Un virus chiamato auto

  • 29 Maggio 2008

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L'impatto dell'automobile sulla nostra società nella visione quasi antropologica e molto critica del direttore dell'Istituto per la pianificazione del traffico dell'Università tecnologica di Vienna. Un'intervista a Hermann Knoflacher realizzata lo scorso anno da Die Zeit.

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L’auto? “Un virus nel cervello che sovverte comportamenti, valori e percezioni. Ci richiudiamo in spazi sigillati lasciando l’esterno al rumore alla polvere e ai gas di scarico dei veicoli. Un rovesciamento dei valori di cui non ci rendiamo nemmeno più conto.” Inizia con questa dichiarazione forte l’intervista rilasciata lo scorso anno a Die Zeit  dal professor Hermann Knoflacher. Un lungo dialogo in cui il direttore dell’Istituto per la pianificazione dei trasporti dell’Università tecnologica di Vienna espone le sue idee sull’automobile e sul suo impatto sull’uomo e sugli spazi urbani. Idee che, come saprà chi conosca Knoflacher,  promotore a Vienna di piste ciclabili, zone pedonali e corsie riservate per i tram, sono piuttosto critiche nei confronti della mobilità privata su gomma.
Abbiamo pensato di tradurre per i lettori di Quelenergia.it. l’interessante colloquio tra Knoflacher e i giornalisti di Die Zeit.

Lei è contrario all’automobile?
Non sono contrario ma sono cosciente del suo impatto sulla società.

Lei guida?
Non possiedo un’auto ma guido.

 
Dunque, che impatto ha la motorizzazione sulla nostra società?
Un impatto incredibile. L’auto è come un virus nel cervello che sovverte comportamenti, valori e percezioni. Una persona normale definirebbe lo spazio in cui viviamo totalmente assurdo. Ci richiudiamo in spazi sigillati lasciando l’esterno al rumore, alla polvere e ai gas di scarico dei veicoli. Un rovesciamento dei valori di cui non ci rendiamo nemmeno più conto. 

Come siamo arrivati a questo punto?
Il nostro problema inizia con la camminata in posizione eretta. Consumiamo molta energia per mantenere l’equilibrio e muoverci. Si pensi solo ai problemi di coordinazione quando si è sotto l’effetto dell’alcol. Guidare ci fa sentire incredibilmente potenti usano un sesto dell’energia. Questa è una questione. L’altra è la pianificazione urbanistica a cui viene richiesto che le auto siano il più possibile vicine alle nostre attività sociali. È così che si distrugge l’ambiente naturale, il trasporto pubblico, le risorse locali e alla fine anche le reti sociali che l’uomo ha costruito nei millenni. 

Dunque l’auto distrugge l’evoluzione?
No, ma i progressi fatti dalle generazioni precedenti sono stati degradati dall’uso dell’auto.

L’era dell’auto condanna al declino la nostra cultura?
Non direi perchè il problema non è il declino della nostra cultura. È solo l’ultimo strato dell’evoluzione ad andare perso. La devastazione permanente delle strutture causata dall’auto è l’aspetto peggiore. 

Guidare da’ dipendenza?
Certamente! L’automobile si impossessa delle persone. L’automobilista si distingue dall’essere umano più di un insetto qualunque. 

Cosa intende con questo?
Muoversi usando il proprio corpo è una cosa che uomini e insetti hanno in comune tra loro. Mentre un automobilista non lo fa. E nessun insetto distrugge l’ambiente che lascerà ai suoi eredi per la sua comodità, né si muove a una velocità tale da potersi uccidere. 

Come dovrebbe essere la mobilità nella nostra società allora, secondo lei?
Ogni società ha bisogno della mobilità per soddisfare i propri bisogni. Se potessimo adempire  alle nostre necessità localmente saremmo piante, non umani. La mobilità umana nasce sempre da mancanze a livello locale. 

Perchè siamo così orgogliosi della nostra mobilità?
Lei sta parlando delle tecniche di mobilità. Storicamente parlando non siamo mai stati particolarmente orgogliosi della nostra mobilità in quanto tale. Al contrario, la mobilità è sempre stata considerate un peso. Divenire stanziali ha significato liberarsi dalla mobilità forzata. La nostra mobilità mentale era sufficiente a permetterci di coltivare piante e allevare animali. 

È per questo che parole come “zingaro” o “vagabondo” sono offensive?
Chiaramente: la comunità stanziale reclama il territorio e nega l’accesso  a chiunque altro. Le dimore fisse sono viste come esclusive. I nomadi sfidano il possesso della terra da parte degli stanziali e sono odiati per questo. 

Lei è contemporaneamnte un critico del nostro sistema di mobilità e un pianificatore, come fa?
All’inizio della mia carriera mi sono reso conto che la pianificazione della mobilità tradizionale è basata su supposizioni. Per molto tempo non c’è stata nessuna considerazione per gli impatti sulla società e sull’ambiente. Nessuno si interessava del rumore, dell’inquinamento, degli incidenti dell’alterazione dell’economia o della creazione di disoccupazione. Il mio obiettivo è pianificare la mobilità su basi scientifiche. Sotto questo aspetto sono convinto che i trasporti siano una delle applicazioni più affascinanti della scienza. 

Lei critica la mancanza di collaborazione tra la pianificazione dei trasporti e altri campi del sapere.
Si. Gli assunti centrali nella pianificazione della mobilità sono completamente sbagliati dal mio punto di vista. L’idea di crescita della mobilità si basa su una scorretta interpretazione del sistema. C’era la convinzione di incrementare la mobilità incrementando la motorizzazione. Oggi sappiamo che aumenta solo il numero degli spostamenti in auto, mentre il numero totale degli spostamenti resta uguale, perché parallelamente calano i viaggi con i mezzi pubblici e a piedi. L’altra falsa convinzione è quella di risparmiare tempo grazie a velocità maggiori negli spostamenti. Molte stime dell’efficienza economica nella pianificazione del traffico sono basate su questo assunto. In realtà non esiste un risparmio di tempo legato a velocità più alte. Ci si sposta solo per distanze maggiori usando la stessa quantità di tempo. 

Come può provare questa affermazione?
Basta osservare criticamente il budget di tempo dell’essere umano. È interessante come la quantità di tempo spesa per la mobilità sia la stessa in tutto il mondo. Sono le distanze percorse ad essere diverse. Negli anni ’60 il filosofo Ivan Illich  ha mostrato come l’energia spesa per costruire automobili e strade sarebbe sufficiente a coprire le distanze a piedi – e in un ambiente notevolmente più bello e pacifico. 

Non aumenta anche la mobilità sociale all’aumentare della mobilità spaziale?
No. È piuttosto il contrario. La distanza aggiuntiva è inutile. L’uomo copre distanze più grandi per fare le stesse cose. Fa quello che ha sempre fatto ma viaggia su percorsi più lunghi. 

Ma così apriamo la nostra mente.
Come posso aprire la mia mente mentre sfreccio a 100 km/h attraverso il paesaggio? La velocità fa restringere la mente. 

Uno esperisce cose diverse se viaggia in India o in Baviera…
Non dipende da dove si va ma da cosa si scopre là. Non si farà un esperienza più significativa su un percorso stravolto dal turismo in India rispetto a ciò che si potrebbe fare in Baviera. Al contrario con attenzione e curiosità si possono scoprire cose in Baviera che non si scoprirebbero in India. Velocità che eccedono i limiti delle nostre capacità determinate dall’evoluzione sono troppo anche per le nostre percezioni. Non riusciamo a gestire mentalmente le distanze che la tecnologia ci permette di coprire. 

Ma ci sentiamo potenti…
Certamente. La mobilità equivale a potere. A proposito, studi hanno dimostrato ad esempio che i genitori stessi non considerano nemmeno il benessere dei propri figli quando devono scegliere tra avere il parcheggio fuori dalla porta di casa o una zona pedonale. 

Guidare è un’attività completamente folle?
Considerando le strutture che l’uomo ha creato per muoversi in macchina è il modo più conveniente per viaggiare e dunque abbastanza razionale. Si guardi per confronto alle infrastrutture per i pedoni. I percorsi pedonali attualmente sono uno scherzo! Un tempo – per più di 7mila anni – i pedoni avevano a disposizione l’intera larghezza della carreggiata. Negli ultimi 50 anni abbiamo spinto chi si muove a piedi ai margini, e ora ci chiediamo perché questo tipo di mobilità sta scomparendo. Le strutture che abbiamo creato obbligano la gente a guidare! 

Viviamo in una dittatura delle automobili?
Assolutamente si.

Si  può cambiare tutto ciò?
Certamente. Cambiare il modo in cui organizziamo i parcheggi sarebbe sufficiente. Se camminando verso il parcheggio si passasse davanti a una fermata del bus o a un negozio – che si stabilirebbe da solo –  la necessità di guidare diminuirebbe. Al momento attuale la gente è presa in giro perdendo tempo sui sintomi. Mettono un parcheggio a pagamento qui o una congestion charge là. Questo è completamente ingiusto. Prima creano condizioni che costringono le persone a usare la macchina e poi le fanno pagare per questo. In quanto pianificatori urbani si dovrebbero creare le condizioni che sollevino le persone dalla necessità di guidare. 

Sembra un compito che può suscitare conflitti…
Al tempo era stato pronosticato che la mia proposta di trasformarela Viennese Kartnerstrasse in una zona pedonale avrebbe sancito la morte economica della zona. Poi mi è stato detto che spostarsi in bicicletta non sarebbe piaciuto ai viennesi e che mettere i dissuasori di velocità vicino alle fermate dei mezzi pubblici avrebbe causato una sollevazione degli automobilisti. Tutto ciò era presumibilmente impopolare. Ma i viennesi hanno accettato queste idee e lo standard di vita della città è salito nelle classifiche internazionali. Non si possono solo accontentare i desideri di chi vota. Non si dà a un tossicodipendente la droga esente da tasse, anche se il desiderio certamente esiste.

Il problema, secondo lei, potrebbe essere risolto con l’aumento del costo dei carburanti?
No! Ogni aumento del prezzo dei carburanti è un azione puramente simbolica e porta automaticamente a una trappola sociale. Quando solo i ricchi possono fare il pieno il problema del traffico resta irrisolto con aggiunta un’ingiustizia sociale. L’approccio deve partire dal parcheggio e dalla via per arrivarci. Se si organizza il parcheggio in maniera appropriata, si creano spazi liberi dalle auto con un alto valore di qualità della vita. Chi vuole dormire in un posto silenzioso dovrà accettare di camminare un po’ di più per arrivare alla propria macchina. E chi preferisce la macchina dovrà vivere in un ambiente inquinato e rumoroso. I parcheggi dovrebbero essere organizzati come le fermate dei mezzi pubblici. 

Lei dunque è per maggiori restrizioni alla possibilità di parcheggiare?
Guardi a come ragiona in modo auto-centrico! Quando a un pedone è impedito di attraversare la strada dove vuole sembra normale. Riorganizzare il traffico in strade per i mezzi a motore e strade pedonali è demonizzato come anti-automobile, senza considerare che dividere i due tipi di traffico è la soluzione migliore. 

E cosa dice della spesso citata libertà dell’automobilista?
Questa libertà è puramente virtuale propagandata dalla pubblicità. Mostrano una strada vuota percorsa da una sola macchina in un paesaggio bellissimo. Se mostrassero la realtà, con gli ingorghi, nessuno sarebbe così stupido da comperare un’auto. 

Le automobile vendono comunque molto…
Si, perchè chi guida apprezza un’altra forma ancora di libertà, la libertà di non avere leggi. Diversamente dagli altri, a chi guida è permesso di disturbare, inquinare e mettere a rischio l’incolumità degli altri senza conseguenze. Un ubriaco rumoroso viene arrestato per schiamazzi; gli automobilisti che ci disturbano con il rumore giorno e notte invece sono tollerati. Se io come pedone spruzzassi sulla gente sostanze cancerogene questo infrangerebbe la legge. Gli automobilisti invece lo fanno indisturbati ogni giorno, accorciando la nostra aspettativa di vita media di 12 mesi. 

L’automobilista è un assassino?
Si, in buona fede. L’auto ci sposta in una dimensione spazio-temporale di irresponsabilità che non possiamo comprendere né gestire. E c’è una forte attività di lobbying: l’industria dell’auto, delle costruzioni, delle banche si interessano che certi studi, tipo quelli divulgati recentemente dall’OMS, non siano pubblicati. 

Anche i teenagers sognano l’auto
Perchè sono stati costretti per molto tempo dalle macchine. Per via delle auto un bambino è chiaramente limitato nelle sue possibilità di movimento. Gli viene vietato di attraversare una strada, di giocare dove vuole, viene imprigionato per ore nei sedili posteriori, spesso legato con le cinture. Questo è il perchè i teenagers non vedono l’ora di riprendersi la loro libertà tramite la patente di guida e un’auto loro. 

Pensa che le auto siano causa di guerre?
Assolutamente si! E non occorre guardare alla guerra in Irak. C’è una guerra permanente sulle nostre strade. Ogni giorno persone vengono uccise sulle strade austriache, 40mila all’anno restano feriti. E questa cifra non tiene conto, come riporta l’OMS, di quelli che muoiono per le esalazioni. 

Cosa prova quando passa accanto ai centri commerciali e ai megastore situati nelle periferie delle città?
Sono parassiti! Mi dispiace per ogni città che abbia queste strutture. Il problema del traffico è in parte dovuto anche a queste grandi installazioni commerciali ai limiti delle città. Il problema principale è il parcheggio. Dovrebbe essere tassato in modo massiccio così da arrivare a costare tanto quanto in centro. A ognuno deve essere permesso di costruire dove vuole, ma è inaccettabile che i negozi in centro debbano confrontarsi con tariffe per i parcheggi mentre nelle periferie tutto è gratis. 

Si aspetta che le città europee diventino sempre di più come le criticate città americane, con quartieri residenziali suburbani di case singole dove si estendono giganteschi centri commerciali e trasporti pubblici scadenti?
No, perchè in molte città europee sta avvenendo una re-urbanizzazione. Ciò è legato all’invecchiamento della società. Le persone anziane non possono accedere a servizi ai limiti esterni delle città . Devono ritrasferirsi in centro. A parte questo è la questione energetica che farà tornare le persone verso i centri delle città. 

Intende i prezzi del carburante?
No, intendo i prezzi dell’energia in generale. Cresceranno senza dubbio e incideranno su ogni aspetto della vita. Cioè elettricità, riscaldamento, trasporti – tutte cose che incideranno molto di più in una casa isolata dei sobborghi che non nei centri cittadini. E gli anziani hanno bisogno di molti servizi ad alto contenuto energetico che diverranno molto costosi con la crescita dei prezzi. Non mi riferisco solo al servizio che porta i pasti a casa e a cose simili. Più la gente vive dispersa più energia serve. E tra poco non potremo più permetterci questo. Ciò significa che dobbiamo creare strutture urbane sostenibili per poter permetterci di poterle mantenere in futuro. Cosa che non sono le città attuali con i loro sobborghi. 

È vero che le spese sociali per la mobilità sono più alte che i guadagni, anche includendo l’occupazione fornita dalle industrie produttrici di auto?
È assolutamente corretto. E il conto per i consumatori diverrà ancora più salato, dato che la mobilità al momento è più o meno gratuita e che questo cambierà presto drasticamente. 

Perché in questi tempi i viaggi aerei sono criticati così duramente per l’impatto sul clima e gli spostamenti in auto no? 
Prima di tutto, l’impatto dei viaggi aerei è serio e le critiche giustificate. Le compagnie aeree low-cost stanno facendo muovere gruppi di persone che non si sarebbero mosse in aereo altrimenti. Volare è in sostanza il modo più degradante di viaggiare. Volare mi ricorda l’allevamento intensivo: come polli di batteria. Ma a differenza degli umani in un aereo, i polli non sono legati con le cinture.

Traduzione di Giulio Meneghello

29 maggio 2008

 
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