Centrali nucleari, “macchine bellissime, finché funzionano”

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Anche con i reattori nucleari di terza generazione, come gli EPR, il rischio di un incidente come quello di Fukushima non diminuirebbe. I sistemi di controllo e di raffreddamento restano vulnerabili in impianti vecchi e nuovi, ci spiega l'ingegner Fulcieri Maltini. E l'Italia è un paese sismico: “meglio evitare rischi inutili”.

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“I reattori 3, 4 e 5 di Fukushima sono identici a quelli che c’erano a Caorso. Se l’Italia non fosse uscita dal nucleare potrebbe ora essere esposta a rischi uguali. Assurdo che ora si voglia tornare al nucleare ignorando la volontà popolare espressa con il referendum, tanto più che problemi come quello delle scorie e della sicurezza restano irrisolti anche con i reattori di nuova generazione”. Fulcieri Maltini, ingegnere nucleare ex CERN ha alle spalle una lunga esperienza nelle centrali: 10 anni nel settore tra Usa e Francia e la gestione di un progetto per il decomissioning di Chernobyl. Ed è convinto che il ritorno dell’Italia al nucleare sia una pessima idea. Gli abbiamo rivolto alcune domande sull’incidente giapponese e sulla sicurezza del nucleare di ultima generazione.

Ingegner Maltini. Di fronte all’incidente giapponese in Italia i fautori del ritorno all’atomo hanno obiettato che non si possono paragonare in sicurezza reattori vecchi come quelli di Fukushima con quelli di terza generazione che si vorrebbe per il nostro paese, come l’EPR francese

Falso. Tra quello di Fukushima e l’EPR non c’è nessuna sostanziale differenza. I reattori di Fukushima sono del tipo General Electric ad acqua bollente come quelli che c’erano a Caorso, quelli di Trino Vercellese erano Westinghouse ad acqua pressurizzata, mentre a Latina c’era un reattore ad uranio semplice di provenienza inglese. Sono tutte macchine bellissime, finché funzionano. L’EPR è in pratica lo stesso tipo di reattore che c’era a Trino Vercellese modernizzato e reso più complesso. Secondo chi lo vende dovrebbe esser un po’ più sicuro. Ma non è vero. Innanzitutto non ne è mai stato finora costruito uno: il cantiere più avanzato è quello finlandese (di Olkiluoto, ndr) che doveva costare 3 miliardi e ora ha superato i 7 miliardi e mezzo.

Anche con  l’ EPR dunque potrebbe succedere quel che sta accadendo a Fukushima?

Occorre spiegare quel che sta succedendo: è in atto una fusione del nucleo perché non abbastanza raffreddato. Quando si fa lo scram del reattore, ossia lo si ferma, il calore continua, occorre acqua per raffreddarlo, si mette cioè in funzione il sistema di raffreddamento residuo. In Giappone è successo che nessuno dei sistemi di raffreddamento ad acqua dei 3 reattori ha funzionato. L’acqua nel reattore è evaporata e, da quello che ho capito in queste ultime ore (17 di lunedì 14 marzo, ndr) nel terzo reattore c’è stata una rottura degli elementi di combustibili per il troppo calore. Conseguenza è una produzione di isotopi radioattivo più idrogeno. Questo idrogeno quando è andato nella turbina è esploso. Questo è grave ma non gravissimo: il peggio potrebbe ancora accadere. Se non si continua a mettere acqua nel reattore questo può esplodere con tutto il vessel, contaminando l’esterno.

Un incidente paragonabile più a quello di Chernobyl o a quello di Three Mile Island?

Chernobyl è stato un incendio di un reattore moderato a grafite. La grafite ha preso fuoco bruciando molto rapidamente. Questi in Giappone sono più paragonabili all’incidente di Three Mile Island ma il rischio potrebbe essere molto più grave. I reattori sono di quello stesso tipo e in anche in quel caso c’era stato un arresto dei sistemi di raffreddamento che ha fatto fondere parzialmente il nucleo. Allora però tutto rimase all’interno del contenitore del nucleo e non uscirono molte radiazioni, qui invece si rischia che ciò non accada e la situazione allora sarebbe molto più pericoloso.

Il problema dunque è nell’impianto di raffreddamento. Se non sbaglio anomalie in questi sistemi di emergenza sono state riscontrate di recente sia nelle centrali francesi in funzione che nei progetti dei nuovi reattori, gli EPR.

Certo, ad esempio anche in Francia si è rischiata una piccola Fukushima. È successo a Blaye, vicino a Bordeaux, quando una tempesta ha distrutto le strutture di protezione della centrale, situata su di un estuario. Durante quell’incidente due sistemi di raffreddamento hanno fallito. Si è riusciti a raffreddare il nucleo evitando il peggio solo sono perché i sistemi sono triplicati. Altra storia quello del sistema di controllo strumentale dell’EPR, che è stato bocciato dalle autorità nucleari francesi, finlandesi e inglesi che hanno detto “questo sistema non funzionerà mai” (Qualenergia.it, Bocciato in sicurezza l’EPR, ndr). L’EPR ha avuto errori di progettazione giganteschi.

Ingegnere, nella sua carriera lei si è occupato anche del piano finanziario per il decomissioning degli impianti di Chernobyl. Immagino si parli di costi enormi, se si facesse il nucleare in Italia chi si farebbe carico del decomissioning o di pagare gli eventuali danni causati da incidenti?

Per gli incidenti nucleari c’è un’assicurazione obbligatoria: secondo una regola internazionale la società elettrica deve assicurarsi appoggiandosi a un fondo particolare, che coinvolge i Lloyd di Londra. Se a Chernobyl avessero avuto questa polizza ora tutti quei poveracci che sono malati potrebbero contare su qualche forma di supporto, mentre invece non hanno niente. Per quel che riguarda il decomissioning il discorso è diverso, è un costo di cui di solito non si parla. Per esempio in Francia quando hanno costruito le centrali non hanno tenuto conto di un fondo per lo smantellamento e si consideri che smantellare una centrale costa dai 20 ai 40 miliardi. Nei capitali necessari alla costruzione di una nuova centrale dovranno essere inclusi anche i costi per smantellarla dopo 40 anni.

Veronesi ha recentemente dichiarato che una centrale può funzionare per 60-100 anni.

Una corbelleria gigantesca. È molto grave che un presidente dell’Agenzia per la sicurezza nucleare arrivi a dire che una centrale può vivere 100 anni o che il problema delle scorie è stato risolto.

Tornando a Fukushima. È normale che si costruiscano centrali in zone a rischio sismico o di allagamento?

Nel mondo ci sono molte centrali costruite su aree sismiche, ad esempio in California o anche in Francia l’impianto di Fessenheim, sul Reno. Si cerca di costruirle con criteri antisismici e al primo movimento si deve arrestare il reattore facendo scendere le barre di controllo in modo che la reazione di fissione si fermi. A quel punto dovrebbero entrare in funzione gli impianti di raffreddamento, quelli che non hanno funzionato a Fukushima perché mossi da motori diesel che sono stati allagati. Per quel che riguarda il motivo per cui le centrali sono spesso in riva al mare la risposta è nel grande fabbisogno d’acqua di cui necessitano: circa il 70% dell’energia prodotta va persa in calore che deve essere raffreddato con l’acqua. Proprio per carenza d’acqua nei fiumi in Francia ogni estate devono fermare circa il 30% degli impianti. Fukushima era progettata per resistere a un’onda di tsunami fino a 7 metri.

E i siti di cui si parla per il nucleare italiano, sono più sicuri?

No. L’Italia è un paese sismico. Una centrale può al limite anche essere costruita in zona sismica: le vecchie centrali italiane come Latina, Caorso o Trino Vercellese, non hanno mai avuto problemi di terremoti. Ma i terremoti non sono prevedibili: perché correre  il rischio? Non c’è una sicurezza al 100%. Come un aeroplano: può anche cadere, la differenza è che se cade un aeroplano muoiono 100 persone. in un incidente nucleare invece ne possono rimanere irradiate centinaia di migliaia con conseguenze che si protraggono per generazioni.

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