Obiettivo europeo sulle emissioni e l’ostruzionismo polacco

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La Polonia continua la lotta contro l'innalzamento del obiettivo 2020 sulle emissioni: prima il veto in Consiglio Ambiente poi le dichiarazioni negazioniste del commissario al bilancio. Ma a favore del meno 30% sono in molti, anche perché è ormai evidente che per l'UE un obiettivo più ambizioso sarebbe economicamente conveniente.

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In Europa continua il balletto attorno alla possibilità di innalzare l’obiettivo 2020 sulla CO2, portandolo a meno 30%, come proposto da diversi Stati membri, lobby e ong. Il Parlamento europeo doveva votare sulla questione la settimana scorsa, ma la votazione è stata rinviata e si terrà probabilmente ai primi di luglio. Intanto  paesi come la Polonia provano a mettere i bastoni tra le ruote in rigurgiti di negazionismo climatico.


Una parte della partita sull’innalzamento dell’obiettivo della CO2 si è giocata la settimana scorsa con il voto in Consiglio ambiente di una proposta compromesso, quella di portare l’obiettivo dal meno 20 al meno 25% (sempre rispetto ai livelli del 1990), peraltro senza rendere questo nuovo obiettivo vincolante. Proposta non approvata a causa del veto di Varsavia, uno Stato contrario su 27.


La Polonia, come sappiamo, è un paese pesantemente dipendente dal carbone (90% del mix elettrico) e  storico alleato dell’Italia di Berlusconi nell’ostacolare la battaglia europea sul clima. Al veto sulla (timida) proposta del Consiglio si sono poi aggiunte le dichiarazioni sconcertanti del  commissario Ue al Bilancio, il polacco Janusz Lewandowski. “La tesi secondo cui il carbone è la principale causa dell’effetto-serra è fortemente discutibile e vi sono crescenti interrogativi sull’intera questione del riscaldamento globale”, ha detto il commissario, che anche ha definito “troppo ambiziosi per la Polonia” gli obiettivi Ue del 20-20-20 al 2020.
Dichiarazioni criticate da tutti gli altri esponenti dell’esecutivo comunitario, a cominciare dal presidente Manuel Barroso, ma che restano preoccupanti. A farle infatti è un Commissario al bilancio che gestisce 130 miliardi di budget e queste parole arrivano proprio mentre la Polonia si appresta ad assumere la presidenza semestrale dell’Unione.


Insomma, la strada verso il meno 30% non è in discesa, nonostante in favore dell’innalzamento vi sia ormai una solida coalizione che comprende Stati come Gran Bretagna, Germania, Spagna, Svezia, Portogallo e Grecia, oltre a diverse forze politiche e settori rilevanti dell’economia europea. Fermarsi al meno 20% al 2020 d’altra parte è troppo poco se si vuole raggiungere l’obiettivo della low carbon roadmap europea di tagliare la CO2 dell’80% (Qualenergia.it, La strada europea per ridurre le emissioni dell’80%). Tanto più che per arrivare al meno 30% sarebbe per l’Europa decisamente un buon affare economico.


Secondo i calcoli della Commissione, infatti, per il meno 30%  servirebbero investimenti (pubblici e privati assieme) per 270 miliardi l’anno (l’1,5% del Pil). Ma i benefici sarebbero ben maggiori:  il solo risparmio di combustibili fossili andrebbe dai 175 ai 320 miliardi all’anno (aumentando nel corso del periodo di 40 anni), mentre senza azione e con il previsto aumento dei prezzi, la bolletta energetica al 2050 potrebbe costare all’Europa 400 miliardi in più all’anno, ossia circa il 3% del Pil.


Ci sono poi i benefici per l’occupazione: il settore delle rinnovabili negli ultimi 5 anni, spiega la Roadmap 2050, ha visto aumentare gli occupati da 230.000 a circa 550.000. In più molti posti di lavoro verrebbero creati con gli interventi di efficientamento degli edifici, settore che occupa attualmente 15 milioni di persone e che è stato duramente colpito dalla crisi. Se i ricavi della vendita dei permessi ETS e di eventuali tasse sulla CO2 venissero usati per ridurre le tasse sul lavoro, poi, spiega il documento, si potrebbero creare 1,5 milioni di posti di lavoro entro il 2020.


Altra voce di bilancio è quella dei benefici prodotti dal miglioramento della qualità dell’aria conseguente alla decarbonizzazione: 10 miliardi all’anno risparmiati al 2030 e 50 mld entro il 2050 per misure di controllo degli inquinati atmosferici, cui si aggiungono 17 miliardi l’anno al 2030 e 38 al 2050 risparmiati per la ridotta mortalità. Mancano dal conto i risparmi sui costi sanitari e soprattutto quelli, ancor più difficili da quantificare, legati al contenimento dei danni causati dai cambiamenti climatici, ma i numeri citati sembrano sufficienti a giustificare l’innalzamento dell’obiettivo. Tanto più che, come calcolano diversi studi, per tagliare la CO2 del 30% al 2020 basterebbe che l’Europa rispettasse l’obiettivo attuale, ancora non vincolante, sull’efficienza energetica (Qualenergia.it, Meno 30% di CO2? Basta rispettare l’obiettivo efficienza).

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