Obama respinge, per il momento, il progetto Keystone

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Il Dipartimento di Stato repinge il progetto Keystone, l'oleodotto da 3000 km per trasportare il petrolio estratto dalle sabbie bituminose dal Canada alle raffinerie del Golfo del Messico. Per industriali e repubblicani un colpo mortale all'occupazione, per gli ambientalisti un successo. Ma il progetto sarà ripresentato forse dopo le presidenziali.

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Il presidente Barack Obama ha respinto il progetto Keystone XL, il grande oleodotto da quasi 3000 km per trasportare il petrolio estratto dalle sabbie bituminose della regione dell’Alberta fino alle raffinerie del Golfo del Messico, sulle coste del Texas. L’annuncio è stato dato dal Dipartimento di Stato ed è stato accolto con grande entusiasmo da parte degli ambientalisti e come un affronto dai Repubblicani, oltre che con grande delusione da parte del governo canadese. In un certo senso avevamo anticipato questa soluzione della vicenda, forse temporanea, a novembre (La vittoria ambientalista su tar sands e oleodotto Keystone).


Se ne discuterà certamente nel corso della campagna elettorale e probabilmente si deciderà nuovamente dopo l’elezione del presidente. La società appaltatrice del progetto, Trans Canada, avrà infatti la possibilità di ripresentare la richiesta dei permessi per continuare nel suo progetto; progetto che per molti è diventato la cartina di tornasole delle politiche energetiche e ambientali dell’amministrazione. Questa ulteriore possibilità sembra dettata dalla necessità, da una parte, di prendere tempo (gli elettori di Obama non sembrano così entusiasti del progetto) e, dall’altra, di analizzare in tempi più ampi gli impatti economici e soprattutto ambientali di questa opera da 7 miliardi di dollari.


“Questo annuncio – ha detto Obama – non è un giudizio nel merito dell’oleodotto, ma l’arbitraria natura della scadenza di una decisione (deadline voluta dal Congresso con la maggioranza dei Repubblicani, ndr) che non ha consentito al Dipartimento di Stato di raccogliere le necessarie informazioni utili ad approvare il progetto e a proteggere il popolo americano”. Insomma, per alcuni una bella prova di coraggio politico, per altri il classico colpo al cerchio e pure alla botte.


Oltre all’impatto dell’oleodotto che attraverserebbe gli States (durissima l’opposizione in Nebraska), le critiche di chi vi si oppone riguardano generalmente l’estrazione delle tar sand della regione dell’Alberta, considerata come la più grande operazione industriale del pianeta. L’estrazione delle sabbie bituminose canadese riguarda una superficie della grandezza della Florida e sta provocando la distruzione di un’area di foresta boreale di 740.000 acri. La produzione di petrolio da queste sabbie produce quasi il 40% di emissioni in più delle operazioni convenzionali e richiede 172 miliardi di galloni di acqua all’anno.


I gruppi industriali e i Repubblicani la pensano diversamente e insistono soprattutto sul fatto che la decisione di Obama farà perdere migliaia di posti di lavoro negli Stati Uniti. Governo e democratici ritengono invece che se i Repubblicani avessero permesso una valutazione più ponderata e in più tempo, la conclusione poteva essere anche differente.


Ma è forse troppo presto per scrivere i titoli di coda di questa vicenda che sta coinvolgendo intensamente la politica e l’opinione pubblica americana.

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