La strada europea per ridurre le emissioni dell’80%

Per raggiungere l'obiettivo 2050 del meno 80% di emissioni, l'Europa deve innalzare quello del 2020, spiega la "Roadmap 2050" pubblicata dalla Commissione. Un cammino percorribile ricorrendo a efficienza energetica, rinnovabili e politiche certe nel tempo. Notevoli anche i benefici economici.

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Per tagliare le emissioni quanto serve a stare sotto ai 2°C di temperatura globale, l’Europa deve innalzare il proprio obiettivo al 2020. È questa la conclusione principale che emerge dalla nuova Roadmap 2050 (vedi allegato), che pur specifica di “non voler indicare nuovi target”. Altro punto fondamentale: il cammino per ridurre le emissioni dell’80% al 2050 può portare importanti vantaggi economici, primi fra tutti quelli legati alla diminuzione dell’import di combustibili fossili e alla creazione di nuovi posti di lavoro. Si parla di 320 miliardi di euro all’anno di risparmi solo per la bolletta energetica, a fronte di investimenti per 270 miliardi che creeranno occupazione e produrranno vantaggi ambientali oltre che economici.


Nel 2009, fa notare il documento, l’Europa aveva già raggiunto un -16% di emissioni rispetto ai livelli del 1990 e l’obiettivo 2020, -20%, è in vista. Non è però per nulla il caso di riposarsi sugli allori: se non si cambia marcia la traiettoria attuale ci porterà al 2050 con emissioni ridotte solo del 40%, metà rispetto all’obiettivo che ci si prefigge. Per tagliare la CO2 dell’80% a metà secolo, si spiega, bisogna arrivare a -40% già al 2030 e a -60% al 2040. Una strada raggiungibile se al 2020 le emissioni saranno tagliate almeno del 25% anziché del 20%.


Come percorrere la strada che passa per queste tappe? Innanzitutto con l’efficienza energetica: la riduzione della CO2 del 25% al 2020, spiega il documento, sarebbe automatica se l’obiettivo dello stesso anno sui consumi (-20% sui consumi finali rispetto a quelli tendenziali) venisse effettivamente raggiunto. L’obiettivo sull’efficienza, ricordiamo, non è vincolante e, per come stanno andando le cose, al 2020 si otterrà una riduzione dimezzata rispetto a quella prevista: meno 9-11% anzichè -20%. Proprio per mostrare la strada verso l’obiettivo efficienza nei giorni scorsi la Commissione ha pubblicato un altro piano importante sull’argomento.
La Roadmap prevede una decarbonizzazione quasi totale della produzione elettrica entro il 2050, un taglio del 50-70% delle emissioni dei trasporti e riduzioni distribuite in tutti i settori (vedi grafico e tabella sotto).




Gli strumenti per realizzare questi tagli? Innanzitutto rendere più efficace lo strumento dell’emissions trading (EU-ETS), il mercato europeo delle emissioni, mantenendo a un buon livello il prezzo dei permessi ad emettere. Per farlo, spiega la Commissione, bisogna continuare nella riduzione progressiva dei permessi assegnati gratuitamente, ma anche, argomento caldo del dibattito, togliere dal mercato fin dal 2013 i permessi avanzati nella fase precedente. Ricordiamo che sono circa 1,8 miliardi le tonnellate di CO2 (per circa 14 miliardi di euro) relative ai permessi “risparmiati” nella fase attuale dello schema che le aziende potrebbero rivendere o utilizzare in quella successiva (2013-2020) vanificando così gli effetti dell’ETS (Qualenergia.it, L’ETS che fa crescere le emissioni).


Quanto costerà seguire la Roadmap? Una delle parti più interessanti del documento è quella che fa il bilancio economico  (pagine 10-14) delle misure e che arriva a conclusioni simili a quelle di un recente studio del Potsdam Institute di cui abbiamo già parlato (Qualenergia.it, Contro la crisi? Innalzare l’obiettivo 2020 sulla CO2). Gli investimenti per decarbonizzare l’economia, secondo il piano, dovrebbero arrivare (pubblici e privati assieme) a 270 miliardi l’anno: un aumento dell’1,5% del Pil rispetto alla quota di investimenti attuale (19% del Pil nel 2009). Ritorneremmo così a livelli pre-crisi e comunque ben al di sotto dei paesi emergenti: Cina, India e Corea del Sud investono rispettivamente il 48%, il 35% e il 26% del Pil.


Per fare sì che vengano messi in campo questi investimenti “serve una cornice normativa certa” (il contrario di quello che sta accadendo in Italia con il decreto Romani, ci viene da pensare) e una implementazione dei meccanismi di finanziamento. Ma la transizione pagherà: secondo i calcoli della Commissione solo il risparmio di combustibili fossili andrà dai 175 ai 320 miliardi all’anno (aumentando nel corso del periodo di 40 anni). Il piano prevede infatti di dimezzare gli import di petrolio e gas, che invece nel business-as-usual aumenterebbero (sono cresciuti di 70 miliardi solo dal 2009 al 2010, nonostante la crisi). Senza azione e con il previsto aumento dei prezzi, la bolletta energetica al 2050 potrebbe costare all’Europa 400 miliardi in più all’anno, ossia circa il 3% del Pil.


Ci sono poi i benefici per l’occupazione: il settore delle rinnovabili negli ultimi 5 anni, spiega la Roadmap, ha visto aumentare gli occupati da 230.000 a circa 550.000. In più molti posti di lavoro verrebbero creati con gli interventi di efficientamento degli edifici, settore che occupa attualmente 15 milioni di persone e che è stato duramente colpito dalla crisi. Se i ricavi della vendita dei permessi ETS e di eventuali tasse sulla CO2 venissero usati per ridurre le tasse sul lavoro, poi, spiega il documento, si potrebbero creare 1,5 milioni di posti di lavoro entro il 2020.


Altra voce di bilancio è quella dei benefici prodotti dal miglioramento della qualità dell’aria conseguente alla decarbonizzazione: 10 miliardi all’anno risparmiati al 2030 e 50 mld entro il 2050 per misure di controllo degli inquinati atmosferici, cui si aggiungono 17 miliardi l’anno al 2030 e 38 al 2050 risparmiati per la ridotta mortalità. Mancano dal conto i risparmi sui costi sanitari e soprattutto quelli, ancor più difficili da quantificare, legati al contenimento dei danni causati dai cambiamenti climatici. Ma il quadro ci sembra già abbastanza corposo per capire la direzione da seguire.

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