride carbonica (azienda n.1 in Italia con 36,8 milioni di tonnellate di CO2 emesse nel 2011, quarta in Europa con 78 MtCO2), ha commissionato a un Istituto di ricerca indipendente uno studio in cui – applicando a dati di emissione ufficiali la metodologia dell’Agenzia Europea per l’Ambiente – dimostra che la produzione termoelettrica a carbone dell’azienda causa in Italia una morte prematura al giorno e danni al Paese stimabili in quasi 2 miliardi di euro l’anno. In Europa quella stessa produzione causerebbe quasi 1.100 casi di morti premature l’anno e danni per 4,3 miliardi di euro. Da qui l’epiteto di “killer”.

“La nostra campagna è certamente forte e d’impatto – spiega Boraschi. – Ma si basa su due affermazioni non smentibili: la prima è che il carbone uccide – sia il clima che le persone – la seconda è che Enel è di gran lunga il primo produttore di elettricità da carbone in Italia. Oggi è dunque cominciata una partita anche sul diritto di espressione e di protesta, che aumenterà la nostra determinazione nel portare avanti questa campagna», continua Boraschi.

“Greenpeace contesta il peso delle emissioni di gas serra e la politica pro-carbone di Enel dal 2006. In questi sei anni l’azienda non ha mai aperto un confronto sulle sue politiche industriali, al contrario, come risposta, ha inviato una lettera di richiesta risarcimento per 1,6 milioni di euro per le azioni di protesta fatte nei suoi impianti a carbone dal 2006 in poi. Ora finalmente almeno avremo la possibilità di confrontarci sul tema, anche se purtroppo questo avverrà in tribunale”.

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