Fukushima, anno zero per l’atomo giapponese

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Dopo Fukushima per il Giappone è ancora blocco totale del nucleare. Su 54 centrali solo due restano attive, cioè il 4,6 per cento del totale di potenza nucleare del Paese. Il nuovo Governo preme per il riavvio dei reattori, ma l'opinione pubblica è contraria: con Fukushima anche in Giappone è morto il mito dell'infallibilità della tecnologia atomica.

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Mentre in Europa e in Italia, a un anno dal disastro di Fukushima, assistiamo a qualche tentativo, per la verità timido, di iniziare una piccola ma significativa riapertura sul fronte del nucleare, specialmente in Francia e Inghilterra, il Giappone, 365 giorni dopo il triplice disastro del terremoto/tsunami/nucleare, per quanto riguarda l’atomo è all’anno zero. Con la ferita dei tre reattori di Fukushima ancora aperta, una zona d’esclusione totale di almeno 20 km di raggio e i dati sulla radioattività assolutamente contraddittori, la dura realtà della crisi dell’atomo nel Sol Levante è tutt’ora evidente e i numeri parlano chiaro: sono due reattori in funzione su 54, cioè 2.268 MW in produzione su 48.960 MW di capacità, il 4,6% del totale nucleare giapponese.

È come se in Italia si chiudesse di colpo circa il 30% della potenza elettrica e a vedere l’elenco delle motivazioni addotte per la chiusura dei reattori nipponici c’è da rimanere sorpresi. In Giappone, infatti, nulla sembra sopravvivere di quell’ottimismo che fa dire ad alcuni nuclearisti nostrani che “dopotutto a fronte di oltre 19mila morti causati dallo tsunami, il nucleare a oggi ha fatto zero vittime”. E allora perché solo due reattori oggi sono in funzione nel Paese che dell’atomo aveva fatto, assieme alla Francia, un vero e proprio dogma? La maggior parte delle centrali giapponesi è stata fermata dopo il terremoto dell’anno scorso, ma tre dei sette gruppi di Kashiwazaki lo sono dal precedente sisma del 2007, e ciò che è più significativo è il fatto che sulla rimessa in funzione di molti reattori nessuna decisione è ancora stata presa, nonostante la “fame crescente ” di elettricità che attanaglierà il Paese nei prossimi mesi mano a mano che ci si avvicinerà all’estate.

In Giappone ora troviamo un esecutivo guidato da Yoshihiko Noda che – dopo il tentativo, fallito, di uscita dal nucleare da parte dell’ex premier Naoto Kan – si trova a dover gestire per la prima volta nella storia del Paese un’opinione pubblica apertamente ostile all’atomo, con inedite manifestazioni di massa antinucleari. L’attuale premier, infatti, ora tenta di rimettere in pista il nucleare, viste le pressioni delle lobby atomiche, spingendo per la ripresa produttiva dei reattori che abbiano superato gli stress test e proponendo una legge per limitare l’età dei reattori a 40 anni, con possibilità però di arrivare a 60.

Nel frattempo continua, però, il blocco industriale del nucleare con la sospensione dei nuovi 14 progetti di reattori che erano stati varati prima dell’11 marzo 2011. L’impressione è che la lobby nuclearista in Giappone stia attendendo tempi migliori, non abbia capitolato a Fukushima e stia lavorando sul medio-lungo periodo. Scenario che lo stesso Noda ha confermato riaffermando a più riprese che vedrebbe con favore l’esportazione della tecnologia nucleare nipponica fuori dai confini nazionali, magari in Cina dove si stanno varando in questi mesi 28 nuovi progetti nucleari.

Una mano al nucleare potrebbe arrivare dall’industria che a fronte di un’oggettiva difficoltà circa la disponibilità energetica per le proprie esigenze produttive, sta da un lato facendo pressione sul Governo, mentre contemporaneamente sta mettendo in atto misure per fare fronte allo “shortage energetico” e ai rincari dell’energia. Nissan, per esempio, ha annunciato l’aumento dei costi operativi per autovettura, mentre non sono poche le aziende che hanno trasferito o stanno trasferendo la produzione nell’ovest del Paese, se non addirittura all’estero, come la Hoya, uno dei più grandi produttori mondiali di vetri ottici di precisione, che per mitigare il rischio di interruzioni energetiche sta realizzando una fabbrica in Cina a Shangdong, che sarà pronta nel dicembre del 2012.

Una forte opposizione alla riapertura delle centrali bloccate arriva, però, dagli enti locali che dopo Fukushima sono diventati molto critici sia sulla fonte nucleare, sia sulla gestione dell’incidente da parte di Tepco, in special modo per ciò che riguarda l’emergenza, i dati sulla radioattività e l’estensione delle zone nelle quali si è resa necessaria l’evacuazione delle popolazioni.

E non tutti sono convinti che l’unica via sia quella di riattivare i reattori. «La cosa importante è ridurre la domanda di picco. – ha dichiarato al Japan Times Online, Hideaki Matsui, esperto energetico del Japan Research Institute – Se da un lato mettere a freno il nucleare ha un grande impatto sull’economia con l’incremento delle importazioni di gas naturale, la corsa alla riapertura dei reattori nucleari può aprire le porte a un’altra, e maggiore, crisi atomica». Il dubbio trasversale che attraversa tutti gli ambienti, pro o contro nucleare che siano è, infatti, che sia ormai aperta, a tutti i livelli, una falla circa l’infallibilità della tecnologia atomica e che gli scenari inediti sul fronte della sicurezza aperti da Fukushima possano sfociare, visto che il Paese è tra i più sismici del Pianeta, in altri incidenti catastrofici.

Non bisogna dimenticare, infatti, le dichiarazioni del 2011 di Andrè-Claude Lacoste, presidente dell’Autorità sulla sicurezza nucleare in Francia, che affermava: «Quanto accaduto a Fukushima pone problemi nuovi. I responsabili della sicurezza in Francia non hanno studiato l’effetto combinato di un terremoto e di un’inondazione. L’esame accurato delle centrali in Francia verterà sull’alea sismica, l’inondazione, la perdita di alimentazione elettrica, la perdita di fonte di raffreddamento, la gestione della crisi e l’accumularsi di tutte queste difficoltà». Si tratta di dubbi che sono all’ordine del giorno da un anno esatto di chiunque si occupi di nucleare e che sono ben chiari sia ai decisori giapponesi sia all’opinione pubblica nipponica.

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