A rischio quel 55% che fa guadagnare il paese

Il futuro della detrazione del 55% per l'efficienza energetica negli edifici è a rischio. Ma l'incentivo conviene allo Stato: il ritorno per il sistema Paese è di quasi 4 miliardi di euro superiore alle mancate entrate, spiega uno studio Cresme di prossima pubblicazione.

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Lo sgravio del 55% sugli interventi per l’efficienza energetica non fa risparmiare solo energia ed emissioni, ma conviene anche economicamente: in 4 anni il ritorno per il sistema paese di questa misura è di quasi 4 miliardi di euro superiore alla cifra spesa, o meglio non incamerata, dallo Stato. È quanto emerge da uno studio commissionato dall’Enea al Cresme, centro di ricerca economica sull’edilizia. Un bilancio economico di imminente pubblicazione le cui conclusioni sono state anticipate dall’Enea la settimana scorsa (vedi presentazione allegata, in particolare ultime 5 slide e articolo Qualenergia.it).

Come spiega a Qualenergia.it Giampaolo Valentini, responsabile del settore efficienza energetica per l’Enea, le prospettive per una proroga dell’incentivo oltre il 31 dicembre 2010 sono scarse: “il Ministero dello Sviluppo Economico, come confermato pubblicamente dal sottosegretario Stefano Saglia, è favorevole a rinnovare la misura, ma quello dell’Economia è più propenso a far morire l’incentivo, considerato troppo oneroso”. I conti del Cresme però potrebbero far riflettere Tremonti e colleghi.

Vi si mettono sui due piatti della bilancia costi e benefici economici della detrazione del 55%. Ne esce, come anticipato, che i vantaggi per il sistema paese – anche ilmitandosi a quelli più facilmente quantificabili – superano di diversi miliardi di euro le mancate entrate. Se la misura venisse interrotta il prossimo 31 dicembre, inoltre, paradossalmente, i conti pubblici non ne trarrebbero vantaggio immediato, anzi, ci rimetterebbero: lo Stato pur continuando a pagare (essendo la detrazione spalmata su 5 anni) infatti non godrebbe più di alcune entrate legate alla misura, come ad esempio le tasse sul reddito di tutti quelli che lavoravano grazie all’incentivo e  l’Iva derivante dagli interventi.

Ma vediamo qualche numero dallo studio Cresme: l’onere a carico dello Stato della misura per il periodo 2007-2010 viene stimato in 6.446 milioni di euro (il 55% del fatturato mosso è pari 11.720 mln€) . Sull’altro piatto della bilancia le entrate aggiuntive per l’erario, cioè tasse riscosse legate agli interventi incentivati, sono 3.310 milioni. Vi si aggiunga poi un beneficio per il sistema Paese di 3.800 milioni dato dall’aumento di valore che i lavori incentivati danno al patrimonio immobiliare. Terza voce, un risparmio sulla bolletta energetica di circa 3.200 milioni: “un dato, quest’ultimo, ampiamente sottostimato, perché calcolato solo su 8 anni, mentre gli effetti degli interventi durano molto di più, e senza contare che il prezzo dei combustibili fossili è destinato a crescere”, puntualizza Valentini

“A questi benefici – continua – ne andrebbero aggiunti diversi altri, esclusi dallo studio Cresme perché più difficili da quantificare: sostegno all’occupazione, emersione dell’economia sommersa, spinta all’innovazione“. Li tratterà un altro studio al quale l’Enea sta lavorando, ma di cui Valentini ci anticipa qualcosa : “in diversi settori l’occupazione è cresciuta o ha tenuto grazie all’incentivo. Molte nuove aziende sono state create, anche da giovani, proprio grazie alla misura. Sono poi nati  nuovi mercati, come quello delle caldaie a condensazione”.

Altra voce non secondaria che manca ancora dal bilancio, le emissioni che gli interventi incentivati consentono di evitare e che potrebbero tradursi in un risparmio sulle multe miliardarie che attendono il nostro paese qualora (come sta accadendo) non raggiunga gli obiettivi in materia di emissioni del protocollo di Kyoto e quelli europei al 2020 su gas serra, efficienza energetica e rinnovabili.

Il potenziale di risparmio energetico del patrimonio edilizio italiano è infatti enorme: le case italiane, dicono i dati Enea, sono tra le più energivore d’Europa. Nessun paese europeo ha emissioni legate al settore residenziale in valore assoluto più alte delle nostre (86 miliardi di tonnellate di CO2 annue secondo dati Eurimi, riportati da Enea); a livello procapite invece per i consumi domestici gli italiani producono circa il doppio dei gas serra di paesi con climi ben meno clementi come la Norvegia. Basterebbe poco per fare molto. “Il consumo medio degli edifici italiani è di 150-200 kWh/mq anno, le case efficienti moderne stanno sui 20 kWh/mq, una riduzione del 50% dei consumi è possibile con poche difficoltà”, spiegano dall’Enea. Che la detrazione del 55% sia uno degli strumenti più efficaci per farlo è chiaro: nel 2008, ad esempio, gli interventi incentivati hanno fatto risparmiare 1.961 gigawattora.

Ora più che mai però il futuro dell’incentivo appare in dubbio, cosa che suscita preoccupazioni in una vasta parte del mondo produttivo. “La mancata conferma del bonus del 55% – avverte ad esempio Angelo Artale, direttore generale di Confindutria- Finco – vibrerebbe un durissimo colpo ad una parte dell’industria delle costruzioni già duramente provata dalla crisi generale, la sua riconferma potrebbe invece costituire uno dei traini per la ripresa”.

Gli effetti della mancata proroga secondo Enea? “Rallentamento delle potenzialità di innovazione tecnologica e di efficientamento energetico degli edifici, interruzione della crescita virtuosa del risparmio energetico e della limitazione delle emissioni di CO2, rinuncia ad una rimodulazione più efficiente del mix degli incentivi e – come emerge dallo studio Cresme – aggravio per le casse dello Stato a partire dal 2011”. Parole che speriamo verranno ascoltate dal Ministero delle Finanze che, interpellato da Qualenergia.it, non fa sapere se sia o meno a conoscenza dei dati in questione.

 

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