L’edificio che verrà

  • 8 Maggio 2009

CATEGORIE:

Il futuro dell'edilizia è ad emissioni zero, almeno secondo le norme che si stanno introducendo in vari paesi. Una sfida stimolante che il mondo delle costruzioni pare pronto a intraprendere. Se ne è parlato a NextBuilding, il convegno d'apertura di GreenBuilding, a Verona.

ADV
image_pdfimage_print
Stabili costruiti studiando accuratamente il microclima in cui vengono realizzati, che non hanno bisogno di climatizzazione, che sfruttano la circolazione naturale dell’aria per il raffrescamento e la luce del sole per l’illuminazione degli interni e che producono almeno tanta energia quanta ne consumano: dovranno essere così gli edifici che si costruiranno se vogliamo raggiungere gli obiettivi che abbiamo di fronte in quanto ad efficienza, uso delle rinnovabili e riduzione delle emissioni. Questo il messaggio lanciato oggi dal convegno di apertura di GreenBuilding alla Solarexpo di Verona, dal titolo “NextBuilding. Advances in next-generation building technologies & design“.

“Se l’edilizia esistente, un vero e proprio colabrodo dal punto di vista dell’efficienza energetica, è paragonabile ad giacimento energetico nascosto, pari a tutte le risorse italiane di gas naturale, la nuova edilizia – ha spiegato Gianni Silvestrini, direttore scientifico del Kyoto Club e Presidente di Exalto nell’introdurre l’incontro – è sul punto di spiccare un balzo in avanti verso la sostenibilità, guidata anche da nuove illuminate politiche introdotte a livello di Unione Europea ma anche a livello di singoli governi”.
L’esempio più avanzato è quello inglese: in Gran Bretagna dal 2016 tutti i nuovi edifici residenziali (e dal 2019 quelli commerciali) dovranno essere a emissioni zero. Il 31 marzo scorso la Commissione Industria del Parlamento Europeo ha dato indicazione che dopo il 2019 si prescriva che tutti i nuovi edifici siano “carbon neutral”. Ora altri paesi si apprestano a seguire l’esempio inglese. L’edilizia dunque è a un punto di svolta epocale.

Occorre ripensare il modo di costruire“, ha spiegato Thomas Herzog, architetto di fama e preside della Facoltà di Architettura di Monaco. E quanto grande sia il fermento creativo e quali le innovazioni tecniche dietro a questo ripensamento, gli architetti intervenuti a NextBuilding l’hanno spiegato ampiamente. Un caso per tutti è Soka Bau, il progetto che Herzog ha illustrato: un complesso (di proprietà del fondo pensione degli edili tedeschi) con una superficie di 70mila metri quadri nel Wisenbaden che consuma circa 80 kWh a metro quadro, mentre la media nazionale è di circa tre volte più elevata. Qui Herzog ha potuto mettere in pratica i principi della sua architettura “ri-pensata”, organicista, flessibile, integrata il più possibile con l’ambiente che la ospita. Innumerevoli le innovazioni messe in campo: dal sistema di ventilazione naturale a quello di illuminazione che con un sistema di specchi sfrutta la luce del sole, fino alla sperimentazione di un tipo di vetro che diventa schermante con l’aumentare della temperatura, mentre lascia passare la luce quando è freddo.

La nuova architettura che punta a realizzare edifici sempre più efficienti dal punto di vista energetico è oggi settore che coinvolge moltissimi campi della ricerca e i suoi benefici non si fermano certo alla riduzione delle emissioni: costruire in modo intelligente stimola creatività nuove, valorizza saperi innovativi, fa bene a chi compera le case e a chi le realizza.
L’esempio citato da Silvestrini è quello di Casa Clima, in Alto-Adige. All’inizio questa esperienza si guardava con sospetto per via dei maggiori costi di costruzione, ma in seguito le abitazioni con i requisiti Casa Clima, classificate in tre categorie di efficienza, hanno avuto un notevole riscontro tanto che la domanda si andava concentrando soprattutto nelle due classi più efficienti. “E’ così che oggi nella provincia di Bolzano si è deciso di costruire solo case di classe A e B”, ricorda Silvestrini. Inoltre, va detto che le ditte edili e artigiane altoatesine hanno potuto sviluppare professionalità e prodotti che oggi stanno esportando nel resto d’Italia e in Europa.

 
Per Federico Butera, professore Politecnico di Milano, si deve puntare ad un modello di edilizia a emissione zero entro il 2019. Come sarà l’edificio a emissioni zero? Cosa dovrà cambiare? “Abbiamo dieci anni per ripensare il modello architettonico e il linguaggio dell’architettura”, ha detto Butera, aggiungendo che si tratta di “un processo che coinvolge gli aspetti culturali, estetici, progettuali e formativi. Ma la grande sfida si gioca sull’innovazione tecnologica”.

7 maggio 2009

 
 
Potrebbero interessarti
ADV
×