Registri, rinnovabili sotto amministrazione controllata

Dalla bozza di decreto su rinnovabili elettriche il Governo dimostra, con l'introduzione di aste per impianti sopra 5 MW e registri per gli altri, di voler evitare che gran parte degli impianti possano accedere automaticamente agli incentivi. Le incongruenze di questo quadro normativo spiegate da Tommaso Barbetti di eLeMeNS.

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Dopo un paio di mesi di assordante silenzio, sta dunque circolando una nuova bozza dell’attesissimo decreto attuativo sugli incentivi alle rinnovabili (fotovoltaico escluso). Tra chi si attendeva una maggiore dose di indulgenza nei confronti dei produttori rinnovabili (magari con un innalzamento della soglia delle aste a 10 o a 20 MW o uno spostamento della riforma al 2014) e chi invece temeva un ulteriore restringimento delle maglie, hanno senz’altro avuto ragione questi ultimi.

Dentro la bozza tante piccole modifiche, tutto sommato marginali: la riduzione della soglia per le aste (dai 6 MW ai 5 MW di quella attuale), un ritocco al rialzo sulle tariffe per alcune tecnologie (per esempio, alzata di 10 €/MWh la base d’asta per l’eolico, adesso fissata in 127 €/MWh), la riduzione del costo delle garanzie per l’accesso alle aste (da 500 a 300 €/kW), la curiosa introduzione di un corrispettivo di 2 €/MWh che tutti i produttori di energia elettrica incentivata – anche pre-2013, fotovoltaici esclusi – dovranno versare al GSE a partire dal 2013, apparentemente a copertura dei costi connessi con le attività di gestione e di verifica in capo al super-ente di Via Maresciallo Pilsudski.

Ma la novità deflagrante è l’introduzione dei registri per tutti i nuovi impianti alimentati da fonti rinnovabili di potenza inferiore a 5 MW. Aggiunto al fatto che tutti gli impianti di potenza superiore a 5 MW andranno in asta, ne consegue evidentemente che, a partire dal 2013, nessun nuovo impianto potrà accedere automaticamente agli incentivi, come sempre accaduto prima (salvo, ovviamente, la parentesi dei registri fotovoltaici).

Analizziamo. Con il Titolo I-bis della bozza, vengono introdotti per tutti i nuovi impianti di potenza inferiore a 5 MW dei registri analoghi a quelli già usati per i “grandi impianti fotovoltaici”. Dal 2013, pertanto, accederanno agli incentivi, oltre alle iniziative vincitrici delle aste, solo quegli impianti che rientreranno all’interno di una graduatoria stilata dal GSE, ove il contingente di incentivi annui è pari a 50 MW per l’eolico, 45 MW per l’idroelettrico, 23 MW per il geotermico, 22 MW per le biomasse solide e liquide e 130 MW per il biogas.

Due le serie di considerazioni che si possono trarre.

La prima riguarda le intenzioni del Ministero e il sistema elettrico in generale: la recente esplosione dell’installato sul fotovoltaico, solo in parte frenata dall’avvento del IV conto energia, ha evidentemente convinto il Governo che gli strumenti di prezzo (le tariffe incentivanti feed-in) non siano più affidabili, che l’individuazione puntuale di incentivi per il medio termine difficilmente riesce a seguire i costi delle tecnologie e che, anche a fronte di importanti tagli agli incentivi, la reazione del mercato è sempre un’incognita. Meglio dunque, secondo il Ministero, aggiungere un meccanismo di quantità (come appunto i registri), che consenta di tenere i costi complessivi sempre sotto controllo.

A guardar bene, non sembra però essere tanto il costo degli incentivi a spaventare il Governo: in effetti il budget non viene modificato (si continua a parlare di un limite di 5,5 miliardi di euro annui, che aggiunti a quelli del fotovoltaico danno un budget nell’ordine dei 12 miliardi annui) e, a ogni buon conto, i risparmi che tale modifica introdurrebbe sul costo complessivo sarebbero inferiori al 10% all’anno 2020 (non dimentichiamoci che grosso modo l’80% della spesa per gli incentivi rinnovabili al 2020 sarà riferita a impianti entrati in esercizio entro l’anno 2012).

Ciò che invece sembra premere maggiormente al Governo è il mantenimento del controllo sulla potenza rinnovabile installata e, con esso, il mantenimento di un certo equilibrio di mercato (e di rete) venutosi a creare con il tempo. In effetti è sempre più evidente (si vedano per esempio le recenti segnalazioni dell’Autorità) il ruolo di outsider che le rinnovabili (specie quelle non programmabili come eolico e fotovoltaico) stanno giocando sia sul mercato elettrico che sui mercato di dispacciamento: da una parte si sta infatti attenuando il classico paradigma delle ore piene (diurne, con prezzi alti) e vuote (notturne, a prezzi bassi), con le rinnovabili che acquisiscono share durante il giorno (con il conseguente abbassamento di prezzi dovuto ai bassi costi marginali) riducendo i margini di guadagno per i termoelettrici, che a loro volta recuperano alzando i prezzi di notte; dall’altra la crescita della produzione rinnovabile prefigura questioni nuove, come la programmabilità, gli accumuli e il time-shifting. In ogni caso, tematiche dirompenti che vanno a scardinare un assetto di mercato e di rete consolidatosi nel tempo, spaventando così molti operatori.

Con l’introduzione dei registri, in aggiunta alle aste, pare che il Governo intenda mettersi al riparo da sorprese relative a nuovi boom di installazioni verdi, andando così a pianificare tutta la nuova potenza che verrà messa in esercizio almeno nel prossimo triennio (salvo ovviamente impianti che decideranno di correre senza incentivo).

Resta tuttavia qualche incongruenza: se il Ministero ribadisce (nei considerata della bozza) l’intenzione di alzare gli obiettivi del PAN da 98 TWh a 140 TWh, non si vede come nei fatti ciò sia possibile, dato appunto il contingentamento delle installazioni introdotto con aste e registri (allo stesso modo il budget complessivo dei 5,5 miliardi per le rinnovabili diverse dal fotovoltaico, riportato all’articolo 3, non sarebbe nemmeno avvicinato); pertanto, o il Governo intende aumentare i contingenti di aste e registri in una seconda fase (successiva al 2015) o punta sulla crescita della produzione rinnovabile senza incentivi o i 140 TWh al 2020 rischiano di essere una dichiarazione di intenti.

La seconda serie di considerazioni riguarda invece il comportamento degli operatori: se il ritornello degli ultimi mesi ha riguardato la concentrazione dei futuri investimenti su impianti di potenza inferiore alla soglia d’asta, l’introduzione dei registri sconquassa questa logica.

In effetti, almeno per quanto riguarda il primo registro (riferito al primo semestre 2013), per come si comprende dalla bozza, le possibilità di restare fuori dal contingente sono elevate (soprattutto per le biomasse solide e liquide). Premesso che per l’iscrizione ai registri sarà necessario il possesso di idoneo titolo autorizzativo, verranno premiate, al momento della selezione, dapprima le iniziative con i migliori criteri tecnici (contratti di approvvigionamento per le biomasse, ventosità per gli eolici, reiniezione del fluido per i geotermici) e in subordine quelle già finanziate, mentre l’anzianità del titolo autorizzativo rappresenterà solo un criterio secondario. A partire dal secondo registro, invece, il criterio prioritario di selezione sarà rappresentato dall’iscrizione al registro precedente e, a seguire, tutti gli altri (non compare invece tra i criteri di selezione, a differenza di quanto accaduto con i registri fotovoltaici, l’entrata in esercizio).

Al di là dei giudizi di principio, qualche operatore, memore dei registri fotovoltaici, esprimerà più di una perplessità sul funzionamento dei nuovi registri, con il GSE che verrà inondato da una grande mole di richieste, molte delle quali saranno irrealizzabili ma assorbiranno comunque capienza: è noto che il diavolo si nasconde nei dettagli.

Che mondo si profilerebbe, dunque? Un mondo in cui la competizione tra i progetti sorge all’improvviso, premiando chi saprà organizzare le risorse critiche (approvvigionamenti, scelte tecniche), governare in modo relativamente poco costoso e rischioso lo sviluppo, cioè il caos delle procedure e delle documentazioni, gestire la risorsa finanziaria indipendentemente dall’incentivazione.

di Tommaso Barbetti di eLeMeNS, Società di consulenza per i nuovi mercati energetici

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