Le mezze verità sugli incentivi alle rinnovabili

Alla Commissione Ambiente della Camera dei Deputati l’audizione del Presidente dell’Autorità per l’Energia e il Gas, Guido Bortoni, che stima un costo complessivo per gli incentivi alle riinnovabili di quasi 100 miliardi di € per gli 11 anni che vanno dal 2010 al 2020. Un intervento con diverse omissioni e che farà sicuramente discutere.

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Oggi si è svolta presso la Commissione Ambiente della Camera dei Deputati l’audizione dell’Autorità per l’Energia e il Gas rappresentata dal suo Presidente, Guido Bortoni. Il Presidente, riferendo dell’indagine che l’istituzione energetica sta facendo da qualche tempo, non ha mancato di sferrare alcune bordate al sistema di incentivazione delle rinnovabili, snocciolando dati certamente rivelanti, anche se andrebbe verificato con maggiore attenzione cosa ci sia dentro alla totalità degli incentivi a cui si riferisce.


Tuttavia Bortoni omette diversi aspetti economici che andrebbero invece a mitigare le risorse investite, come il fatto che incentivi alle rinnovabili, è vero, se equilibrati e decrescenti, portano entrate significative nelle casse dello Stato, creano occupazione sul territorio, reddito diffuso, migliorano la curva di apprendimento delle tecnologie rendendole competitive con le fonti tradizionali più inquinanti (Qualenergia.it, Costi e competitività del fotovoltaico al 2020 ), spingono maggiormente investimenti in ricerca e innovazione da parte delle imprese, riducono le multe per le emissioni evitate a livello paese, producono energia elettrica quando questa costa di più come è il caso del fotovoltaico, ecc.


Bortoni glissa anche su tutti quegli oneri impropri che vanno sulle bollette energetiche degli italiani come gli incentivi del CIP6 alle fonti assimilate (alle fossili e agli inceneritori) e quelle relative al decommissioning del vecchio nucleare, per non parlare di tutta una serie di opachi sussidi ai consumi e alla produzione di fonti tradizionali. Sugli incentivi alle rinnovabili che dovrebbero, dice Bortone, rispondere a meccanismi di mercato, si potrebbe dire che in Italia non hanno mai avuto una reale applicazione, ma la Germania ha dimostrato che si possono avere incentivi anche amministrati dal governo e riuscire a mantenere la spesa totale nei limiti dell’accettabilità della pubblica opinione. Diversi dunque gli aspetti chiave toccati dal presidente dell’organo di controllo dell’energia nel suo intervento in Commissione che faranno sicuramente discutere gli addetti ai lavori e che qui riportiamo senza ulteriori commenti (leggi la Memoria per l’audizione dell’Autorità – pdf).


L’aspetto più importante è certamente quello del monte incentivi alle rinnovabili. Infatti sulla base degli scenari elaborati dall’Autorità, il Presidente ha spiegato che “i costi attesi dell’incentivazione della produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili per il solo anno 2020 saranno compresi tra 10 e 12 miliardi di euro”, mentre “il costo complessivo sarà prossimo ai 100 miliardi di euro per gli 11 anni compresi nel periodo 2010-2020“. E ha aggiunto che “nell’ipotesi che i consumi finali di energia elettrica al 2020 siano pari a 374 TWh, come previsto dal Piano di azione nazionale elaborato dal governo il costo unitario dell’incentivazione sarebbe pari a 2,7-3,3 centesimi di euro per chilowattora, il doppio rispetto ad oggi. Circa il 17-20% dell’attuale costo unitario del kWh elettrico al lordo delle imposte”.


Nell’incentivazione delle rinnovabili, “se dal punto di vista teorico non esiste uno strumento di per sé migliore di altri, i meccanismi di mercato sono preferibili rispetto a strumenti totalmente amministrati”, ha detto Bortoni. I meccanismi di mercato sono preferibili “poiché permettono di superare le asimmetrie informative tra regolati e regolatori – spiega – di delegare al mercato il confronto tra costi e incentivi, di promuovere le iniziative più efficienti evitando rigidità amministrative e i problemi tipici di registri e graduatorie, e di minimizzare pressioni di tipo lobbistico”.


“Per raggiungere gli obiettivi di sviluppo delle fonti rinnovabili contenendo il più possibile i costi sulle bollette, sono indispensabili meccanismi stabili, scadenze certe e una distribuzione nel tempo degli incentivi che promuovano anche l’innovazione tecnologica e una filiera industriale nazionale”. “Buona parte delle attuali criticità nei meccanismi incentivanti derivano dalle continue modifiche nel tempo – sottolinea Bortoni – Quindi, in linea generale, qualunque sia lo strumento incentivante applicato, sono di fondamentale importanza la stabilità normativa e il rigore nella gestione”.


Invece, un’incentivazione “che spinga indiscriminatamente e troppo rapidamente tutte le fonti, se non è accompagnata da un chiaro progetto industriale – avverte il presidente dell’organismo di controllo – rischia di rivelarsi un mero peso economico poco sostenibile e di non contribuire alla creazione di valore aggiunto (ricerca, tecnologia, ecc.) per il nostro Paese, che quegli investimenti ha finanziato”.


“Per quest’anno la stima degli incentivi alle fonti rinnovabili, e ovviamente si parla di stime, incentivazione che va sulle bollette, è intorno ai 6 miliardi di euro su tutto l’anno 2011”. All’interno di questi “qualcosa sopra i 3 miliardi sono quelli relativi al fotovoltaico“. 


Per l’Autorità per l’energia, “raggiungere obiettivi ancor più sfidanti oltre l’orizzonte 2020 non sarà possibile se non attraverso l’utilizzo di una nuova generazione di impianti da fonti rinnovabili, in grado di competere ad armi pari con quelli da fonti tradizionali – aggiunge Guido Bortoni, presidente dell’organismo di controllo – il contributo della ricerca, dell’innovazione tecnologica e dello sviluppo di una filiera industriale, sarà certamente fondamentale a questi fini”.


Stabilire per legge gli obiettivi quantitativi e temporali relativi alle rinnovabili, affidando all’Autorità per l’energia la responsabilità di “definire gli strumenti e le modalità per raggiungere questi obiettivi al minimo costo“. “Considerato che l’incentivazione delle rinnovabili e la promozione dell’efficienza energetica in Italia vengono finanziati a valere sulle bollette dei consumatori di energia elettrica – spiega Bortoni – l’Autorità ritiene che un modello efficiente di gestione di tali incentivi preveda che governo e Parlamento fissino gli obiettivi quantitativi e temporali, distinti per ciascuna fonte, demandando all’Autorità la responsabilità di definire gli strumenti e le modalità per raggiungere questi obiettivi al minimo costo”. 


Fra le modalità per raggiungere gli obiettivi europei a costi il più contenuti possibili, l’Autorità propone di “puntare su incentivi basati su meccanismi di mercato – segnala Bortoni – di rafforzare la promozione dell’efficienza energetica e di favorire interventi per lo sviluppo delle reti, arginando la speculazione e i problemi di saturazione reale e virtuale”. 


L’efficienza energetica è meno incentivata rispetto alle rinnovabili, benché possa  contribuire significativamente al raggiungimento degli obiettivi nazionali per le fonti rinnovabili, al costo minimo per il Paese – rileva Bortoni – grazie al meccanismo dei Certificati bianchi gestito dall’Autorità, sono stati ad oggi risparmiati 6,7 milioni di tonnellate equivalenti di petrolio – Tep ‘addizionali’, pari a circa il 2% dei consumi elettrici nazionali su base annua, con un onere di appena 531 milioni di euro dal 2005 al 2009″. 


A fronte di questi risultati, “è importante che l’Autorità continui a svolgere compiti di regolazione economica, tecnica e di verifica sul fronte dei Tee – segnala il presidente dell’organismo di controllo – per raggiungere gli obiettivi europei a minor costo è anche indispensabile un maggiore utilizzo delle rinnovabili per la produzione di calore e della cogenerazione ad alto rendimento, emanando al più presto i necessari decreti attuativi”.


Nel dispiegamento delle fonti energetiche rinnovabili “fondamentali sono anche gli aspetti correlati alle procedure autorizzative e all’accesso alle reti“, dice Bortoni, nella sua audizione alla commissione Ambiente della Camera. Infatti, “spesso gli incentivi vengono in parte destinati a superare i rischi, le incertezze e i costi associati allo svolgimento delle autorizzazioni e alla connessione alle reti – spiega Bortoni – per superare i principali ostacoli allo sviluppo delle rinnovabili, molto spesso dovute a iter autorizzativi locali frammentati, burocratizzati e costosi, occorre quindi prevedere strumenti di carattere normativo e regolatorio che rendano più certe e più omogenee sul territorio nazionale le procedure anche con strumenti per responsabilizzare maggiormente le Regioni e le amministrazioni coinvolte”. Ciò consentirebbe “anche di eliminare i problemi di saturazione delle reti di carattere speculativo che ne derivano”, valuta il presidente dell’organismo di controllo.

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