L’ETS che fa crescere le emissioni

Lo schema di emission trading europeo (ETS) al 2012 avrà ridotto le emissioni dei settori coinvolti di un misero 0,3% e al 2016 potrebbe farle addirittura crescere del 34%, spiega un report di Sandbag. Troppi permessi gratuiti e troppe distorsioni. Perciò sono necessarie rapide riforme del meccanismo.

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Lo schema di emission trading europeo (EU-ETS) così come è ora rischia di servire a poco o a nulla. Al 2012 il meccanismo ridurrebbe le emissioni totali europee di una percentuale risibile: lo 0,3%. Il meccanismo come sappiamo assegna gratuitamente alle aziende dei settori coperti una quota di diritti ad emettere e impone di acquistarne altri sul mercato qualora si sfori. Ma le quote allocate gratuitamente sarebbero troppo generose, specie in questo periodo di crisi, e troppe le distorsioni: si otterrebbe un risparmio maggiore di CO2 regolando una singola centrale a carbone.

A lanciare l’allarme è un report (vedi allegato) pubblicato da Sandbag, Ong britannica tra le più attive su queste tematiche. “L’EU-ETS – è la conclusione dello studio – potrebbe risultare una trappola portando l’Europa ad aumentare le sue emissioni nei prossimi 10 anni, a meno che non siano introdotti immediati cambiamenti”.

Nel periodo 2008-2012, mostra l’analisi, dai 12mila impianti coinvolti nello schema si otterrà una riduzione delle emissioni di non più di 32 milioni di tonnellate di CO2 sugli 1,9 miliardi (circa la metà delle emissioni europee) regolate dall’EU-ETS. Il problema principale? La quantità eccessiva di permessi gratuiti che sono stati assegnati. Anche il fatto che la crisi abbia fatto diminuire le emissioni totali (l’EEA parla di un calo dell’11% nei settori ETS; vedi Qualenergia.it, Taglio della CO2, se la crisi ci dà un’occasione) rischia così di essere un boomerang visto che nell’emission trading questo si traduce in un surplus di permessi ad emettere.

“Le minori emissioni – spiegano da Sandbag – invece di condurre l’Europa ad un futuro low-carbon, potrebbero in realtà portare ad una Europa con economie ad alta intensità di CO2, perché il meccanismo consente alle industrie di tenere per sé il proprio surplus di permessi nella fase successiva dell’ETS, quella 2013-2020. Dopo la ripresa economica, questi permessi, sarebbero perciò disponibili per le imprese, sottraendo così un incentivo rilevante agli investimenti nei settori  a più basso contenuto di carbonio”.

 

Sono infatti pari a circa 1,8 miliardi le tonnellate di CO2 (per circa 14 miliardi di euro) relative ai permessi “risparmiati” nella fase attuale dello schema che le aziende potrebbero rivendere o utilizzare in quella successiva (2013-2020), minandone pertanto l’efficacia. A beneficiare del grosso del surplus – grazie ad assegnazioni troppo generose secondo l’ong – Stati membri come Romania e Cipro e settori come quelli della metallurgia. Sandbag segnala in particolare 11 compagnie (chiamate “fatcats” ossia gatti grassi, vedi secondo allegato) che hanno accumulato veri e propri tesori fatti di permessi inutilizzati e che per questo si oppongono fermamente a riforme nel sistema.

Senza una seria modifica, quindi, l’EU-ETS rischia di essere controproducente. Tra surplus dei permessi e possibilità di utilizzare meccanismi di compensazione al 2016 lo schema potrebbero aumentare le emissioni fino al 34%, anziché ridurle.
Essenziale secondo il report innalzare l’obiettivo UE 2020 sulle emissioni da meno 20 a meno 30%, con conseguente riduzione dei permessi gratuiti assegnati e fissare l’allocazione per il periodo 2013-2020 sulla base delle effettive emissioni e non sulla base dei permessi assegnati. Ciò significherebbe,  sottolinea Sanbag, ritirare fin dall’inizio 1,4 milioni di tonnellate di permessi dallo schema. Occorrerebbero poi regole sulla qualità dei progetti di compensazione che fruttano certificati di riduzione delle emissioni (si veda il caso HCF-23. Qualenergia.it, Il CDM e quelle riduzioni di gas serra ‘finte’) e infine cancellare i permessi non utilizzati assegnati ai nuovi entranti (che rendono ricchissimi di diritti ad emettere paesi come Romania e Cipro).

Insomma, l’EETS così com’è non funziona e c’è da metterci le mani. Cosa ne pensa la Commissione europea? A livello di analisi – spiega all’agenzia Euractiv Maria Kokkonen, portavoce della Commissaria per il clima Connie Hedegaard – si condivide il quadro dipinto nel report di Sanbag “ma non si condividono tutte le politiche suggerite. L’EU-ETS sta per essere sottoposto ad una profonda riforma nell’ambito del pacchetto clima-energia e nel futuro sarà più efficace. Il prossimo passo dovrà stabilire le quote delle allocazioni gratuite per il post-2012”. Staremo a vedere se – nonostante i non pochi interessi economici contrari – la Commissione avrà la forza di stringere il rubinetto dei permessi e fare i cambiamenti che servirebbero.
 

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