I metalli che possono mettere in crisi l’economia low-carbon

Un report della Commissione europea fa il punto della situazione sui materiali "critici", metalli rari usati in tecnologie low carbon, come il fotovoltaico, che rischiano di avere problemi di scarsità. Spesso sono concentrati in paesi che ne limitano l'export: occorre rimuovere le barriere commerciali, ma soprattutto potenziarne il riciclo.

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La finitezza delle risorse paradossalmente potrebbe mettere a rischio anche il mondo delle rinnovabili. Parliamo della scarsità di quei metalli necessari a molte tecnologie pulite che rischia seriamente di rallentare o fermare la rivoluzione del low-carbon. Materiali indispensabili per realizzare moduli fotovoltaici, turbine eoliche o batterie che potrebbero venire a mancare o diventare insostenibilmente costosi. Un problema spesso trascurato, ora delineato con più chiarezza da un report (vedi allegato) pubblicato da un gruppo di lavoro della Commissione europea, il Raw Materials Supply Group.

Sono 14 i metalli “critici” per i quali si delineano problemi di scarsità. C’è ad esempio il gallio, usato nella produzione di celle fotovoltaiche a film sottile e che potrebbe essere troppo poco già nei prossimi anni; l’indio, ugualmente importante per il fotovoltaico; il platino, usato in alcune celle a combustibile; il cobalto, che serve per le batterie al litio.

A determinare la situazione “critica” dei vari materiali non solo, o non tanto, la disponibilità di riserve geologiche quanto il fatto che siano spesso concentrate in pochi paesi extraeuropei: il gallio ad esempio viene quasi tutto dalla Cina, il cobalto dal Canada e dalla Repubblica del Congo.

Russia (platino, palladio), Brasile (niobidio ,tantalio), Cina (antimonio, fluorosparo, gallio, germanio, grafite, indio, magnesio, tungsteno) e Repubblica democratica del Congo (cobalto, tantalio) le nazioni più ricche di metalli rari. Paesi esportatori che spesso sono anche economie emergenti, e che, come nel caso cinese, stanno adottando politiche che – tramite incentivi e tassazioni – mirano a far rimanere entro i propri confini i metalli. In una situazione del genere, con la domanda in aumento vertiginoso e la restrizioni dell’export, è chiaro che il supply crunch può essere dietro l’angolo.

Altri fattori che rendono “critico” un materiale sono l’impatto ambientale della sua estrazione e il fatto che eventuali misure di salvaguardia ambientale la riducano, nonché l’impossibilità di sostituirlo con altre risorse. C’è poi l’incognita dell’evoluzione tecnologica capace di creare nuove criticità o di risolverle. Il mondo del low-carbon, dunque, deve prepararsi ad avere a che fare con risorse scarse e bisognerebbe muoversi già ora per evitare eventuali colli di bottiglia.

 
Diverse le raccomandazioni con cui si conclude il report. Innanzitutto occorre monitorare la situazione costantemente, raccogliendo più dati statistici, aggiornando periodicamente la lista dei materiali a rischio scarsità e effettuando più studi sui cicli di vita delle varie tecnologie.
Poi occorre intervenire a livello di scambi internazionali (anche ricorrendo al WTO, il tribunale internazionale del commercio) per rimuovere le barriere all’importazione dei materiali in questione. Ma soprattutto occorre aumentare subito i tassi di riciclo di queste preziose risorse che, come denunciava anche l’Unep in un recente studio (Qualenergia.it, La green economy e la carenza dei metalli rari), sono ancora troppo bassi.
Per farlo, spiega il gruppo di lavoro della Commissione, bisogna ottimizzare i sistemi di raccolta, evitando che tali materiali vengano perduti o rimangano “ibernati” nelle case, ma anche reprimere l’export illegale di rifiuti tecnologici per assicurare che la filiera sia il più trasparente possibile.

GM

21 giugno 2010

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