Clima, ecco cosa si è deciso a Durban

Ieri mattina l'esito della Cop 17 di Durban. Un accordo che coinvolgerà tutti i paesi, ma che sarà definito solo entro il 2015 e non sarà operativo prima del 2020. Intanto si prolungherà la vita del Protocollo di Kyoto. Il fondo verde per i Pvs partirà dal 2012, ma non è chiaro dove si troveranno i soldi. Il testo dell'accordo.

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Domenica mattina il mondo si è svegliato con un nuovo accordo sul clima. Al termine di due settimane di negoziati, concluse con una notte insonne di trattative convulse, infatti, le circa 190 nazioni riunite alla Conferenza sulle nazioni unite sul clima di Durban sono giunte ad un risultato all’alba di ieri.

Non è purtroppo l’accordo che servirebbe per evitare il peggio in quanto a riscaldamento globale (si veda anche l’editoriale di Gianni Silvestrini). Sulle riduzioni della CO2, infatti, in sintesi si può dire che “si è deciso che si deciderà”: gli impegni verranno definiti entro il 2015 e messi in pratica dal 2020. Tempi che, come mostrano vari studi, sono incompatibili con l’obiettivo di tenere il riscaldamento entro i 2 °C.

Tuttavia la piattaforma approvata ieri a Durban segna alcuni passi avanti storici: il fatto che, per la prima volta, tutti i paesi, sia ricchi che in via di sviluppo, accettano di assumersi impegni legalmente vincolanti a tagliare le emissioni e che nazioni come gli Usa accettino di mantenere in vita il trattato di Kyoto per altri 5 anni.

L’accordo raggiunto all’alba di ieri (in allegato il comunicato finale, qui tutti i documenti e qui le conferenze stampa) prevede infatti di adottare “un nuovo protocollo o altro strumento legale o esito condiviso dotato di forza legale” per ridurre la CO2 che impegni tutti i paesi. Lo si dovrà approntare, si legge, “il più presto possibile e non oltre il 2015” e dovrà entrare in vigore entro il 2020. Come si può notare si tratta di una sorta di scatola vuota: gli impegni sono ancora tutti da definire e soprattutto non si è trovato un accordo per specificare meglio cosa si intenda “per strumento legale o esito condiviso dotato di forza legale”. Una debolezza che si aggiunge alla dilazione nel tempo dell’impegno: come dicevamo, la scienza è chiara sul fatto che per stare sotto ai 2 °C le emissioni dovrebbero già iniziare a calare dal 2020, mentre stando alla piattaforma stabilita ieri a Durban per quell’anno, bene che vada, avremo forse un accordo per ridurla in futuro.

Nel frattempo, il Protocollo di Kyoto, che impegna a tagliare le emissioni i soli paesi di prima industrializzazione e sarebbe dovuto scadere a fine 2012, verrà rinnovato per una seconda fase, dal 2013 al 2017. Una decisione che soddisfa la richiesta di paesi in via di sviluppo come la Cina e che ha tra i vantaggi quello di avere già un impianto legale pronto e applicabile. Quanto sarà efficace questa nuova fase del protocollo di Kyoto però resta da vedere: i nuovi impegni di riduzione dovranno essere definiti entro il 1° maggio 2012 e tre importanti nazioni che avrebbero dovuto tagliare la CO2, Russia, Giappone e Canada, si sono tirate fuori dal protocollo.

L’altra questione fondamentale entrata nella piattaforma di Durban, è poi quella del Green Climate Fund, il fondo “verde” da 100 miliardi di dollari pensato alla Conferenza di Copenhagen per aiutare i paesi poveri nelle azioni di mitigazione e adattamento. A Durban si sono indicati i paesi nei quali verrà messo in opera entro il 2012, si è stabilito un comitato di controllo, ma non si è fatta chiarezza sulla copertura del fondo. Cioè, non si è ancora capito da dove verranno i soldi: una proposta di ricavare fondi dalla tassazione delle emissioni dai trasporti internazionali non è sopravvissuta nella versione finale del testo.

Da definire resta anche il meccanismo di mercato di compensazione delle emissioni che si adotterà nel trattato post-protocollo di Kyoto. Ci si penserà nei prossimi dodici mesi per portare delle proposte alla Cop 18 in Quatar, a fine 2012. Si tratta, ricordiamo, di dare stabilità al mercato della CO2 e correggere le molte distorsioni dei meccanismi di compensazione attualmente in vigore con il protocollo di Kyoto, come il Clean Development Mechanism o CDM. A proposito di CDM, da Durban arriva una decisione sul fatto che i progetti di cattura e sequestro della CO2 possano ottenere crediti tramite il meccanismo: saranno ammessi, ma il 5% dei crediti verranno pagati solo dopo che si sarà verificato che in 20 anni non ci sono state fughe di CO2 dai depositi sotterranei.

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