Shale gas in Europa: il gioco non vale la candela

CATEGORIE:

L'impatto ambientale del gas da scisti è troppo alto, mentre è trascurabile il contributo alla sicurezza energetica europea. L'Europa non ha bisogno dello shale gas e non è pronta a estrarlo. Nella legislazione ci sono poi lacune gravissime. Dall'ultimo rapporto commissionato dal Parlamento europeo una bocciatura netta di questa risorsa.

ADV
image_pdfimage_print

L’impatto ambientale è troppo alto, anche in rapporto al contributo alla sicurezza energetica che potrà dare. Meglio fermarsi, anche perché nella legislazione europea ci sono dei vuoti che potrebbero portare a fare disastri. E’ una bocciatura chiara dello shale gas quella che viene dall’ultimo rapporto commissionato dalla Commissione Ambiente del Parlamento europeo (vedi allegato in basso). Solo l’ultimo degli studi che sottolineano i possibili impatti di questa fonte.

Il documento recapitato a Strasburgo fa il punto su cosa potrebbe dare il gas da scisti all’Europa: in effetti relativamente poco. Il bisogno ci sarebbe: la produzione europea di gas naturale è in declino e ci si aspetta che cali di un altro 30% entro il 2035, serviranno importazioni dell’ordine di oltre 100 miliardi di metri cubi, che non è detto ci saranno. Tuttavia “le risorse di gas non convenzionale sono troppo piccole per avere qualsivoglia impatto sostanziale su questo trend”, chiarisce il report.

Il gioco insomma non vale la candela, specie se si vanno a guardare le esternalità negative dello shale gas (che abbiamo ricordato in diversi nostri pezzi: Qualenergia.it, Gas non convenzionale, tra prospettive e criticità, Shale gas, impatti ambientali e riserve mondiali e altri), estesamente ricapitolate nello studio, guardando anche all’esperienza degli Usa, dove lo shale gas ha una storia già di qualche decennio e uno sfuttamento più esteso (50mila pozzi).

C’è innanzitutto la contaminazione delle falde acquifere e dei terreni riscontrata in diversi casi. I fluidi usati per il fracking contengono spesso sostanze pericolose e attualmente gli operatori non sono obbligati a dichiarane la composizione; spesso queste filtrano nel terreno, portando con sé anche metalli pesanti e materiali radioattivi. La contaminazione delle acque – si legge poi – può avvenire anche per fuoriuscite di metano, “in casi estremi portando all’esplosione di edifici residenziali” o di cloruro di potassio, fatto che ha causato in diversi casi salinizzazione dell’acqua potabile nella vicinanza dei pozzi.

Inquietante un altro impatto: la possibilità che le trivellazioni e l’iniezione dei liquidi ad alta pressione provochino eventi sismici. “E’ noto che il fracking idraulico può causare piccoli terremoti di magnitudine 1-3 della scala Richter”, si afferma nel report, scoprendo che in Arkansas negli ultimi anni la frequenza di questi sismi si è moltiplicata per 10 in coincidenza con l’inizio dell’attività estrattiva.

C’è poi la questione emissioni climalteranti. Il metano, come sappiamo ha un potere climalterante molto superiore a quello della CO2, anche se ha un tempo di permanenza in atmosfera minore (un decimo circa): impatta sul clima 33 volte di più considerando un periodo di 100 anni, e fino a 105 volte calcolando gli effetti su un periodo di 20 anni. Proprio le fughe di metano che avvengono nell’estrazione dello shale gas – si chiarisce nel documento – possono portare ad avere un bilancio in termini di emissioni nel ciclo di vita addirittura peggiore di quello del carbone (vedi anche Qualenergia.it, Shale gas, per il clima è peggio del carbone).

Controindicazioni importanti, che si aggiungono al fatto che attorno all’estrazione di gas da scisti in Europa c’è un vuoto legislativo, avverte lo studio. Varie le lacune elencate.  Ad esempio non c’è l’obbligo di calcolare il life cicle assesment, ossia l’impatto del combustibile nel ciclo di vita e non è nemmeno obbligatorio dichiarare se nel processo si usano sostanze pericolose, non è specificata una Best Available Technique per l’estrazione, non è definito come si debba trattare l’acqua di scarico del fracking e molte altre mancanze.

Prima di sfruttre lo shale gas, insomma, bisogna definire delle regole, ma quando queste regole esisteranno, spiega il report, faranno aumentare i costi e i tempi necessari ai progetti di estrazione, diminuendo ulteriormente il potenziale di questa fonte per la sicurezza energetica europea.

A conti fatti, gli investimenti in shale gas potrebbero essere controproducenti per l’Europa. E non solo per l’impatto ambientale, ma perché da una parte darebbero un contributo trascurabile alla sicurezza energetica, dall’altra “darebbero l’impressione di un aumentata disponibilità di gas”, distogliendo da quella che secondo gli autori è la strada da seguire: “riduzione della dipendenza attraverso risparmio ed efficienza energetica”.

ADV
×