Transizione alle rinnovabili, che succede in Germania?

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In Germania, ancor più che in Italia, le rinnovabili stanno diventando protagoniste del sistema energetico. In Baviera pesano per il 40% della produzione elettrica, a livello nazionale nel 2011 hanno tagliato del 10% il prezzo del kWh e stanno colmando parte del vuoto lasciato dal nucleare. Andiamo a vedere cosa accade.

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Siamo nel bel mezzo dell’era in cui le rinnovabili, da fonti un tempo marginali, stanno cominciando a diventare protagoniste. Una transizione non indolore, come mostra lo scontro tra le fonti pulite e il sistema energetico precostituito in atto nel nostro Paese. Come evolverà la situazione? La risposta non la si può certo avere guardando all’estero, dato che dipenderà in gran parte da scelte nazionali, ma è interessante osservare quel che sta succedendo in Germania, nazione che sembra essere un passo avanti rispetto a noi nel cammino verso il nuovo sistema energetico.

Conforta per esempio il recente comunicato in cui il ministro dell’Ambiente, Norbert Röttgen, tira le somme di come sta procedendo la trasformazione del sistema energetico tedesco. Nonostante la crescita economica e il buco energetico, lasciato dall’atomo dopo che il Paese nel post-Fukushima ha deciso di accelerare l’uscita dal nucleare, la Germania nel 2011 ha tagliato significativamente le proprie emissioni: si è sulla traiettoria per una riduzione di oltre il 40% al 2020 e il merito è in gran parte del crescente contributo delle rinnovabili, spiega Röttgen.

Nel primo trimestre 2012 la produzione da eolico è cresciuta del 35% rispetto all’anno precedente arrivando a 15.682 GWh e quella da fotovoltaico del 40% raggiungendo circa 3.900 GWh. Nel 2011 si sono installati oltre 7,5 GW di fotovoltaico e oltre 2 di eolico (senza contare l’off-shore). Tre anni fa il FV in Germania copriva l’1% del fabbisogno energetico. Ora siamo già al 4% e nei week end estivi il sole arriva a fornire oltre il 50% dell’elettricità. I numeri delle rinnovabili in Germania, insomma, iniziano a essere relativamente importanti: in Baviera – 12,5 milioni di abitanti per 4,3 GW di potenza da fotovoltaico installata – le rinnovabili forniscono già il 40% del fabbisogno elettrico.

È solo apparenza e il Paese dovrà ricorrere pesantamente a import e fonti fossili per colmare il vuoto lasciato dall’atomo, oppure stiamo assistendo a una transizione verso un sistema con le rinnovabili messe al centro? Andiamo a vedere alcuni dati (già assemblati da Renewables International).

Innanzitutto sull’import: nel 2011, nonostante a marzo si siano staccate dalla rete centrali nucleari per 8 GW di potenza, la Germania è rimasta un esportatore netto di elettricità; se si considera il solo periodo dopo il fermo dei reattori (dal 17 marzo 2011) invece il Paese ha importato più elettricità di quella ceduta: prima della moratoria sul nucleare ha esportato in media circa 90mila MWh al giorno, dopo ne ha importati in media 50mila MWh al giorno. Non si è però importato per una carenza nella produzione tedesca, quanto perché l’energia delle centrali alimentate a fonti fossili dei vicini a est, Repubblica Ceca e Polonia, costa meno (la Francia nucleare invece ha importato dalla Germania più di quanto abbia esportato).

C’è poi il gas: sarà questa fonte il vero rifugio per la Germania? In parte sì: assieme alle rinnovabili è in questa direzione che il Paese sta muovendosi per colmare lo spazio lasciato dall’atomo. Questo però non è in contraddizione con una transizione verso un sistema 100% rinnovabile. Il gas, tra le fonti convenzionali quella più modulabile, è infatti la più adatta a convivere con le rinnovabili e a fungere da ponte finché queste non potranno bastare da sole. A differenza di altri impianti convenzionali come le centrali nucleari, infatti, i cicli combinati a gas si possono accendere e spegnere e far produrre di più o di meno con grande facilità, compensando così la non programmabilità di eolico e fotovoltaico.

Altro vantaggio degli impianti a gas è che un giorno… potrebbero divenire impianti a fonti rinnovabili. Proprio così: una delle strade su cui la Germania sta puntando infatti è quella di accumulare energia dalle rinnovabili non programmabili sotto forma di idrogeno, che potrà essere bruciato in questi impianti; l’altra è quella del biometano, il metano prodotto dalla purificazione del biogas, che pure sostituirà quote crescenti di gas fossile (sempre più costoso) negli impianti a cicli combinati.

È vero che la Germania potrebbe essere tentata di sfruttare di più le sue vastissime riserve di carbone: questo sì, vista la scarsa flessibilità degli impianti a carbone, sarebbe un passo in direzione opposta rispetto alla transizione verso le rinnovabili. Non sembra però che ciò stia accadendo: i limiti alle emissioni e i costi e le difficoltà tecniche nel realizzare impianti che catturino la CO2 sta scoraggiando questo tipo di investimenti.

Veniamo infine ai costi che l’esplosione delle rinnovabili scarica sulle bollette dei tedeschi: al momento gli incentivi portano a un rincaro in bolletta di 3,6 centesimi di euro/kWh e si prevede ovviamente che questo peso aumenti. Il fardello però grava solo in misura ridotta sull’industria nazionale: le 250 aziende che consumano più elettricità in Germania sono praticamente esenti dagli oneri pro-rinnovabili in bolletta.

In compenso l’effetto di contenimento del prezzo dell’energia a opera delle rinnovabili in Germania sta raggiungendo proporzioni importanti: nel 2011 ha ridotto il prezzo del kWh in Borsa del 10% e ora succede addirittura che in certi giorni l’elettricità, grazie al contributo del fotovoltaic, che produce a costi marginali nulli, costi meno alle 2 del pomeriggio che di notte (la stessa tendenza si sta verificando in Italia, si veda Qualenergia.it, Un cartello delle fossili per difendersi dal fotovoltaico? e Quei 400 milioni che il fotovoltaico fa risparmiare in bolletta). Tenendo basso il prezzo del kWh in Borsa le rinnovabili potrebbero anche aiutare la Germania a esportare più elettricità e a importarne meno.

C’è poi un altro effetto economico che le rinnovabili stanno producendo in Germania: creano occupazione e democratizzano l’energia. Oggi nel Paese gli occupati nel settore dell’energia pulita hanno superato quelli del carbone e del nucleare messi assieme e, mentre nelle energie convenzionali le quattro utility più grandi pesano per tre quarti della potenza, nelle rinnovabili la loro quota di mercato si ferma al 7%: il restante 93% è gestito da aziende più piccole, privati cittadini, agricoltori e comunità locali.

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